di Maria Grazia Presicce
Attendevano al lavoro cantando per far trascorrere più allegramente il tempo, sedute per terra su delle stuoie nell’androne della Masseria, poi d’un tratto, qualcuna invitava a pregare – dicimu nu paternosciu a santu Pantaleu cu ndi iuta spicciamu prestu[2] – e intanto immaginavano già il giorno festivo, anche se per giungere al paese dove si svolgeva la festa sarebbe molto faticoso. Si trattava, comunque, di compiere un pellegrinaggio in onore del Santo e, quindi, si affrontava il sacrificio di buon grado.
– Ehi! Cramatina tutti all’erta prima ti lu sole, ca sapiti quantu strada nci ole cu rriamu![3] – Raccomandava qualcuno.
– No ti proccupare, pi divuzione a Santu Pantaleu, quiddru e addru. Santu Pantaleu mia cumpagnande tu[4]. – Terminava un’altra facendosi il segno della croce con le nocche della mano per evitare di sporcarsi il viso con le dita sporche dall’unto nero e appiccicoso delle foglie di tabacco che stavano infilando.
Lavoravano tutti i giorni da mane a sera, ma nella festa di alcuni Santi, in particolare di San Pantalone e dei Santi Pietro e Paolo, e in occasione della festa dell’Assunzione tralasciavano il lavoro per devozione.
Come stabilito, la vigilia della sera prima della festa, andavano a letto presto e prima dell’alba partivano a piedi dalla masseria, iniziando il pellegrinaggio, sarebbero stati di ritorno il giorno dopo la festa.
Famiglie intere partivano, portando con loro solo lu mbile[5] con l’acqua, del pane, un po’ di pomodori qualche pezzetto di formaggio. La strada da fare era tanta e tutta sotto il sole se ritardavano la partenza. Per raggiungere Martignano[6] dove si onorava San Pantaleone[7] c’era da percorrere decine e decine di chilometri.
Ogni volta che tornavano da queste feste religiose non mancavano di portare a mamma un ventaglio di devozione e a noi bambini le Sante Marine benedette: dei nastrini multicolori che legavamo all’avambraccio per essere protetti dal Santo.
Ecco quanto riporta a proposito di questi oggetti G. Palumbo in un suo brano raccolto in “ Il Salento negli scritti di G Palumbo” del 1943:
“Ho avuto spesso occasione di vedere in vendita in varie sagre che si tengono nei paeselli del Promontorio Salentino per onorare il Santo patrono, altro santo in forma di taumaturgo o la madonna, un caratteristico oggetto di devozione che ha anche una funzione di utilità pratica durante l’affocata stagione in cui appunto dette sagre ricorrono. […] Si tratta di un ventaglio rigido, di costruzione assai semplice, costituito da un rettangolo di cartone di cm.20×15 e di spessore sufficiente, innestato per uno dei lati lunghi ad una bacchettina di legno di cm. 45 circa, segata in due per una lunghezza uguale, su per già, a quella del cartone che immesso nella connessura, vi rimane fissato a modo di banderuola a uno dei suoi bordi come fra una piccola morsa; la quale perché siavi maggiore presa, viene chiusa in cima mediante due o tre giri di spago. Il cartone reca sulla prima faccia l’effigie del Santo o della santa alla devozione dei quali il ventaglio si vuol dedicare, e sulla seconda faccia altra sacra immagine il cui culto è pure in voga fra il popolo. Per fare sì che anche l’occhio resti appagato, entrambe le icone vengono bordare con una riquadratura di carta velina colorata, che, incollata con cura, fa da vivace cornice alle immagini. Ricoperta in massima parte della stessa carta a colori è la bacchetta che sostiene il cartone e che serve principalmente com’è facile immaginare – ad imprimere, con lieve mossa della mano, il movimento che consentirà al possessore di questa specie ventola il refrigerio di un po’ di aria ristoratrice durante le torride giornate dell’estate meridionale.
Le figure che illustrano i ventagli sono delle incisioni su rame o zinco – e qualche volta su legno – alquanto imprecise, essendo le lastre da cui derivano consumate dal lungo uso; ed anch’esse sono assai semplici, rudimentali, quasi schematiche. Trattasi di lavoro tracciato dalla mano poco esperta di un incisore alla buona, cui è piaciuto per lo più rimanere sconosciuto, poiché è raro che le tavole rechino firma. Ma dalla semplicità del disegno, che poco si sofferma ad un efficace sviluppo dei rilievi, sia nella figura del santo che negli attributi del suo martirio o delle sue grazie, traspare una semplicità di concezione che non lascia indifferenti, un’ingenuità interpretativa ed un simbolismo sempre cari all’animo mite del popolano meridionale.
E’ così che queste stampe a tono unico ( inchiostro nero col bianco della carta) rimangono quasi sempre le medesime, o, quanto meno, si studiano di rifare nel modo più perfetto possibile le vecchie effigi; come io stesso ho potuto constatare nelle mie osservazioni dirette, le quali durano purtroppo da quasi un cinquantennio. Il popolo che vive fra l’altro di ricordi e di tradizioni, specie questo nostro del sud, ha imparato ad amare, a venerare i suoi santi attraverso quelle immagini; e quelle principalmente egli invoca sempre per assistenza, per protezione, per grazia in ogni contingenza della vita familiare o di lavoro. Figurazioni meglio condotte, rese secondo i dettami di un’arte progredita, e magari con l’efficacia del colore che conferisce maggior naturalezza e veridicità, egli non le apprezzerebbe abbastanza; perché non gli parlerebbero direttamente al cuore ed all’anima.
Questi ventagli di devozione trovansi esposti in vendita – alcune volte insieme a qualche altra cosuccia sacra, come per esempio nastrini di seta colorata benedetti o da benedire all’altare del santo, oggettini simbolici di stagno ottenuti a mezzo di stampi rudimentali[9] – di fianco al portale della chiesa paesana, dove la folla si addensa, si accalca, si pigia in un rimescolio che opprime e toglie il respiro. E , le comitive sciolto il voto del pio pellegrinaggio, appena sono fuori dal tempio, passano ad acquistare i ventagli propiziatori; poi con quel segnacolo di devozione e di fede ripigliano la via del ritorno alle case lontane per riporlo di fianco al letto, al di sopra della rustica acquasantiera di terracotta […] “
I ventagli di devozione, grazie ad alcuni artigiani locali, sono sopravissuti alla modernità imperante ed esistono ancora ai nostri giorni. In occasione di importanti festività si possono trovare esposti sulle bancarelle insieme ad altre chincaglierie. Naturalmente, le immagini ed anche la fattura dell’oggetto è stata migliorata, diciamo che sono stati modernizzati. Il più delle volte, infatti, sono immagini stampate a colori; colorata è anche l’intera struttura in legno. Resta, comunque un oggetto di devozione molto piacevole ed unico nel suo genere.
[1] I ventagli di devozione, ph di G. Palumbo in “ Il Salento negli scritti di G. Palumbo”, biblioteca prov. N. Bernardini Lecce.
[2] Diciamo un” Padrenostro” a San Pantaleo così ci aiuta a finire presto il lavoro
[3] Domattina tutti in piedi prima dell’alba, lo sapete che c’è da fare tanta strada prima di arrivare al Santo
[4] Non ti preoccupare, per devozione a San Pantaleo, questo ed altro, San Pantaleo accompagnaci tu.
[5] Recipiente in terracotta che manteneva fresca l’acqua.
[6] Comune in provincia di Lecce. La festa di San Pantaleone si festeggia a Martignano il 26 – 27 luglio
[7] San Pantaleone o Pantaleo fu medico, subì il martirio perché cristiano durante le persecuzioni di Diocleziano. E’ padrone dei medici e delle ostetriche e viene invocato contro le malattie di consunzione. Una reliquia costituita da un’ampolla contenente il suo sangue è conservata nella chiesa di Martignano (Le). Notizie da wikipedia
[8] “ I ventagli di devozione ed alcune stampe popolari della penisola salentina” in Il Salento negli scritti di G. Palumbo vol. II, pag. 3-4 febbraio 1943, Biblioteca. Provinciale N. Bernardini
[9] Un esempio di oggettino di stagno può essere la chiavetta di San Donato che si può comprare nel comune di san Donato di Lecce
[10] Ventaglio di devozione moderno con nastrini sante marine. Ph maria grazia presicce