Aspettando la Notte della Taranta (2/4): spettacolare Taranta!

di Armando Polito

L’aggettivo del titolo è riservato di regola a qualcosa che ci ha colpito in modo particolare, quando, forse, meno ce l’aspettavamo. Può essere un gol, un corpo, un paesaggio, un edificio, un quadro, una statua,  una poesia (l’ordine, decrescente, corrisponde all’idea che ho io dell’emozionalità media …).

Uno dei miracoli della bellezza è quello di non essere soggetta, alla resa dei conti, al funzionamento di tutti e cinque i nostri sensi, compresa, addirittura la vista (questo concetto non vale, probabilmente, per l’emozionalità media di prima …). Così spettacolare può essere anche agli occhi di un cieco un tramonto raccontato dalla voce partecipe di un suo amico. E pensare che spettacolare deriva da spettacolo, questo dal latino spectàculu(m), a sua volta dal verbo spectare=guardare, derivato da spectum, supino di spècere=guardare, imparentato con il greco σκέπτομαι (leggi schèptomai=osservare), dal quale deriverebbe per metatesi –σκεπ– (leggi schep)>-σπεκ– (leggi spec). E poi una serie quasi sterminata di voci delle quali fornisco qui un arido ed incompleto elenco (per brevità escludo i composti) lasciando al lettore il piacere di individuare le molteplici sfumature o deviazioni rispetto al concetto di partenza: specie, speciale, specioso, specialista, specializzazione, specialità, specchio, specchiare, specchiato (aggettivo), speculare (aggettivo e verbo), specillo, spettro (pure lui!) e, restati tali e quali come nacquero in latino, spèculum e spècimen.

Se spettacolare può rivelarsi un piatto o un bicchiere di vino impegnando anche un solo senso per volta o, tutti insieme, la vista, l’olfatto, il gusto, l’udito (il vino agitato nel bicchiere canta), il tatto (vuoi mettere l’addentare una coscia di pollo tenendola stretta in mano con lo scarnificarla a rispettosa distanza con coltello e forchetta o mangiare una frisella con capperi, pomodori e rucola usando una forchetta anziché la mano?) e il gusto, è indubbio che i sensi di più largo impiego nella fruizione dello spettacolo propriamente detto sono la vista e l’udito, anche se in un futuro non lontano percepiremo anche i profumi e, ahimé, le puzze.

Sotto questo punto di vista la Notte della Taranta è assolutamente in linea con manifestazioni simili e non è mia intenzione riprendere la vecchia querelle tra coloro che si accostano al folklore con un approccio filologico rimpiangendo, per esempio, il Canzoniere grecanico salentino e chi, invece, si mostra più ben disposto ad una sua contaminazione e, dunque, ad una fruizione più consumistica, accettando in questo l’opinione di Lapassade sui Sud Sound System, simbolo del tarantamuffin, cioè della continuità musicale tra ragamuffin e tarantismo nel Salento.

Pretendere di mantenere in vita l’antico modernizzandolo, però, secondo me è estremamente pericoloso e fuorviante, oltre che, in ultima analisi, illusorio. Non vorrei, sotto questo punto di vista, che anche la povera, incolpevole taranta facesse la stessa fine del latino e del greco, che hanno pagato un pesantissimo tributo ad innovazioni didattiche che pretendevano di ridimensionare più o meno drasticamente l’aspetto grammaticale per privilegiare i contenuti, come se questi ultimi, per poter essere penetrati correttamente, non richiedessero allora e non richiedano ancora oggi (e così sarà pure domani) una conoscenza almeno dignitosa degli strumenti con cui sono stati realizzati, il latino e il greco, appunto. Est modus in rebus: non si può impunemente pretendere di fornire una conoscenza passabile di queste lingue e dei loro contenuti privilegiando il libro dei testi  (la cosiddetta antologia) rispetto a quello della grammatica o viceversa.

E, come uno studente non in grado di distinguere il soggetto dal complemento oggetto (lo so che c’è di peggio, ma non voglio infierire …) di una frase italiana (conseguenza anche del moderno approccio al latino e al greco) crede di essere un filologo non essendo in grado nemmeno di organizzare correttamente una sua frase di tre parole o di interpretare correttamente quella organizzata correttamente da altri, così il turista, nostrano o no, crede di sapere tutto, assistendo alla magica notte, su questo pezzo di memoria e, forse, va pure in trance, come chi davanti al Colosseo non resiste all’impulso di farsi la foto-ricordo col finto centurione …

Non ho la pretesa di convincere nessuno della bontà dell’opinione che in più occasioni ho manifestato nei riguardi di simili operazioni; voglio solo invitare il lettore a meditare su una doppia comparazione che qui propongo.

La prima immagine è tratta dal saggio di Brizio Montinaro Danzare col ragno. Musica e letteratura sul tarantismo dal XV al  XX secolo, Argo, Lecce, 2011 e mostra la tarantata Maria di Nardò durante la cura domiciliare praticata il 24 giugno 1959 dal barbiere-terapeuta, pure lui neretino, Luigi Stifani. La seconda è la tavola con cui Gustavo Doré illustrò i versi1 in cui Dante evoca la mitica figura di Aracne.

La sfortunata tessitrice che osò sfidare una dea non poteva non essere messa in campo da chi ha studiato il fenomeno del tarantismo2. La comparazione appena proposta facilita al lettore la comprensione del complicato intreccio in cui la tarantata si liberava dagli effetti del morso, reali o presunti che fossero e sia pure con l’aiuto esterno della musica, diventando prima essa stessa (endorcismo), con i suoi movimenti, tarantola. E il lenzuolo stropicciato dai suoi movimenti, dettaglio, a quanto ne so, ancora sfuggito, sembra evocare la tela distrutta dall’invidiosa Minerva.

Analogie suggestive e molto probabilmente casuali. Certo. Lo saranno anche quelle che è dato cogliere grazie alla seconda comparazione, quella che ha come oggetto due filmati dei quali segnalo i links;  oppure nel mistificante sfruttamento commerciale delle nostre memorie dobbiamo mettere in conto anche la possibilità che un terzo, prossimo filmato sia più vicino a quello di un Erotica tour che a quello del documentario d’epoca?

http://www.youtube.com/watch?v=f3RaIpFxw8I

http://www.youtube.com/watch?v=Qdp4y81-YsA

E termino ponendo una domanda maliziosa: tutte le tarantate autentiche erano così sexy come le tarantate-attrici di oggi …? Ah, spettacolare taranta!

(CONTINUA)

per la prima parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/07/25/aspettando-la-notte-della-taranta-14-aracne/

per la terza parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/08/07/aspettando-la-notte-della-taranta-34-da-taranto-a-napoli-e-da-napoli-a-parigi/

per la quarta parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/08/18/aspettando-la-notte-della-taranta-44-malinconicu-cantu-e-allegru-mai-da-manduria-a-parigi-da-qui-al-deserto-africano-e-poi/

_______________

1 Purgatorio XII, 43-45: O folle Aragne, sì vedea io te/già mezza ragna, trista in su li stracci/de l’opera che mal per te si fé. La figura dell’infelice fanciulla ricorre pure come similitudine nella descrizione del mostro demonico Gerione in Inferno, XVII, 10-18: La faccia sua era faccia d’uom giusto,/tanto benigna avea di fuor la pelle,/e d’un serpente tutto l’altro fusto;/due branche avea pilose insin l’ascelle;/lo dosso e ‘l petto e ambedue le coste/dipinti avea di nodi e di rotelle./Con più color, sommesse e sovraposte/non fer mai drappi Tartari né Turchi,/né fuor tai tele per Aragne imposte.

2 Alla luce di quanto ho già detto in https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/07/25/aspettando-la-notte-della-taranta-14-aracne/ non mi meraviglierei (non vorrei che fosse stato già detto o scritto a mia insaputa …) neppure se gli strumenti musicali che compaiono ne La Fábula de Aracne o Las Hilanderas di Diego Velázquez, Museo del Prado (1657-1658) venissero interpretati come allusivi a quelli utilizzati nel rituale di liberazione delle tarantate.

 

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Un commento a Aspettando la Notte della Taranta (2/4): spettacolare Taranta!

  1. Secondo il mio modesto punto di vista, l’innovazione del fenomeno musicale della “taranta” ha stravolto completamente la tradizione!

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