di Gianni Ferraris
Pensavo, passeggiando fra bancarelle e rumori della sagra dell’anguria, alle bolle di sapone come facevo un tempo.
Andavo da Lucia, al Bar Sport, chiedevo un cannuccia, mi voleva bene e me ne dava almeno tre!
Non erano di plastica all’epoca, ma di qualche paglia. Poi andavo a casa, mischiavo sapone di Marsiglia in scaglie con acqua in un bicchiere: “non prendere quelli buoni, prendi l’altro, quello un po’ scheggiato” diceva mia madre. Dovevo poi mescolare qualche tempo, andavo sul balcone, con la cannuccia facevo le bolle di sapone. Era bello, non necessariamente facilissimo, dovevi dosare sapone e acqua, dovevi misurare la quantità d’aria, se era tutto ben fatto venivano anche grandi, molto grandi, era un piacere vederle appoggiarsi sull’aria, avevano dentro l’arcobaleno. Se invece non venivano bene occorreva diventare piccoli chimici, ridosare acqua e sapone, in fondo anche le banali bolle di sapone erano educative, insegnavano.
La generazione successiva alla mia subì l’evoluzione tecnologica, via il sapone di Marsiglia in scaglie, via bicchieri e cannucce, si acquistavano cilindretti di plastica con dentro un liquido con sapone e un cerchio nel quale si formava la bolla. Anche qui occorreva saper soffiare con giusta cautela, finito il liquido si gettava via tutto, fare acqua e sapone era roba antica. In sostanza, mentre prima si gettava una cannuccia di materiale biodegradabile, dopo si conferiva (neologismo per dire di immondizia) un pezzo di plastica. Si chiama evoluzione.
Alla sagra dell’anguria mi sono trovato avvolto da mini bolle di sapone, belle, gioiose. Le stava facendo un bimbo con un marchingegno strambo, una sorta di pistola funzionante a batteria che le sparava a raffica. E camminando mi dicevo che quel bimbo conosce le bolle di sapone, però difficilmente sa come si formano, neppure la gioia di mischiare prodotti diversi per farle, nmè quella di saper soffiare con la giusta forza.
Soprattutto uno dei giochi più ecologici è diventato fonte di inquinamento incredibile. Oltre ai 200 grammi circa di plastica che, finito il liquido, probabilmente finiranno in discarica e le batterie che dureranno lo spazio di un paio di fette d’anguria. Poi si cercheranno, forse, nuove ricariche. Forse…
Certo, a questo punto il rischio di dire che “quando i mulini erano bianchi…” ci sta tutto. Non lo dico, era solo un pensiero in libertà, incasellato fra l’anguria, la banda che suonava la Norma, i bimbi che forse non sanno che per fare bolle di sapone è sufficiente il sapone e un po’ d’acqua, non servono marchingegni diabolici. O forse solo un po’ di nostalgia di Lucia, di un balcone per vedere dove volano e sognare terre sconosciute.
E mi chiedevo quel bimbo, fra cinquant’anni, se e come ricorderà quelle bolle di sapone alla sagra dell’anguria.
Mi ha fatto ricordare anche la mia infanzia, anche la mia con le bolle uguali alle sue. So che lei conosce la lingua piemontese. Io insegno e scrivo la lingua piemontese e mi permetto di usare questo spazio per mandarle una mia poesia, in piemontese, riguardante le predette bolle di sapone.
Gòle
Le gòle a son peui mach
eva e savon;
ma quand a së spataro
sù për l’aria
a smijo milanta
rionde sfere d’arcansiel,
ch’a van portand,
an àut,
le idèje colorà,
cole ch’a rijo
ant le teste dij masnà,
e a lasso là,ant ël bass,
tute jë strass
dla gent
ch’a l’ha un cheur mai content.
Le gòle a son peui mach
eva e savon.
Ma…dijlo a gnun e scoté!
Antramentre ch’a vòlo
a lasso ant j’orije
un son, ansema
tërmolant e sclin,
dle còrde d’un violin.
Peui…paf…!
Ma a l’é pa në sgiaf,
miraco un cit arciam
ch’a dis”Fé atension!
A l’é un moment
e tut a va a baron!
Si veule ch’ij color
av resto an ca,
bzògna ch’i l’abie
l’ànima masnà,
e për avèj anvisch
ij lumin dle lusariòle
pianté mai lì
ëd fé le vòste gòle”
Giari Tre Nos
Bolle di sapone – Le bolle di sapone sono solamente / acqua e sapone; / ma quando si spargono / su per l’aria / sembrano migliaia / rotonde sfere d’arcobaleno, / che van portando, / in alto, / le idee colorate, / quelle che ridono / nelle teste dei bambini, / e lasciano là, / nel basso, / tuttti gli annoiati stracci / della gente/ che ha un cuore mai contento. / Le bolle di sapone sono soltanto /acqua e sapone. /Ma…non ditelo a nessuno e ascoltate! /Mentre volano / lascian nelle orecchie / un suono, insieme / tremolante e argentino, / di corde di violino. / Poi…paf…! / Ma non è uno schiaffo, / forse un piccolo richiamo / che dice “Fate attenzione! / È un momento / e tutto va a catafascio! /Se volete che i colori / vi rimangano in casa, / è necessario che abbiate / un animo fanciullo, / e per avere accesi / i lumini delle lucciole / non cessate mai / di fare le vostre bolle di sapone”.
Topo Tre Noci che è l’anagramma in piemontese di Sergio Notario
Ringrazio per il pensiero