di Mimmo Ciccarese
La tutela degli alberi monumentali è legge dello Stato, è stata pubblicata con la G.U del 1 febbraio 2013, per la prima volta in Italia. I comuni dovranno censirli, documentarli e chi ne provoca l’abbattimento potrebbe essere sanzionato con ammende salate. Tali norme riguardano anche il verde urbano e prevedono l’istituzione della giornata degli alberi il 21 novembre. Già si contano in Italia circa 22.000 alberi notevoli tra cui 2.000 esemplari di grande interesse e 150 di eccezionale valore storico. È senza dubbio un passo di rilievo per lo sviluppo sostenibile delle città che comunque peccano ancora di riferimenti comuni sulla manutenzione degli spazi verdi urbani. I sindaci, a cui si appella l’esplicita richiesta di consultare le giuste competenze di tecnici e appassionati, dovranno rendere noto alla fine del loro mandato il bilancio del verde. Tale regolamento convalida la bontà e la perseveranza delle campagne ecologiche sostenute fino ad adesso, in favore del patrimonio arboreo e boschivo.
Con l’attuazione del protocollo di Kyoto e le politiche di riduzione delle emissioni, la prevenzione del dissesto idrogeologico e la protezione del suolo si giunge ad evidenziare la monumentalità come fattore vitale. Con il rito della giornata degli alberi si vogliono interessare le scuole di concerto ai ministeri dell’Istruzione e delle Politiche agricole per promuovere iniziative in sostegno all’ecosistema, nel rispetto di tutte le specie vegetali. Modelli di educazione civica e ambientale senza dubbio forti e ricchi di volontà di cambiare gli attuali atteggiamenti d’indifferenza o d’imperizia amministrativa in tema di verde.
Allora cosa cambierà con tale legge per gli ulivi millenari e soprattutto adesso le domande diventano più che pertinenti!
Cosa definisce la “monumentalità”?
C’è da riflettere sul David o la Pietà di Michelangelo, sul Quarto Stato di Pellizza da Volpedo o l’Urlo di E.Munch e poi associarli ad uno solo dei nostri ulivi; per quelli che un mio amico salentino mi ripete sempre: “se riesci a vedere un solo profilo su queste piante è troppo poco”.
Per la legge regionale del 2007 sulla “Tutela e Valorizzazione del paesaggio degli Ulivi della Puglia” si definisce il carattere di monumentalità quando la pianta possiede un’età plurisecolare. L’art.2 della legge, lo deduce dalla dimensione del tronco, che deve avere un diametro uguale o superiore a un metro misurato all’altezza di un metro e trenta dal suolo; nel caso di alberi con tronco “frammentato” il diametro è quello complessivo ottenuto ricostruendo la forma teorica del tronco intero.
Avete mai provato a misurare un albero d’olivo millenario?
La monumentalità non è solo una questione di assi cartesiani! Saremmo certamente in grado di ricavarne grandezze come altezza o circonferenza, quando un fusto è regolare o la sua impalcatura non deriva da un innesto su olivastro. Quasi sicuramente potrebbero sfuggire tante altri variabili utili all’intenzione di valutarne monumentalità o perfino l’età di un albero, come quelle relative alla velocità d’accrescimento, all’incidenza della sua chioma, alla sua biomassa o alla sua produzione di CO2.
Se la purezza di queste valutazioni si traduce con una misura del tronco inferiore alle aspettative, si dovrebbe valutare anche il “carattere”. “Il carattere di monumentalità può attribuirsi agli uliveti che presentano una percentuale minima del 60 per cento di piante monumentali all’interno dell’unità colturale, individuata nella relativa particella catastale”. Va bene porre un parametro per questa stima, ma si sa, il territorio pugliese, in particolare quello più meridionale è molto frazionato ed ancora intorpidito da incertezze sociali ed economiche.
Ma cosa s’intende per “unità colturale”?
L’azienda olivicola media ha pochi ettari e, in genere, ha differenti unità produttive sparse in più comuni; il rilevamento satellitare in tempi recenti ha rivalutato questo concetto e i ritocchi su questa materia potrebbero essere in itinere. Per queste sollecitazioni dovremmo solo rendere merito a migliaia di piccoli conduttori di piccoli unità secolari, che con amorevole dedizione tra tante difficoltà hanno tutelato questo patrimonio conoscendo solo le leggi della natura. Purtroppo, a questo proposito, va accentuato il riferimento all’uso dei pesticidi sotto chioma degli ulivi per la preparazione delle piazzole di raccolta. Per questo motivo, un sistema di tracciabilità di un olio proveniente da olivi secolari ben venga, ma che sia anche salutare; non è certo piacevole pensare alla tutela di un olivo senza considerare anche il suo agro-ecosistema, compreso quello delle aree protette.
La legge sulla Tutela degli ulivi accetta la monumentalità quando accerta il “valore storico-antropologico, quando sono citati o rappresentati in documenti o in rappresentazioni iconiche – storiche”.
Quanti epiteti d’eccezione conoscete nel vostro agro?
Fortunatamente, d’immagini, ritratti e testimonianze ce ne sono a bizzeffe da accreditare e conservare un intero territorio, basterebbe solo consultare le antiche mappe medioevali. A differenza di altre regioni, dove gli olivi secolari sono rari, identificati e appellati, la Puglia possiede un patrimonio così esteso che non riesce neanche a marcare un’identità per ognuno di essi e comunque individuarli o mapparli è già un atto di tutela che ogni cittadino potrebbe assumere. Un censimento è difficile ma non impossibile se ci si avvale dei moderni mezzi di rilevamento e di tracciabilità disponibili. In Puglia il valore storico-antropologico ed emotivo oltrepassa qualsiasi valutazione tecnica o teorica.
Cosa definisce una forma teorica nel regolamento di Tutela degli ulivi?
La cosiddetta forma teorica, infatti, può essere: spiralata, alveolare, cavata, con portamento a bandiera o con presenza di formazioni mammellonari tanto che qualcuno riesce a riconoscerne una faccia, un’espressione, una danza o addirittura una caricatura. Forse sarebbe il caso di consultare una commissione di esperti d’arte per valutare la struttura scultorea dell’albero e magari anche di definire il suo limite spaziale ed estetico. Per la “Tutela degli ulivi” una pianta è monumentale quando trovasi (localizzata) adiacente a “beni d’interesse storico-artistico, architettonico, archeologico riconosciuti ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)”. Una regione come il Salento, con centinaia di migliaia di alberi secolari di respiro messapico dovrebbe essere rivalutata o meglio dettagliata. In questa terra non c’è uliveto secolare senza un menhir, un dolmen, un ipogeo o un’antica masseria.
L’adiacenza non specifica la distanza reale, anzi, in alcuni casi diventa paradossalmente un infelice anomalia per la stessa pianta. Basterebbe, quindi, riconoscere meglio il valore di questi ultimi per proteggere un solo ulivo e di chi vive della loro presenza.
Allora non sarebbe il caso di riassumere le nostre riflessioni su questo argomento?
L’ulivo secolare dovrebbe essere vissuto come un richiamo per chiunque voglia relazionare il proprio status creativo con il territorio. L’osservatore percepisce questa dimensione ecologica e naturale con lo stesso stupore con cui ammira un opera d’arte, s’incuriosisce e quota con interesse; quasi sempre ritorna ai piedi del suo albero più caro in segno di devozione e ringraziamento. Si dovrebbe dire monumentale anche quando si riconosce il suo valore simbolico ed ecologico; questa definizione avrebbe una considerevole valenza anche per i gruppi olivicoli più appassionati, quelli che per intenderci, sarebbero eticamente i veri custodi degli alberi secolari con cui adesso ogni comune dovrebbe relazionare. L’ulivo è stato da sempre portavoce di pace per i popoli del mediterraneo ed indubbiamente emblema di grazia e sacralità da millenni. Secondo il mito fu proprio Atena a ingentilire l’oleastro per farlo diventare simbolo di castità. Per i romani era il simbolo degli uomini illustri, per gli ebrei era simbolo di giustizia e sapienza, mentre per i cristiani è figura di rigenerazione e di riconciliazione della terra con il cielo tanto che il suo olio è ancora oggi usato nelle celebrazioni liturgiche.
L’Italia con l’art 9 della costituzione Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Lo Stato italiano demanda alle Regioni la tutela e la selezione delle aree protette, tra cui i monumenti naturali. La Legge quadro 394 del 1991, chiamata anche legge Moschini, al comma 8 dell’art. 2 recita: «la classificazione e l’istituzione dei parchi e delle riserve naturali d’interesse generale e locale sono compiute dalle Regioni». Ai fini della presente legge costituiscono il patrimonio naturale, le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale. I territori nei quali siano presenti i valori di cui al comma 2, specie se vulnerabili, sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire, in particolare, le seguenti finalità: a) “conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici”. b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare un’integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali; c) promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili; d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici. I territori sottoposti al regime di tutela e di gestione di cui al comma 3 costituiscono le aree naturali protette. In dette aree possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili.
Alla luce di tali regolamenti e dell’insieme di valori sarebbe importante considerare la regione Puglia come un enorme Parco degli Ulivi secolari, magari accompagnato da un valido disciplinare di produzione, in cui gli enti locali dovrebbero acquisire le prerogative e la volontà di farne parte integrante, come una sorta di debito etico nei confronti di una civiltà rurale ancora fondata sull’atavica passione per il suo patrimonio estremamente vulnerabile. Evidentemente c’è ancora molto da censire: si spera che questo impegno abbia la sua utilità.
Stupendi!!!!!! non ci sono altre parole, si possono vedere dal vivo? dove e come? grazie