di Gianni Ferraris
Ingredienti:
Aceto bianco, due bicchieri.
Vino bianco, un bicchiere.
Aglio, cipolla, alloro, bacche di ginepro, salvia, grani di pepe nero.
Per il carpione:
Appassire le cipolle tagliate grossolanamente in olio evo e ovviamente, trattandosi di cucina piemontese, una ragionevole noce di burro. Quando la cipolla è appassita aggiungere l’aglio schiacciato, l’alloro, il ginepro, il pepe, vino e aceto. Far cuocere per trenta minuti possibilmente senza far bollire.
Mentre cuoce affettare le zucchine longitudinalmente, infarinarle, friggerle in olio e sgocciolarle. Lasciare intiepidire, metterle in una terrina e ricoprirle con il carpione. Lasciar raffreddare mangiarle il giorno dopo anche conservate in firgorifero, saranno stupende. Le zucchine possono essere anche grigliate semplicemente oppure fritte senza essere infarinate. Vedete un pò voi.
Questa è la ricetta già “ammorbidita”, un tempo l’aceto era rosso, come il vino. Però io ho ricordi, le cucino con Maria che sta lì accanto e mi dice “attento con l’aceto, poi non ti piace”.
Già, non utilizzo quasi mai aceto, a casa non si faceva, neppure il vino si usava. Con un padre astemio, nonostante fosse piemontese doc, il vino era bandito da tavola, Compariva solo in occasioni speciali, quando c’erano ospiti.
Maria in fondo mi vuole bene. Per questo le ho cucinate con lei accanto, virtualmente accanto. Lei sapeva cucinare di tutto, la porta della cucina dava sul negozio, casa e bottega, il paese è piccolo, tutti conoscono tutto di tutti. Se lei stava con le mani in pasta (nel senso letterale) apriva con il gomito la porta a molle e invitava la cliente in cucina “aspetta che finisco di impastare”. Potevano essere gnocchi di patate o pasta fatta in casa, la signora comprendeva e ripassava, o entrava in cucina e si mettevano a parlare del più e del meno, dei mariti e dei figli. Se nessuno ascoltava dicevano sogghignando dell’amante della fruttivendola. Molte fruttivendole del paese hanno l’amante, forse. Ma questo non è dato sapere, solo immaginare. Un negozio da portare avanti, due figli che arrivavano da scuola, un marito che non si sapeva cucinare un uovo sodo, e lei con naturalezza riusciva a infornare coniglio disossato, pasta al forno. A inondare la casa di profumi di minestroni che quando arrivavano i figli dicevano “di nuovo minestrone?” Quasi un incubo!
E si beveva acqua, neppure gassata, naturale. A volte in estate la birra Peroni, raramente però. Questa era concessa. Poi Maria m’insegnò, un po’ controvoglia perché ai maschi non si addice la cucina, a fare la maionese. Poi le zucchine in carpione che mi faceva solo quando “siamo via e stai a casa solo, si conservano” e non c’era papà che non amava l’aceto.
Così oggi le ho fatte usando la sua ricetta, quella annacquata. Metà aceto, metà acqua, il resto come sopra. Le bacche di ginepro no, non le avevo. E nel carpione ci potevi mettere uova in camicia, squisite, fesa di tacchino impanata o carne rossa, sempre impanata e fritta. Tempo prima, quando il Tanaro era pescoso e non inquinato, il pesce d’acqua dolce era conservato in carpione, dalle nostre parti esistono ricettari di pesce d’acqua dolce: carpe, tinche, cavedani. Tutto Delizioso.
Maria forse apprezza, chissà. Ricordarla mentre prepara pesche al forno ripiene… A volte viene nostalgia di parlare con lei, a volte la si può sentire accanto che dà consigli. O che urla di chiuderlo il frigorifero, perché consuma. O quando le chiedevo “cos’hai votato?” e lei rispondeva “come papà”. Sono arrivato a trent’anni per sentirmi dire “ho sempre detto così a papà, ma ho sempre votato come mi pareva” e rideva. In fondo anche questa è ribellione.