di Armando Polito
Qualche settimana fa la signora Giovanna Falco mi ha segnalato il link https://archive.org/details/centoimprese00cuom dov’è riprodotto integralmente il volume che mi accingo a presentare. Dalla rete apprendo pure che esso è stato pubblicato a stampa nel 2010 per i tipi di BiblioBazaar e nel 2013 per i tipi di Nabu Press (di seguito le rispettive copertine).
Sempre dalla rete apprendo che nel 2013 il volume è stato stampato anche da ReInkBooks ed è in vendita al prezzo di 17 euro presso una libreria di Nuova Delhi. Il prezzo sarebbe estremamente conveniente, ma rimane l’incognita delle spese di spedizione le cui condizioni sembrano essere state formulate dalla Sibilla (per chi ha interesse: http://www.abebooks.it/servlet/FrameBase?content=%2Fservlet%2FShipRates%3Fvid=8583806).
Qui propongo il manoscritto nella veste originale e, sperando di fare cosa gradita, corredato del mio commento. Il numero notevole di pagine mi costringe a farlo in molte puntate e mi auguro, come, al contrario, credo sia successo in passato a più di un lettore dei cosiddetti romanzi d’appendice esasperato dalla spasmodica attesa, di non provocare nessun attacco di appendicite; tra l’altro, nonostante il titolo che ho dato al post, dubito che possa spopolare come lettura da fare giornalmente sotto l’ombrellone …
Informo, comunque, il coraggioso lettore che volesse andare fino in fondo che trarrò le conclusioni e formulerò un sintetico giudizio nell’ultima puntata. Sarà pure un espediente, una sorta di ricatto, per essere seguito fino in fondo, ma nemmeno il più scalcagnato giudice del nostro paese invia un avviso di garanzia senza avere un minimo straccio, se non di prova, almeno di indizio da mettere nero su bianco …
L’etichetta apposta sulla carta di guardia ci informa che il libro è custodito nella sezione libri rari della biblioteca dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign. Ad integrazione di questi dati riporto ora la scheda tratta da Sandra Sider, Barbara Obrist, Corpus librarum emblematum, Bibliographie of Emblematic Manuscripts, McGill-Queen’s University Press, 1997, p. 47:
Noto che le autrici non sono riuscite ad identificare Leccio con Lecce ma forniscono altre notizie che è stata mia cura verificare. Ho fatto bene, perché si afferma che il manoscritto è un dono fatto nel 1982 da Henri Stegemeier; sul sito della biblioteca, però alla scheda relativa (http://www.library.illinois.edu/rbx/archon/index.php?p=collections/controlcard&id=846&q=cuomo) si legge: Purchased from Prof. Henri Stegemeier, 23 April 1982. Ma purchased from sta nel senso di acquistato a spese sue dal professore e poi donato all’Università oppure acquistato dal professore a spese dell’Università e per conto della stessa? Più in là si legge: Provenance: “Henri Stegemeier” embossed on front pastedown and fol. 1. Infatti la carta di guardia in alto a sinistra mostra il dettaglio di seguito riprodotto.
In esso è appena leggibile (l’ho evidenziato in rosso) REIEMEGETS IRNEH speculare all’ HENRI STEGEMEIER che si legge in alto a destra nella carta 1 (dettaglio che segue).
Appare evidente che la nota di possesso venne stampigliata in un colpo solo sulle due carte prima che quella di guardia venisse incollata alla copertina. A questo punto propenderei pure io a credere che il manoscritto nato, a quanto fra poco vedremo, come dono, dopo vicende che è pressoché impossibile ricostruire (altri atti di donazione o, piuttosto, di vendita succedutisi nel corso dei secoli?), dono sia destinato a restare per sempre, a meno che l’imperscrutabile volere del destino non gli abbia riservato una sorte diversa; ma siamo in America e non è nemmeno pensabile per questa nazione, a differenza della nostra, mettere in vendita qualche gioiello di famiglia per sanare il debito pubblico …
Ma chi è Henri Stegemeier? Ecco una sua foto tratta ed adattata da http://www.library.eiu.edu/artarch/displayDetailArt.asp?Photo=187A13454_5268.jpg&ArtID=13454
Nacque il 23 agosto 1912 e per capire la sua appartenenza al mondo accademico e il possesso del manoscritto, nonché la donazione, basta citare The Dance of Death in Folk-Song, with an Introduction on the History of the Dance of Death (edizione privata del 1939 distribuita dalla biblioteca dell’Università di Chicago) e, usciti sulla rivista JEJP (acronimo di the Journal of English and Germanic Philology) edita dall’Università dell’Illinois, Urbana III, Problems in emblems Literature (v. 45, n. 1, gennaio 1946, pp. 26-37), la ricca appendice bibliografica a corredo di Emblemata. Handbuch zur Sinnbildkunst des XVI. und XVII. Jahrhunderts by Arthur Henkel; Albrecht Schöne (v. 67, n. 4, ottobre 1968, pp. 656-672), Literature in the Light of the Emblem. Structural Parallels between the Emblem and Literature in the Sixteenth and Seventeenth Centuries by Peter M. Daly e Francis Quarles. 1592-1644. Meditativer Dichter, Emblematiker, Royalist. Eine biographische und kritische Studie. Mit einer englischen Zusammenfassung by Karl Josef Höltgen (pp. 122-128) (v. 80, n. 1, gennaio 1981, rispettivamente pp. 86-92 e 122-128). È morto il 18 gennaio 2001.
Continuando l’esame della scheda 158 di Sandra Side e Barbara Obrist abbiamo la conferma dell’allocazione indicata sulla carta di guardia, anche se il testo è definito uncat (incatalogato). Per quanto riguarda le fonti dei motti che accompagnano le immagini nella scheda si dice che sono per lo più (mostly) Petrarca e Virgilio. Il manoscritto risulta pubblicato da Thomas McGeary col titolo Manuscript Emblem Books at the University of Illinois nel numero 2 (1987) della rivista Emblematica, alle pp. 360-366 con i motti e la descrizione delle immagini.
Non sono, dunque, il primo ad essersi occupato di questo manoscritto e mi divora la voglia di sapere cosa si legge in quelle sette pagine. Sarò infinitamente grato a qualche lettore, americano (non mi sto montando la testa; è vero o non è vero che queste cose interessano più gli stranieri che gli italiani?) o di altra nazionalità che, imbattutosi in questo scritto, digitalizzando quelle pagine e mettendole in rete renderà possibile a tutti saperne di più; almeno lo spero, perché mi pare che sette pagine siano veramente poche e questo è stato il motivo iniziale che mi ha spinto ad occuparmene; poi ho pensato che nella compilazione della scheda 158 le autrici debbono aver utilizzato la pubblicazione citata del 1987 e che quel Leccio? con la mancata identificazione potrebbe provenire proprio da lì.
La spinta finale ha continuato a darmela la rete e preciso: Google consente tre tipi di visione dei libri digitalizzati (in generale in rapporto alla data di edizione e, dunque, al rispetto dei diritti d’autore): integrale (il volume è leggibile per intero e per lo più scaricabile), anteprima (sono mostrate solo alcune pagine), snippet (non a caso la parola significa ritaglio; infatti è possibile visionare solo alcuni brevi frammenti ai quali si è avuto accesso digitando da Google libri una parola chiave). In quest’ultimo caso, una volta entrati nel volume in questione (per il lettore che voglia provare: http://books.google.it/books?id=OSUrAQAAIAAJ&q=francesco+Cuomo+cento+imprese&dq=francesco+Cuomo+cento+imprese&hl=it&sa=X&ei=RoaJU8KlNKXJ0QWh0IDADw&ved=0CEIQ6AEwAg), è possibile digitare nell’apposita finestra con la dicitura Dall’interno del libro un’altra parola chiave e con un po’ di fortuna con questo sistema si può giungere a ricostruire intere pagine. Purtroppo non è stato possibile in questo caso, ma dai pochi frammenti catturati son riuscito a capire, comunque, che questa prima ed unica edizione critica presenta lacune di non poco conto, che emergeranno nel corso del nostro viaggio che ora continua con il frontespizio.
Imprese sta nel significato araldico, qui un po’ enfatizzato, di figura, specialmente accompagnata da una breve frase allegorica, utilizzata come divisa o stemma gentilizio, presente nell’arme e impressa su monete (Dizionario De Mauro).
L’autore delle cento imprese è Fra’ Francesco Cuomo; il motivo ispiratore, quasi un banale pretesto, è la caduta di un albero di cipresso nel giardino di colui al quale è destinato l’omaggio: il leccese Vittorio Prioli; l’omaggio reca la data del 2 marzo 1615.
Per il letterato Vittorio Prioli può bastare quanto di lui ho riportato nella nota 1 di un recente post (https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/06/06/una-sponsorizzazione-femminile-dellanfiteatro-di-rudiae-nella-travagliata-storia-di-una-fantomatica-epigrafe-cil-ix-21-prima-parte/). Più complicata è l’identificazione dell’autore dell’omaggio, il cui cognome di origine chiaramente napoletana rende abbastanza probabile che si tratti di quel Francesco Cuomo riportato in una Nota de’ Fratelli della Congregazione delle Appostoliche Missioni sotto ‘l titolo di S. Maria Regina degli Appostoli nel tempo della sua fondazione come portinaio della congregazione (che era stata fondata agli inizi del secolo XVII) in Giuseppe Sparano, Memorie istoriche per illustrare gli atti della S. napoletana chiesa e gli atti della congregazione delle appostoliche missioni eretta nel duomo della medesima, Raimondi, Napoli, 1768, p. 10.
Inizia da qui la serie delle carte numerate delle quali risulta scritto solo il retto.
La carta n. 1 contiene un sonetto, a firma di Valerio De Palma, che loda l’iniziativa di Fra’ Francesco Cuomo di onorare il cipresso caduto. Nelle opere a stampa relative a questo tipo di produzione letteraria è regola incontrare all’inizio la lettera dedicatoria dell’autore al destinatario o, come nel nostro caso, una sorta di presentazione (per non dire raccomandazione …) dell’autore fatta da un personaggio più o meno autorevole.
Un Valerio De Palma compare in una Nota de’ Carcerati liberati dalli 19 di Luglio 1585 infino alli 17 di Ottobre 1585 a pag. 476 dell’Historia della citta [sic], e regno di Napoli di G. Antonio Summonte, A spese di Antonio Bulifon, Libraro all’insegna della Sirena, v. IV, Napoli, 1675, p. 476.
Non tragga in inganno la data di pubblicazione dell’opera del Summonte, la cui prima edizione risale al 1602. Un altro Valerio De Palma, napoletano, compare parte in causa di una questione ereditaria in Andrea Molfesio, Commentaria ad consuetudines neapolitanas, Scorigio, Napoli, 1615, p. 154. Sembrerebbe delinearsi, dunque, una comitiva intellettuale ruotante, come c’era d’aspettarsi, attorno all’ambiente culturale napoletano.
(CONTINUA)
Ansioso del seguito
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