di Armando Polito
L’opinione corrente sul nostro toponimo, che nei documenti che citerò sarà evidenziato col grassetto, può essere riassunta da quanto si legge in Gennaro Bacile di Castiglione, Castelli pugliesi, Officina tipografica romana “Buona Stampa”, Roma, 1927, p. 21:
Sul margine di quella triste zona paludosa, che dal porto di S. Cataldo si distende lungo la riva Adriatica, giù giù sino ad Otranto, sorge a tredici chilometri da Lecce, una piccola terra tuttora recinta di profondo fossato, rinchiusa entro la cerchia delle sue mura secolari, dai propugnacoli già formidabili di gagliardia, ora rotti, screpolati, corrosi, coperti di erbe e di licheni. Codesta terra dall’aspetto suggestivo e pittoresco quant’altra mai è la terra d’Acaja. Segine o Secine era l’antico suo nome, che corrisponde, con lieve metatesi, all’altro di Cesine, la vasta palude letifera poco discosta dal villaggio.
L’equivalenza tra Segine e Cesine viene ripresa da Antonio Costantini in Le masserie del Salento: dalla masseria fortificata alla masseria-villa, Mario Congedo, Galatina, 1995, pp. 70, 73, 74, 141, 178.
Si direbbe che tale equivalenza sia una conclusione moderna formulata tout court sulla base di una semplice assonanza. Per tentare di capirci qualcosa in più occorre andare a ritroso nel tempo.
La prima attestazione da me conosciuta di Segine è contenuta in un diploma emesso il 25 aprile 1197 dalla regina Costanza. Lo riporto integralmente1 (anche perché costituisce uno spaccato interessantissimo dell’economia salentina della fine del XII secolo) con la mia traduzione: Costanza imperatrice dei Romani e regina sempre augusta di Sicilia col favore della clemenza divina. Se l’immensità dell’imperiale liberalità secondo i giusti desideri dei nostri fedeli si vede dalla dovuta equità ed essa fu solita procedere con la favorevole grazia della sua benignità, essa a maggior ragione deve venire incontro ai pii appelli delle chiese e prestare il favore della sua carità. Ne consegue certamente che, applicando alle sacre chiese e ai luoghi della religione destinati al culto la dovuta clemenza della nostra liberalità, per la salvezza nostra e dei nostri eredi nonché per la conservazione del nostro impero, concediamo e confermiamo in perpetuo alla chiesa di Lecce tutte le decime che un tempo Roberto conte di Lecce, nostro fedele, concesse e diede alla medesima chiesa con un suo privilegio, cioè la decima della moneta (destinata ai) ai catapani2, la decima della platea del fiume tanto di moneta quanto di pesci e lino, la decima della zona costiera, la decima della laguna3, tanto di moneta che di pesci e lino, la decima dei redditi delle pecore dei pastori stanziali4 tanto di Lecce quanto dei casali, la decima dei redditi dei contadini di Rudie5, il decimo del tributo6 e delle tasse7 di Corigliano8, Carpignano, Monteroni e Arnesano o se si vuole di tutti i casali che si trovano negli stessi predetti possedimenti, la decima dei giumenti, delle vacche, delle pecore e delle capre tanto di Lecce che dei casali, la decima del cacioricotta, della lana, delle galline e dei polli tanto di Lecce dei casali, la decima delle rendite del casale di Segine tanto del frumento che dell’orzo e degli altri redditi che sono pertinenti al demanio della contea di Lecce, anche la decima di tutti i frutti dei giardini, e delle verdure degli orti provenienti dal demanio della detta contea, come il medesimo conte Roberto, nostro fedele, concesse alla medesima chiesa, secondo quanto è contenuto nominatamente e più distintamente nell’atto redatto dallo stesso conte per la predetta chiesa, tuttavia a condizione che a nessun vescovo o prelato della chiesa leccese sia lecito offrire a qualcuno o in qualsiasi modo vendere alcunché delle predette decime, ma che la medesima proprietà delle decime debba essere sempre conservata a favore della chiesa leccese ed essere detenuta in perpetuo. Affinché poi questa nostra concessione e conferma resti sempre salda e inattaccabile ed a nessuno in alcunché sia lecito contraddire disponemmo che la presente pagina fosse scritta e confermata col nostro sigillo. Se qualcuno poi presumerà di opporsi a questa nostra concessione e conferma, prepari cinquanta libbre di oro purissimo per chi subirà la mediazione della nostra camera e la restante offesa. Nell’anno 1197 dell’incarnazione del Signore, 25 aprile della XV indizione, sotto il regno del signore Enrico VI per grazia di Dio imperatore sempre augusto dei Romani e re gloriosissimo di Sicilia, nel ventisettesimo anno del suo regno, settimo dell’impero, terzo del Regno di Sicilia, felicemente, amen.
Faccio notare che Segine è qualificato come casale, cioè un gruppo di poche case rurali, formatosi, senza carattere o funzione di centro, in zone e per esigenze particolari.
Se dunque Segine è attestato fin dalla fine del XII secolo, altrettanto non può dirsi per Cesine, almeno come toponimo riferito alla nostra zona. Infatti cesine è un nome comune molto ricorrente in statuti medioevali. Eccone qualche esempio:
… Fovee et omnis nostre utilitatis iusta rationem ibidem faciant, et illut ronkare, et cesine faciant, et ipsa terra conciare et seminare et cultare et studiare ipsi lavori per omnes annos …9 (…Fosse e le facciano lì stesso secondo la misura della nostra utilità e potare quello [il luogo] e facciano cesine e mettere in sesto e seminare e coltivare la stessa terra e dedicarsi allo stesso lavoro ogni anno …).
… Pro vice sua et de consortibus suis tradiderat ad roncandum et cesine faciendum, et lavorandum, et seminandum usque tres frudia, et omne annum dare inde eis terraticum, secundum consuetudinem de ipso loco … 10 (Per suo conto e dei suoi compagni aveva ricevuto [il diritto] a potare e a far cesine e lavorare e a seminare fino a[lla raccolta di] tre frutti e ogni anno dare loro da lì il terratico11 secondo la consuetudine dello stesso luogo …)
Ma cosa sono le cesine? Ecco come la voce e quelle a lei collegate, che per comodità ho unito graficamente, sono trattate nel glossario del Du Cange (la traduzione a fronte è mia):
Cesa 6 non c’è.
Il lettore avrà notato che tutte le voci riportate hanno l’iniziale maiuscola; ciò serve solo per evidenziarle, anche perché sarebbe impossibile ipotizzare per tutte un qualche slittamento toponomastico e non è che solo cesine possa sottrarsi a questa regola, anche se la loro naturale tendenza a trasformarsi in toponimo ha lasciato tracce in tutt’Italia12. Il lettore avrà pure notato che il comune denominatore di tutte le voci è il concetto del tagliare e non a caso la radice da cui esse derivano tutte è quella del verbo del latino classico caedere=tagliare, madre di altre voci, sempre classiche [come caeduus (da cui l’italiano ceduo), cesura (da cui l’analoga voce italiana), senza contare i composti come decìdere, incìdere, concidere e circumcidere (da cui in italiano decidere, incidere, conciso e circoncidere) e delle medioevali cisoria (da cui l’italiano cesoia) e coincidere (da cui la voce italiana).
(CONTINUA)
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1 Da Theo Kölzer, Die Urkunden Der Deutschen Könige Und Kaiser. Elfter Band Drittel Teil. Die Urkunden Der Kaiserin Konstanze, in MGH (è l’acronimo di Monumenta Germaniae Historica), Hahn, Hannover, 1990, pp. 122-123:
Constantia divina favente clementia Romanorum imperatrix et regina Sicilie semper augusta. Si iusta fidelium nostrorum desideria equitate debita imperialis liberalitatis contuetur immensitas et ea favorabili benignitatis sue gratia prosequi consuevit, multo magis piis debet ecclesiarum petitionibus condescendere et caritatis sue prestare favorem. Inde est utique, quod ad sacrosanctas ecclesias et loca religionis exposita cultibus serenitatis notre debitam clementiam applicantes, pro salute nostra et heredum nostrorum necnon pro conservatione imperii nostri concedimus et confirmamus in perpetuum Lyciensi ecclesie omnes decimas, quas quondam Robertus comes Lycii, fidelis noster, Eidem ecclesie per privilegium suum concessit et dedit, videlicet decimam monete catapanis, decimam platee fluminis tam monete [quam] piscium et lini, decimam maritime, decimam alimine, tam monete quam piscium et lini, decimam reddituum affidatorum stalliatorum ovium tam Lycii quam casalium, decimam reddituum villanorum Rugie, decimam date et legum Curuliani, Carpiniani, Monteroni et Arnesani [seu] universorum casalium, que sunt in ipsis prenominatis tenimentis, decimam iumentorum, vaccarum, ovium, et caprarum tam Lycii quam casalium, decimam casei recocte, lane, gallinarum et pullorum tam [Lycii quam] casalium, decimam reddituum casalis Segine tam frumenti quam ordei et aliorum reddituum, que ad demanium Lyciensis pertinent comitatus, decimam quoque omnium fructuum iardinorum et olerum ortorum de demanio predicti comitatus, sicut idem Robertus comes, fidelis noster, concessit eidem ecclesie, iuxta quod in instrumento ab ipso comite prefate ecclesie confecto nominatim et expressius continetur, ita tamen quod nulli Lyciensis ecclesie episcopo vel prelato liceat aliquod de predictis decimis in prebenda alicui concedere seu modo quolibet alienare, sed eadem decimarum proprietas debeat semper ad opus Lyciensis ecclesie conservari et in perpetuum detineri. Ut autem hec nostra concessio et confirmatio semper firma et inconcussa permaneat [et] nulli in aliquo liceat contraire, preentem paginam conscribi et nostro sigillo fecimus communiri. Si quis autem huic nostre concessioni et confirmationi obviare presumpserit, quinquaginta libras auri purissimi componat, medietatem camere nostre et reliquam iniuriam patienti. Anno dominice incarnationis M°C°XC°VII°, septimo kalendas Maii XVe indictionis, regnante domino Henrico sexto Dei gratia Romanorum imperatore semper augusto et rege Sicilie gloriosissimo, anno regni eius vigesimo septimo, imperii vero septimo, regni Sicilie anno tertio, feliciter, amen.
2 Funzionario amministrativo del periodo normanno. Dal latino medioevale catapanu(m), a sua volta dal greco bizantino κατεπάνω=sOvrintendente, a sua volta dalla locuzione avverbiale classica κατ’ἐπάνω=sopra.
3 Alimine nell’originale. Qui nome comune, confermerebbe l’etimo di Alimini (da La Limini) dal greco λίμναι (leggi limnai), plurale di λίμνη (leggi limne)=palude; ricordo che il toponimo Λίμναι è attestato, fra gli altri, da Aristofane (Rane, 216) da Tucidide (Storie, II, 15, 4) come un quartiere di Atene, da Strabone (Geografia, VIII, 5, 1) come un quartiere di Sparta e da Pausania (Descrizione della Grecia, III, 2, 6) come una località della Messenia.
4 Così traduco stalliatorum sulla scorta del glossario del Du Cange:
5 La citazione di Rudie e dei suo villani (non cives) ci permette di affermare che già alla fine del XII secolo molto probabilmente la città era stata abbandonata.
6
7 Così traduco legum, sulla scorta del Du Cange:
8 L’originale Curulianum confermerebbe l’ipotesi dell’origine non prediale, cioè non da un Curulius ma come forma diminutiva (forse di epoca bizantina) del greco classico χωρίον=spazio, luogo, regione, a sua volta diminutivo di χώρα o χῶρος.
9 CDC (acronimo di Codex Diplomaticus Cavensis), VIII, p. 71, n. 1272, anno 1058, Salerno.
10 CDC, VIII, p. 161, n. 1321, anno 1061, Salerno.
11 Canone fisso in natura.
12 Per esempio: in Giuseppe Castaldi, Memorie storiche del comune di Afragola, p. 19, a commento di un diploma del 1288 conservato nell’archivio comunale, si legge, in riferimento a cesinas Afragolae presente nell’atto: Esiste tuttora in Afragola una strada chiamata Cesinola, dove sicuramente dovett’essere il feudo chiamato Cesine, che poi fu aggregato all’anzidetto Comune, ritenendo il suo antico nome.
Non so Cesinola è sopravvissuto ma sicuramente ricordo degli antichi tempi è nei toponimi di contrade come Cesinali (Avellino), Cesine (Montecalvo Irpino, Ruoti, San Giorgio del Sannio, Vallata) Cesine di sopra (Cerreto Sannita). Anche il resto d’Italia è variamente coinvolto : La Cesa (a Pergo Cortona in provincia di Arezzo), Incisa (a Prato, a Castel S. Nicolò in provincia di Arezzo, a Montecchio in provincia di Terni, a Castiglion Fiorentino in provincia di Arezzo, a Piteccio in provincia di Potenza), Ciesa a Borgo a Mozzano e a Bagni di Lucca in provincia di Lucca, Malga Ces a Primiero in provincia di Trento, Cesàre a Gonzaga in provincia di Mantova, Cesina a Dàvoli e a Vibo Valenzia in provincia di Catanzaro nonché ad Altomonte in provincia di Cosenza, Gesina ad Isca in provincia di Catanzaro e, per tornare a zone a noi più vicine, Cesine a Ginosa in provincia di Taranto e La Cesaglia a Minervino di Lecce in provincia di Lecce.
Una sola domanda : l’autore del volume citato ” Guida alle masserie del Salento” edito da Congedo, è Mario Costantini ?
Io ricordavo Antonio Costantini, ma la mia memoria…
No, è la mia …; la ringrazio della segnalazione dell’errore che ho già provveduto a correggere.
Il fossato e le mura di cui parla il Bacile, potrebbero essere quelle dell’antica Salapia “Salentina” ovvero l’antico porto messapico di Loupiai (Salapia da “Sal Loupiai” ovvero “Lecce a mare”). Nei secoli la zona, caduta in disuso, si sarebbe trasformata in palude e bonificata in epoca fascista da parte dell’Opera Nazionale Combattenti. In altre mappe la zona viene denominata “Li Salappi”.
cfr. http://alturl.com/brbyf