di Armando Polito
Può darsi pure che il titolo sia interpretato come una sorta di reazione alle vistose storture che in nome del business hanno contaminato, col pretesto di conservarne il ricordo, il fenomeno antico diventato, forse più del sole, del mare e del vento, l’emblema del Salento nel mondo. Può darsi pure che in me l’inconscio abbia sopraffatto per un attimo la razionalità, ma, tutto sommato, credo che anche il lettore più raffinato alla fine riconoscerà che questo post non poteva avere altro titolo.
Ho trovato l’immagine di testa sul sito della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, come, d’altra parte, mostra la filigrana, espediente protettivo di una malintesa interpretazione del diritto d’autore; in questo caso, tutt’al più, si potrebbe parlare di diritto di digitalizzazione derivante, a sua volta, da un diritto connesso con la custodia di un bene, non della sua proprietà, essendo la Marciana, come lo stesso Nazionale dice, un’istituzione pubblica e non privata. Avrò pure una visione comunista della cultura e non voglio attardare il lettore su un problema secondo me gravissimo che nessuno sembra aver voglia di cominciare ad affrontare e al quale ho dedicato più di un post; dico solo che, se avessi voluto spacciare l’immagine come mia (nel senso di da me digitalizzata e non, magari!, di da me posseduta) per me, che pure non sono un mago del pc, sarebbe stato uno scherzo, senza neppure scomodare Photoshop, eliminarla senza che ne restasse la minima traccia. Roba di una decina di minuti, secondi, non primi.
La tavola consta di una prima immagine in cui si vede un uccello, la cui identificazione lascio a qualche lettore ornitologo o, al limite, cacciatore (a meno che la specie raffigurata non sia da tempo estinta …), nell’atto di avventarsi su due tarantole (lo conferma la scritta Tarantula in basso). A questo punto diamo inizio alle telefonate: su quale delle due per prima, secondo voi, si avventerà l’uccello battagliero?
Lasciando da parte il paesaggio, sul quale ritornerò alla fine, passo alla seconda immagine.
Spicca in primo piano un ricino. Inutile fare l’ipocrita: prima o poi, forse, l’avrei riconosciuto ma, senza l’aiuto determinante del Ricinus che si legge in alto a destra, forse questo post sarebbe ancora in gestazione e avrei dovuto affrontare un parto distocico …
A sinistra, invece, si legge Wonder boom. Qui sono cominciati i dolori, per i quali, come si sa, non è certamente indicato l’olio di ricino…
Escluso il toponimo sudafricano Wonderboom, non mi è rimasto che considerare il significato letterale e distinto delle due voci: wonder=meraviglioso, boom=esplosione. A questo punto si è accesa la lampadina (quando ero più giovane era ad incandescenza, ora è a led, cioè a luce fredda, ma non so se l’aggiornamento tecnologico mi abbia giovato …) e il pensiero è volato agli effetti … meravigliosi dei semi della pianta, che vanno dalla morte per avvelenamento a quella per dissenteria …
Anche qui bando all’ipocrisia: senza la rete, da cui ho appreso che wonderboom è il nome inglese del ricino, non ci sarebbe stata conferma alla mia rozza e quasi meccanica ipotesi etimologica, sia pur con l’aggiustamento dell’ultim’ora per cui secondo me, per quanto riguarda l’esplosione, il riferimento è solo allo spettacolo offerto dalla pianta alla fioritura …
La terza immagine della tavola è in realtà una tabella.
Vi è riportato l’alfabeto georgiano (sul quale, fra l’altro, ho scritto e pubblicato una dozzina di saggi; purtroppo non me ne ricordo gli estremi bibliografici …). Anche qui senza l’ABC des Géorgiens che si legge all’inizio sarei sicuramente in alto mare e probabilmente questo post non sarebbe esistito o non gli avrei dato il titolo che sapete.
Le montagne, infatti, che in entrambe le immagini si vedono sullo sfondo, appartengono, guarda caso, al Caucaso. Se, infine, state morendo dalla voglia di scoprire se e quanto col Caucaso ci azzecchi la nostra taranta e questa col ricino, sapete a chi rivolgervi in quest’Italia dei valori …
…e infatti ci ha messo una certa curiosità. Sarei felice di sapere come va a finire, grazie!
Non sono il mago Otelma e forse, se non si è capito, sarebbe stato più opportuno scrivere, come titolo, “La taranta del C… aucaso”.