CHI SONO IO
Racconto tenero di un ragazzo di ieri
di Rocco Boccadamo
In seconda elementare, verso la fine dell’anno scolastico, sarà stato aprile o maggio, il maestro decise di assegnarci, fra i compiti da svolgere a casa, un esercizio nuovo, vale a dire un tema, con tre semplici e sibilline parole come titolo: “Chi sono io”.
Lì per lì, in classe, in più della pura e semplice sorpresa, non ci fu un granché di reazione; invece, nel pomeriggio, fra le pareti domestiche, di fronte a quella pagina del quaderno intestata in alto, sopravvenne un autentico mal di pancia.
Difatti, per quanto mi riguarda, non ci volle molto affinché la sensazione d’incapacità a trattare l’argomento si traducesse in pianti, strilli e, alla fine, anche in accorate richieste d’assistenza a mia madre.
La povera donna, essendo, per un verso, di modesta cultura, per l’altro, impegnata dalle ben più impellenti incombenze connesse con il numeroso nucleo familiare, si rammaricava di non potermi venire in aiuto, ma, nello stesso tempo, mi esortava, come solo una mamma sa fare, a pensare, a sforzarmi, ad escogitare qualcosa mettendo in moto la mia testa.
In siffatto clima d’agitazione, giunse il tramonto, il cielo si fece rosso, con sfumature di struggente intensità che pareva mi penetrassero dentro. Finalmente, riuscii a dare movimento all’asticella con pennino intinto nell’inchiostro – all’epoca così era fatta la penna – e presi a scrivere più o meno: “Sono un ragazzino d’otto anni, colorito bruno e capelli neri. Al mattino, quando mi sveglio, spalanco la finestra per ammirare il sole che si è alzato da poco, quindi faccio colazione. Dopo, mi lavo il viso, mi vesto e indosso il grembiule per la scuola, mi pettino guardandomi bene nello specchio per vedere se tutto è in ordine. In questo modo inizia la mia giornata.”
Finito di scrivere, non è che mi sentissi pienamente appagato, però una certa sensazione di tranquillità si fece prevalente sull’ansia e sulla preoccupazione di prima.
La sorpresa, e quale sorpresa, mi colse l’indomani a scuola. Nessuno dei compagni aveva saputo svolgere il componimento, con conseguente vivo disappunto del maestro. Questi si vide insomma portare sulla cattedra unicamente il mio tema, con me vicino lo lesse in un attimo e, in calce al testo, annotò con vigore un vistoso “10” e il giudizio “Bravo”.
Non vi dico che cosa provai e di che genere era l’espressione contenuta negli sguardi dei compagni.
Ho rievocato un piccolo episodio, da seconda classe elementare, che, però, mi è sempre rimasto scolpito dentro; soprattutto, ne ho tratto puntualmente stimolo ideale per affrontare positivamente qualsivoglia impegno.
Quando si dice: L’Impegno ripagato!
Tante volte, pensare “in piccolo”, dà grandi soddisfazioni!!!