di Rocco Boccadamo
Una volta – o, per meglio dire, sino a qualche lustro fa – eravamo abituati a vivere gli eventi eccezionali, ossia quelli che lasciano il segno, con cadenze non proprio ravvicinate, scansioni non a ritmi costanti e neppure frequenti.
Ciò, vuoi che ci trovassimo a essere diretti partecipanti, vuoi semplicemente rivestendo il ruolo di testimoni vicini o lontani.
Nella mente e nell’animo, ne registravamo e ne metabolizzavamo la risonanza e gli effetti, attraverso processi fisiologici particolari, le tracce di tali fatti restavano impresse realmente nel nostro interiore, tanto che, a lungo, ci capitava di farne rievocazione, a guisa davvero di passaggi cruciali e indelebili dei nostri ricordi e della nostra stessa esistenza.
Adesso, ahinoi, di sconvolgimenti, calamità, sfracelli o catastrofi sensazionali, ve n’è, invece, una sequenza a ripetizione, un giorno sì e l’altro pure, in ogni angolo del pianeta. Bella globalizzazione è questa!
Se, ormai, la strada tracciata davanti all’umanità reca più che altro muretti di lutti, ombre di distruzioni, segnali di disdegno della vita come valore massimo e sacro e, quindi, della stessa incolumità del prossimo, bella conquista ha compiuto la società del terzo millennio!
Non importa se i “pupari” che preordinano ciò che accade – da soli o in scellerate congreghe – siano dittatori oppure politici avidi, oppure tiranni assetati di potere, oppure fanatici religiosi o fondamentalisti: in ogni caso, v’è da dire che la nostra coscienza non può che rimpiangere certi modelli di ieri.
Forse, però, sbaglio a parlare di coscienza, mi sa proprio che, in seno alla realtà che andiamo attraversando, l’elemento “coscienza”, già costituente – consciamente o inconsciamente – la base fondante delle manifestazioni e dei comportamenti di ogni essere pulsante e pensante, sia andata a farsi benedire, non esista più. Che peccato!
Conclusione: nel presente, dunque, c’è il rischio di soccombere a ogni piè sospinto e in mille modi diversi e inimmaginabili, ma, soprattutto, la vampa del terrore che attanaglia non promana tanto dai drammi, uno per uno, che si susseguono, quanto dal sospetto e dal patema d’animo della loro progressiva escalation, sia come numero, sia come intensità di reiterazione, sia come dimensione.
Buona risurrezione!