di Armando Polito
* Avete presente la favola della volpe e l’uva? Eppure, a pensarci bene, tra POLITO e POLITICO c’è solo la differenza di un suffisso …
Tranquillizzo tutti dichiarando immediatamente che il titolo costituisce la protasi di un periodo ipotetico di terzo tipo, altrimenti detto dell’impossibilità.
Quanto dirò rappresenta la parte mancante che tecnicamente si chiama apodosi.
Debbo, però, fare una premessa, altrimenti che politico, sia pur remotamente potenziale, sarei?
Come tutti hanno sentito giornalmente e sanno, siamo reduci da un avvicendamento governativo che in prima battuta ha dovuto fare i conti in concreto con il rigore (basato soprattutto sull’inasprimento fiscale a danno dei soliti noti e a favore dei soliti ignoti e noti (questi ultimi noti, però diversi dai primi …) e non sulla lotta, seria, all’evasione) e, solo a parole, con la crescita.
Dopo aver detto che solo il Padreterno (che, per chi ci crede, non è solo un economista …) sarebbe stato in grado di coniugare con successo due concetti così antitetici, va rilevato come la riduzione della spesa (non userò voci inglesi per non sputarmi in faccia quando mi guardo allo specchio …) sia continuata, con esiti fallimentari, nella seconda tappa e sia da tempo in atto, senza nulla promettere, a mio avviso, di diverso (scusate, discontinuo …) dal deja vu (il francese mi è leggermente più simpatico …), anche nella terza.
Per fare in modo che almeno in questa qualche riduzione dello spreco si realizzi (senza, come spesso succede, che la rimodulazione o la modifica, parole magiche che riesumano e rianimano l’eliminazione (pardon, la rottamazione), sia inferiore ai costi, considerando che la salute anche per un paese vecchio e di vecchi come il nostro è evidentemente un lusso, non certo un diritto sancito dalla Costituzione e un bisogno che nella scala dei valori viene subito dopo il pane, pongo fine alla premessa e passo all’apodosi.
Le confezioni di medicinali la cui fornitura è a carico (totale o parziale) del Servizio Sanitario Nazionale recano dal 2 agosto 2001 (data di emissione dell’apposito decreto, vi risparmio il numero) un’etichetta con la dicitura CONFEZIONE DISPENSATA DAL S.S.N. Approfitto dell’immagine allegata per far notare la scarsa definizione che è nativa, non dovuta, cioè, a difetti di ripresa: forse sarà un espediente per rendere più difficile la falsificazione ma io trovo in questo dettaglio pubblico un parallelo con quello privato della lettura tanto veloce da risultare quasi incomprensibile (più o meno quella che contraddistingue la lettura di uno strumento notarile …) dell’avvertimento sulle controindicazioni fatto in coda allo spot pubblicitario di un medicinale. Oppure, più verosimilmente, rappresenta, quasi profeticamente, la rappresentazione grafica di quanto sto per dire.
Sul significato di dispensare riporto quanto si legge sulla Treccani on line (e, più o meno, su qualsiasi altro vocabolario):
dispensare v. tr. [dal latino dispensare, intensivo di dispendĕre «distribuire»] (io dispènso, ecc.).
1.
Distribuire: dispensare ai poveri le proprie ricchezze; dispensare favori, grazie, elemosine; estensivamente: passò dispensando a tutti sorrisi e strette di mano; scherzosamente: dispensare pugni, scappellotti, impertinenze, ecc.
2.
a. Esimere, liberare da un obbligo, da una prestazione, da un’imposizione, da un atto che, secondo le norme o il costume, sarebbe dovuto: dispensare dagli esami scritti; dispensare dal servizio militare; dispensare dal produrre un documento; nel diritto canonico, dispensare dai voti, dagli impedimenti matrimoniali (anticamente anche transitivamente, dispensare il matrimonio), ecc. In senso più ampio: siete dispensati dall’intervenire alla riunione; si dispensa dalle visite, negli annunci di morte. Nel riflessivo, dispensarsi dal fare qualcosa, esimersi, fare a meno di: non posso dispensarmi dal dirvi che siete un ingrato (Goldoni).
b. Nel pubblico impiego, dispensare dal servizio, risolvere il rapporto nei riguardi di un impiegato non idoneo al lavoro per motivi di salute o per insufficiente rendimento (v. dispensa1, n. 5 b).
3. anticamente
a. Spendere, consumare.
b. Amministrare.
È evidente che il DISPENSATA dell’etichetta ha avuto finora il significato n. 1, non a caso sinonimo di distribuire. L’apodosi prevede la semplicissima sostituzione del significato n. 2 al n. 1, operazione a costo zero perché le etichette resteranno tali e quali (anche se questo dettaglio indispettirà non poco i burocrati …) e la nuova interpretazione (corrispondente a liberata dall’obbligo di prestazione da parte del S. S. N.) sarà sancita per decreto. Notevolissimo, poi, sarà il ristoro per il bilancio, dovendo il cittadino mettere mano al borsellino per pagare integralmente tanto una confezione di aspirina quanto una dei cosiddetti farmaci salvavita.
A corredo della proposta, poi, esibirei la seguente relazione di alta filologia, della quale ometto non solo per brevità la parte iniziale che contiene il riferimento alle leggi precedenti e che è lunga, per la precisione e per la storia, duecentoquarantacinque righe e un quarto:
“Atteso che la parziale contraddizione dei significati 1 e 2 nasce dall’ambiguità della particella dis– che in latino può indicare divisione, per esempio distribùere (da cui distribuire), o separazione, per esempio discèdere=dividersi (con la prima gradazione di significato è connessa la definizione n. 1, con la seconda la n. 2) o distinzione, per esempio disquìrere=indagare, analizzare o pienezza, per esempio disperire=andare totalmente in rovina oppure, e infine, direzione in un senso e in quello opposto, per esempio discùrrere=andare qua e là, si precisa che nella fattispecie da oggi DISPENSATA assume inequivocabilmente il significato n. 2. Si prega nel contempo il titolare del Miur di disporre che su tutti i vocabolari che da oggi verranno stampati sia aggiunto al lemma in questione la dicitura come termine medico-farmaceutico è sinonimo di non più preso in carico: DISPENSATO DAL S. S. N.=non più preso in carico dal Servizio Sanitario Nazionale”.
Non mi rimane che … salutarvi.
A dire il vero, la scritta “Confezione dispensata SSN” non è stampata sull’etichetta, bensì proprio sulla scatola, e la scarsa definizione non è un espediente per rendere difficile la falsificazione, ma dipende dal fatto che la si legge in trasparenza attraverso lo strato intermedio del bollino, che deve attaccarsi irreversibilmente alla scatola stessa. Si veda il DM 30/05/2014.
anche se non so bene l’italiano, la morale è che dobbiamo pagare, è ridicolo che sul costo pieno di un medicinale di € 5.00 ca., si paga un tiket di € 3.00,
Be quello non dipende dallo stato ma dalla casa che fa pagare ben 3€ in più il proprio prodotto che più o meno ha lo stesso costo di produzione dell’equivalente