di Gianni Ferraris
È stato presentato in febbraio il rapporto “Le dimensioni del gioco d’azzardo legale ed illegale e l’usura collegata”. Una tavola rotonda a Bari a cura dell’Associazione Antiusura San Nicola e Santi Medici, Consulta Antiusura, Insieme contro l’azzardo.
Nel documento presentato si fa riferimento alle cause dell’usura ed al suo aumento nel tempo. Le famiglie italiane sono all’ultimo posto in Europa per capacità di accantonare porzioni di reddito. Fino a pochi anni fa eravamo ai primi posti come risparmio. Siamo ai primi posti, invece, come disoccupazione giovanile e come aumento delle insolvenze. Secondo dati della Banca d’Italia l’indebitamento delle famiglie dal 2003 ad oggi è raddoppiato in modo uniforme in Italia (nord, sud, nord est centro).
Per le aziende la gravissima crisi è in particolare dovuta ad alcuni fattori:
·Diminuzione dei ricavi e dei margini
·Razionamento ed esclusione dell’accesso al credito
·Ripetuti insuccessi nel fronteggiare le crisi aziendali
·Accumulazione di crediti in sofferenza o inesigibili
·Fragilità della struttura di impresa (sottopatrimonializzazione, mancata separazione fra beni familiari e quelli dell’azienda.)
In questo quadro si inseriscono le criminalità:
Comune: danneggia il patrimonio materiale
Organizzata: aggredisce le attività con estorsioni e intimidazioni, usura
Specializzata: truffe e frodi
Economica: manipol il mercato del credito e condiziona la Pubblica Amministrazione.
I dati evidenziano come solo il 20% degli italiani risiede in territori a minimo indebitamento patologico, e sono tutti nel centro settentrione. Quindi sono anche i meno vulnerabili ad usura.
Le sofferenze bancarie hanno avuto, dal 2009 al 2012, un’impennata del 46,45%.
In questo quadro, annotano gli estensori della ricerca, il silenzio istituzionale è inquietante. L’ultima autorità a parlare del rischio usura fu l’allora governatore B.I. Mario Draghi alla Commissione antimafia, era il 21 luglio 2009.
In tutto ciò si inserisce il gioco d’azzardo che assorbe il 10% della spesa complessiva di quanto le famiglie spendano in beni primari e secondari. A questo dato mancano i numeri del gioco illegale (slot truccate, tagliandi contraffatti, azzardo clandestino)
Dal 2001 al 2012 il consumo per gioco è passato da 20 a 85 miliardi di euro, l’incasso per l’erario nello stesso periodo da 5.410 a 8.640 miliardi (dal 27,75% al 10,81% del giocato) mentre per la filiera del gioco (gestori, distributori di slot ecc.) è passato da 3.800 a 10.307 nello stesso periodo (dal 19.49% a 12.9%).
Il consumo di gioco d’azzardo rispetto al PIL provinciale si evince dalla tabella che segue:
Altro dato interessante evidenziatodalla ricerca è il “valore del tempo vita” investito in azzardo. Altro non sarebbe che il calcolo di quante ore si spendono per giocare.
NewSlot: 28 miliardi di ripetizioni di gioco: Ore 46.660.000
VLT: 5 miliardi di ripetizioni di gioco: Ore 8.300.000
Gratta e Vinci: 2 miliardi e 200 milioni ripetizioni di gioco: Ore 36.660.000
Giochi on line: 15 miliardi ripetizioni di gioco: Ore 166.700.000
Giochi “tradizionali”: (lotto, scommesse, superenalotto) 6 miliardi: Ore 230.000.000
Totale operazioni di gioco: 49 miliardi di operazioni di gioco Pari a Ore 488.320.000 vale a dire 69.760.000 giornate lavorative.
L’offerta esageratamente capillare del gioco d’azzardo, secondo la Commissione Antimafia, rende impossibile un controllo delle illegalità. In questo stagno si muovono le mafie sia direttamente (accaparramento di concessioni) che indirettamente (estorsioni), oltre che con manipolazioni quali la gestione diretta di sale gioco (bingo ed altre) per riciclare denaro contante in quantità. E si muovono con la manomissione di apparecchiature. Reato per il quale al momento ci sono semplici ammende invece di sanzioni adeguate.
Si assiste ad un perverso meccanismo nel quale l’illegale alimenta il legale motivando la giustificazione per introdurre nuovi giochi, e il Legale alimenta l’illegale ampliando la popolazione di giocatori. Non a caso l’illegalità si sposta da modalità elitarie (bische clandestine) ad attività di massa e formalmente legali. Meglio ricavare poco da molti che tanto da pochi è la filosofia.
Il rapporto ipotizza anche una stima del “non registrato”. Le slot sono molto più diffuse al centro nord che al sud, mentre gli incassi medi sono identici. Tuttavia i conti non tornano, dice il rapporto, anche in considerazione dei reati appurati nell’ultimo anno:
Dove gli apparecchi per abitante sono di meno, dovrebbe risultare un ricavato medio per slot maggiore, considerato la quota di reddito pro capite che definisce la propensione al gioco.
Se a meno slot corrisponde meno giocato – vistosamente meno – per apparecchio, vi è molto probabile una porzione di apparecchi in stato di disconnessione dal sistema che registra i movimenti.
Il valore medio Italia è di 6,6 apparecchi per 1000 abitanti. Il valore massimo è di 13,9, quello minimo è di 3,3.
L’usura è tornata ad essere sofferenza dimenticata. Non si riconosce l’indebitamento delle famiglie, si rinuncia alla regolamentazione dei crediti e dei finanziamenti.
Il rapporto termina con queste considerazioni:
Le frontiere della difesa dall’usura
• Priorità ai comparti dell’economia che crea valore e occupazione
• Orientamenti e discipline al mercato dei crediti e dei finanziamenti, pur dopo le completate privatizzazioni e concentrazioni delle ex banche d’interesse pubblico
• Monitoraggio dell’approfondimento affaristico e delinquenziale dello stato di crisi finanziaria delle imprese
• Prossimità delle istituzioni di sicurezza pubblica alle persone indotte a indebitarsi a usura nel tessuto delle città e dei centri agricoli
• Riconoscimento e vero sostegno alle Fondazioni e alle Associazioni antiusura selezionate e valutate quanto a reale capacità e efficienza “di servizio”.
• Abbandono di pseudo soluzioni simboliche
• Programmazione di un “ritorno” dal consumo industrializzato di massa del gioco d’azzardo
• Incoraggiamento alla ricostruzione del Capitale Sociale Familiare
• Verifica di effettivo indebitamento delle famiglie
• Provvedimenti urgenti per impedire la prosecuzione di procedure di indebitamento, formalmente lecito, ma patologico.