di Aldo Conte
Al centro di un altopiano, tra Taurisano e Specchia, vi è Masseria Curtivecchi, poco a sud della stessa vi è un antico tratturo. Dove oggi regna il religioso e silenzioso asfodelo, cento anni fa uomini e contadini percorrevano queste strade con le loro voci e i carichi di uva appena raccolta venivano portati al palmento.
Questo è una piccola costruzione quadrangolare, rustica, umile. Dal lato opposto alla porta di ingresso, una apertura a finestra dà direttamente su una vasca intonacata che occupa quasi metà del vano. Sul fondo della vasca, nel lato che guarda la finestra, un buco immette in una piccola cisterna sottostante. Sul lato destro, infine, una rientranza del muro accoglieva uno di quei torchi detti “alla calabrese”.
Sulle due mura laterali, per tutta la lunghezza del vano, si riconoscono i grigi segni di una rara letteratura.
Poche scritte sono ancora leggibili e mi sembrano interessanti e meritevoli di essere strappate all’oblio a cui sono altrimenti condannate.
Riporto la trascrizione delle epigrafi di più facile lettura, per le altre si attendono ulteriori studi.
L’amore è quell’umore
che dagli occhi passa al cuore
e per maggior sollazzo
dal cuore passa
al C….. (alcune lettere cancellate ma che si intuiscono facilmente)
Viva il pretore
abbasso la legge
viva chi scrive
1896 Sono stato in questo parmento
Una rivisitazione letteraria del primo graffito (da Tommaso di Ciaula, Prima l’amaro, poi il dolce. L’amore e altri mestieri, Feltrinelli, Milano, 1981, pag. 58):
Primo operaio: io mi sono innamorato sempre e mai! Le donne sono tutte una razza, tutte puttane, eccetto le madri … (canticchiando) “L’amore è quell’umore che dall’occhio passa al cuore e dal cuore in via diretta, se ne esce per la brachetta”.
Non credo sia un caso il fatto che l’autore (nato ad Adelfia nel 1941) è pugliese.