di Lucio Causo
ALESSANDRO VII
DISPOSE NEL 1656 IL TRASFERIMENTO DA FOSSOMBRONE AD OSIMO
DI SAN GIUSEPPE DA COPERTINO
(Prima di diventare Papa fu nominato Vescovo di Nardò nel 1635)
In data 30 dicembre 1973, il quotidiano Avvenire riportò alcune notizie relative alla sede vescovile di Nardò, la quale ha offerto alla Chiesa il pontefice Fabio Chigi, nato a Siena nel 1599 e nominato vescovo dell’episcopio neretino nel 1635 prima di divenire Papa, col nome di Alessandro VII nel 1655, eletto dal Conclave che durò ottanta giorni fra i dissensi violenti del Cardinale Mazzarino.
Fabio Chigi aveva frequentato l’Università della sua città e nel 1628 fu accolto negli Uffici Vaticani da Urbano VIII; fu vice legato a Ferrara (1629), vescovo di Nardò (1635), visitatore apostolico a Malta e nunzio apostolico a Colonia (1639), rappresentò la Santa Sede al Congresso di Munster (1643), ma si rifiutò di firmare i protocolli finali di Westfalia (1648) perché contrari agli interessi della Chiesa; fu Segretario di Stato nel 1651 e Cardinale nel 1652.
Nel 1655, la sua elezione a Sommo Pontefice coincise con il trasferimento a Roma della regina Cristina di Svezia, la quale abbandonò il protestantesimo per convertirsi al cattolicesimo, facendo rilevare a Papa Alessandro una condotta di vita altamente intellettuale, ma priva della giusta disciplina ecclesiastica.
Alessandro VII nel 1656 con un suo decreto permise ai gesuiti della missione cinese di inserire nella liturgia tradizionale alcuni riti locali, fino ad esentare successivamente il clero cinese di celebrare in lingua latina.
Dopo la morte del Cardinale Mazzarino, avvenuta nel 1661, Alessandro VII ebbe violenti contrasti con Luigi XIV. Per volere di quest’ultimo, inasprì la sua condanna al giansenismo, già decretata dal suo predecessore Innocenzo X, e col trattato di Pisa del 1664 fu costretto dal Re Sole ad accettare le sue imperiose condizioni, rimanendo privato di alcuni territori e subendo l’umiliante controllo sulle nomine episcopali.
Papa Chigi fu religiosissimo, devoto di San Francesco di Sales che canonizzò nel 1665; fu protettore di artisti, arricchì la Biblioteca Vaticana ed abbellì la città di molte tra le più significative opere del barocco romano, come il colonnato di Piazza San Pietro, realizzato da Lorenzo Bernini, e le chiese di Piazza del Popolo. Alessandro VII si spense a Roma nel 1667 e fu sepolto in Vaticano.
Il vescovo Giuseppe Maria Palatucci ha scritto che Alessandro VII, nel 1656, dispose che il frate Giuseppe da Copertino fosse trasferito dal Convento di Fossombrone, appartenente ai Padri Cappuccini, al Convento di San Francesco di Osimo; Giuseppe desiderava ansiosamente di ritornare fra i suoi confratelli. D’altra parte il Ministro Generale si era dato un gran da fare per riaverlo nell’Ordine. A tale scopo fu scongiurato anche Innocenzo X, ma inutilmente. Tale desiderio fu esaudito, però, dal successore Alessandro VII, il quale credette opportuno inviare Giuseppe al Convento dei Padri Conventuali, in Osimo, forse come segno di predilezione per il vescovo di detta città, suo nipote.
I salentini ricordano con devozione Papa Fabio Chigi per il trasferimento del nostro Santo al Convento di Osimo, che si realizzò il 6 luglio del 1657 poiché nell’anno precedente si era diffusa la peste. Il nostro Santo, ricevuto dal vescovo Antonio Bichi, nipote di Alessandro VII, giunto ad Osimo esclamò con gioia: “Haec requies mea!” (Questo è il luogo del mio riposo).
In breve periodo di tempo, molti miracoli furono attribuiti all’intercessione di Padre Giuseppe, denominato il Santo dei Voli, per i suoi mirabili voli estatici. Alcuni biografi, come il Montanari, enunciano 69 miracoli. Lo stesso Alessandro VII, sofferente per grave malattia, guarì indossando la tonaca usata da Giuseppe.
Il frate di Copertino si ammalò gravemente il 10 agosto 1663. Poiché non sopraggiunse alcun miglioramento, la mattina dell’8 settembre ricevette il Santo Viatico e nella serata l’Estrema Unzione, chiedendo perdono a tutti con molta semplicità e sincera umiltà.
Alessandro VII, informato dell’infermità di Giuseppe, volle mandargli la sua benedizione che il frate ricevette in piedi in segno di rispetto, meravigliandosi della bontà del Sommo Pontefice verso di lui. Il frate alle ore 23 del 18 settembre 1663 passò dal tempo all’eternità.
La gente di Osimo, conosceva molto bene la santità di Giuseppe e per questo, a gran voce, venne acclamato con l’appellativo di Santo.
Bella storia!