di Rocco Boccadamo
C’erano una volta le scarpe da tennis, tela bianca o azzurra con lacci su suola di gomma.
In effetti, a prescindere dalla specifica definizione/destinazione, da queste parti non erano per niente utilizzate, salvo rarissime eccezioni, per la pratica, giustappunto, del tennis (dove stava di casa allora il raffinato sport, nel Meridione?), ma costituivano semplicemente una dotazione, per le ragazze e i ragazzi fra gli undici e i diciotto anni, per partecipare, una o due volte la settimana, alle lezioni scolastiche d’educazione fisica o ginnastica che dir si voglia.
Dette calzature erano più economiche di quelle normali, con tomaia di pelle e suola di cuoio; sicché, quando, in famiglia, le risorse finanziarie scarseggiavano, dovevano andar bene e bastare non solo per la ginnastica a scuola, ma indistintamente per tutti i santi giorni.
Oggi, delle scarpe da tennis nel senso ricordato, non v’è più traccia, o meglio, in giro si trovano le loro eredi – rielaborate e trasformate profondamente, al punto da far moda e tendenza – ammiccanti dalle vetrine, con sagome multi colorate e civettuole. I prezzi, però, non sono per nulla accessibilissimi, bensì medio alti, su certe marche quotano addirittura sino a 250 – 300 euro, roba da sbiancare.
Tra le marche cult, com’è noto, domina ed è particolarmente ambita, una contrassegnata dall’iniziale H, acca maiuscola.
Qualche tempo addietro, ero fermo, nell’attesa di un amico, nel grande atrio di un importante palazzo delle istituzioni pubbliche cittadine. Le persone vi affluivano e mi transitavano accanto a decine, a centinaia, di tutte le età, maschi e femmine: orbene, sembrerebbe impossibile, l’ottanta-novanta per cento di dette figure calzava pseudo – scarpe da tennis, con la mitica H ben impressa e risaltante.
Quante paia, dunque, da 250 – 300 euro, ad addobbare, a impreziosire gli arti inferiori di quei passanti!
L’amico che aspettavo, accortosi della mia attenzione e concentrazione, mi ha fatto notare testualmente: “Guarda che qui, pur di avere le scarpe targate H, la gente non esita a indebitarsi, a contrarre un prestito”.
Sono stato casualmente testimone di un altro volto della nostra contraddittoria Italia, chissà poi se d’impronta positiva o negativa; una faccia della medaglia che, davvero, nulla ha a che vedere con la genuina semplicità cantata da Enzo Jannacci nel suo mitico brano “El purtava i scarp del tennis”.
Secondo me sarebbe ora che su quell’80-90% indagassero seriamente la Guardia di Finanza e … la Buoncostume.