di Rocco Boccadamo
Sin da domenica 5, giorno della vigilia, ho puntualmente avvertito intorno a me l’atmosfera caratteristica e, in certo senso, unica, della ricorrenza: insistiti concerti di discorsi, immagini e manifestazioni su calze e doni, con la classica vecchietta a cavallo della scopa.
In aggiunta, anche questo è ormai un rito, le anticipazioni promozionali sull’evento, in programma nella serata del 6, relativo all’estrazione dei premi della Lotteria Italia, fra cui il primo pari a ben 5 milioni d’euro.
Tuttavia, nonostante siffatto coinvolgimento, all’improvviso, mi sono sentito preso da un pensiero e da una riflessione, se si vuole banali, che, però, non mi hanno lasciato più.
In sostanza, ho osservato, anzi ho maturato la convinzione, che per me, ragazzo di ieri, mentre appaiono lontanissime le calze della Befana gonfie di doni, invero frammisti, sovente, a pietre di nero carbone, adesso il regalo più bello e la Befana maggiormente gradita e preferita m’arrivano direttamente nelle mani ogni giorno, con naturalezza, semplicità e serenità, compiendo un gesto semplice e umile, ossia nell’atto di ritirare dal negozio alimentare sotto casa, al corrispettivo di un euro, gli sparuti etti di pane fresco da consumare a tavola.
E, ancora, mi son domandato: “In fondo, che cosa c’è di più gustoso e appagante di una fetta o di un tozzo di pane fragrante? Quali altri cibi succulenti e/o dolciumi invitanti si pongono alla pari, giustappunto, del pane?”.
Dopodiché, nella mattinata del 6, ho deciso e proposto a mia moglie, anche in questo caso all’improvviso, di andare ad ascoltar Messa non in un tempio comune, bensì in una Chiesa particolare, ossia a dire in quella di S. Niccolò dei Greci, correntemente nota come Chiesa greca, nel centro storico di Lecce, dove ha sede una minuscola parrocchia, dedicata a San Nicola di Mira, in cui si pratica il rito cattolico greco bizantino. Parroco pro tempore è il proto presbitero Nik Pace.
L’istituzione religiosa in parola è gerarchicamente incardinata nella diocesi, o meglio eparchia, di Lungro, in Calabria, avente giurisdizione su una ventina di altre parrocchie stabilite nei paesi della zona, vera e propria piccola enclave di popolazioni di origine albanese: i loro antenati, svariati secoli addietro, fuggirono dalla terra natia per motivi politici e religiosi.
Le più nutrite comunità arbereshe in Italia si trovano, com’è noto, giustappunto, in provincia di Cosenza, in prossimità del Parco e dei rilievi del Pollino e in Sicilia, nei pressi di Palermo, con centro principale a Piana degli Albanesi, pure sede di diocesi cattolica di rito greco bizantino.
Composta e graziosa è la facciata della Chiesa greca di Lecce e ancora più attraente l’interno, con la caratteristica galleria di icone, sulle quali primeggiano le immagini del Creatore, della Madonna e di S. Nicola.
All’inizio della celebrazione, è stato proclamato che, secondo il rito greco bizantino, si festeggiava non soltanto l‘Epifania – Teofania di Nostro Signore, detta anche Festa delle Luci, ma pure Il Battesimo di Gesù nel Giordano, evento che, in base al rito cattolico romano, si svolge, invece, nella prima domenica dopo l’Epifania.
Il rito, nella seconda parte, ha compreso la Grande Benedizione (in greco, Mègas Aghiasmnòs) delle acque, con il gesto dell’immersione della croce nell’acqua benedetta contenuta in un apposito artistico recipiente, sovrastato da un serto di fiori e tre candele; acqua da utilizzarsi per la benedizione delle case delle singole famiglie della parrocchia.
Di particolare intensità, verso la fine, la lettura di alcune profezie; in particolare, nel contesto di un brano riconducibile a Isaia, ho sentito declamare, dal ministrante, questa frase: “ Perché spendete il denaro per ciò che non è pane?”.
Nell’udire ciò, per la mia sensibilità, è successo come se si fosse affacciata un’eccezionale, inspiegabile e misteriosa coincidenza in rapporto al pensiero e alla riflessione venutimi in mente, ben prima e fuori da ogni sospetto, a proposito del significato e valore del pane acquistato per il fabbisogno familiare.
Non ci sarebbe potuto essere un dono più bello, da parte di una Befana, nella mia stagione dei capelli bianchi.