di Mimmo Ciccarese
Cara Befana, come piccini ansiosi, non dovremmo dimenticare di scriverti la nostra umile letterina, senza dettature, con pura libertà e coscienza civile. Sappiamo che la tua dolcezza accoglie di solito le nostre richieste. È stato un anno passato senza un qualcosa, un periodo di crisi ecologica da dare alle fiamme, un avanzo di carbone che non potremmo più gradire.
Quando da bambino scrivevo la lista dei desideri, ero attento a non farla troppo lunga, imparavo a tratteggiare i paragrafi, gli elenchi puntati e numerati dei doni più ambiti, descrivevo forme, colori e qualche volta perfino i modi di consegna.
Ripassavo a grassetto per assicurarmi che il ricevente fosse davvero esatto perché la letterina, insieme al calzerotto vuoto da riempire fosse ben visibile.
Qualche volta gli illuminavo il camino con una fioca vampa di candela e poi le porgevo le mie scuse per la mia condizione, per avergli mancato di rispetto. La sua notte era insonne, mi turbava il pensiero di quello che avevo combinato durante l’anno trascorso, mi aspettavo sempre un pizzico di polvere di carbone. Era una notte divisa tra sospetto e devozione, passata a spiare e origliare nella sua quiete che perfino lo scricchiolio del legno o lo sgocciolio del rubinetto mi sembrava una presenza.
La vegliarda assonnata giungeva sempre taciturna e puntualmente sbagliava o scambiava il regalo ma quello che importava era di esser venuta perché il giorno dopo dovevo descrivere l’omaggio ai miei amici.
Nell’immaginario odierno aspettiamo la Befana come una vecchietta attardata, lucida e razionale, un po’fata e un po’strega, certamente magica, ripresa da un rito pagano che arretra l’origine tra le sue antiche divinità.
Era un mito furente tra i solstizi del gelo e i mezzi toni lunari con un rituale propiziatorio consacrato a Diana, dea della fertilità, alla guida di un esercito di amazzoni sulle semine autunnali e sul loro raccolto.
Con la Befana, si riprende il rispetto verso i cicli delle stagioni, quel giorno di rinascita in cui si esorcizza con il fuoco la privazione materiale e i possibili insuccessi.
Le missive per Lei saranno lo sguardo di chi si vedrà sottrarre altro paesaggio in favore di decisioni errate dettate dalla biofobia di gente indegna di essere ricambiata.
Il giorno dell’Epifania è tutt’altro che astratto, speriamo che giunga nonostante tutto, tra i consumi esagerati dell’essere urbano e l’ineffabile decadenza sociale. La vegliarda più che assonnata e indifferente, a cavallo del suo potere, potrebbe raffigurare l’espressione di un risveglio morale oltre che una sana riscoperta della natura.
Grazie Mimmo Ciccarese, per questa tua semplice e appassionata lettera a una Befana che arde in noi, nella parte più tenere di noi, come fuoco sotto la cenere di una civiltà contadina andata in fumo e della quale tu ci offri alcuni tizzoni per provare a rinfocolare senso di appartenenza.