di Ermanno Inguscio
Pietro Marti ( Ruffano,1863- Lecce,1933) fu saggista, studioso di storia, arte e archeologia, giornalista, docente, ispettore onorario ai Monumenti, e direttore della Biblioteca Provinciale “Bernardini” di Lecce, nella quale si conservano una quarantina di sue apprezzate opere, volte al recupero delle memorie patrie della Terra di Salento.
La vivacissima attività giornalistica di Pietro Marti, iniziata poco più che ventenne e alimentata per l’intero arco della sua esistenza, si manifestò con un innato spirito creativo tale da farlo misurare subito alla direzione di qualche foglio, da lui fondato e diretto, senza quasi passare dalla fase di semplice pubblicista, appassionato dello strumento della comunicazione cartacea di riviste e giornali.
La sua attività, nel complesso, si articolò lungo due principali filoni produttivi: la collaborazione a giornali affidati alla direzione di altri colleghi e le prestigiose iniziative, fatte su diverse testate, di fondazione e direzione di giornali e riviste d’ampio respiro, compito assunto in prima persona, con costanza e ardito piglio giornalistico.
Egli era nato a Ruffano il 15 giugno 1863, dal padre Pietro, occupato come cancelliere presso il regio giudicato di quel circondario e dalla madre Elena Manco, contadina quarantanovenne, che dovette presto occuparsi da sola della sua educazione per la prematura scomparsa del padre. Compiuti i suoi primi studi in patria e poi a Lecce, conseguì con profitto la patente di maestro elementare. Ottenne la prima nomina in una pluriclasse del comune di nascita, Ruffano, ma contrasti con quella amministrazione comunale (e la sospensione dello stipendio nel luglio 1883), per i quali produsse ricorsi persino al Consiglio di Stato, lo spinsero a spostarsi presso scuole di Comacchio. Qui, accanto all’attività d’insegnamento e alla proficua produzione delle prime monografie di ambito storico, affiancò presto una febbrile attività giornalistica. Successivamente si spostò a Taranto e Lecce, dove fondò e diresse diverse giornali e riviste.
Nella sua casa leccese costituì grande figura di riferimento per il giovane nipote, l’adolescente Vittorio Bodini. Al piccolo Vittorio, infatti, figlio di Anita Marti, era mancato irrimediabilmente il rapporto con la giovane mamma, approdata a nuovo matrimonio con Luigi Guido, e costretto a rimanere per tutta l’infanzia in casa del nonno materno, e lontano dai quattro fratelli nati dal patrigno.
Così, stando alla traccia biografica dell’esegeta e amico della prima ora, suo conterraneo, Oreste Macrì, Bodini visse con Pietro Marti la prima delle sue “sette vite”, quella dell’infanzia e dell’adolescenza futurista.
A Lecce, accanto al nonno, l’inquieto Bodini apprese a conoscere menabò e ogni fase di allestimento d’un giornale, e da cui fu certamente spinto a compiere i primi approcci con l’attività scrittoria, che tanto lustro diedero alla letteratura di tutto il Salento.
Pietro Marti produsse nella sua vita una quarantina di opere di carattere storico-artistico, tra cui le più famose “Origine e fortuna della coltura salentina”, oltre a tenere decine di conferenze in tutta la Puglia. Per oltre un ventennio raccolse attorno a sé giovani artisti salentini, che si prodigò di far conoscere al grande pubblico. Divenne poi Ispettore onorario dei Monumenti e Scavi per la Provincia di Lecce e direttore della Biblioteca Provinciale “N. Bernardini”, per cui lasciò un prezioso “Catalogo bibliografico delle Opere di scrittori salentini” (1929). Morì a Lecce il 18 aprile 1933, lasciando un grande vuoto negli ambienti storico-artistici e del giornalismo dell’intera Puglia.
Interessante è soffermarsi, a questo punto, sull’attività giornalistica affrontata da Marti in qualità di direttore, cui non riusciva difficile fondare di sana pianta nuove testate, quasi in ogni città che l’avevano visto vagare su e giù per la Penisola.
Prestigiosa, agli occhi di molti estimatori, apparve la sua attività giornalistica di direzione-produzione di fogli di grande respiro e di forte impatto culturale nell’intero Salento e nelle maggiori città di Puglia.
Appena ventiseienne Pietro Marti, alla luce anche dell’esperienza del collezionista Nicola Bernardini, che l’anno precedente, nel 1896, aveva suscitato scalpore con la ghiotta pubblicazione sulla storia del giornalismo leccese (Giornali e Giornalisti Leccesi, Lecce, Ed. Lazzaretti, 1896) dal 1808 al 1896, intraprese l’avventura della direzione in città del settimanale “La Democrazia”. Grande era infatti, nel capoluogo leccese l’esigenza d’una grande spinta all’informazione periodica, sebbene le statistiche ufficiali ponessero Lecce tra le città italiane con maggiore presenza di testate.
La rivista fu sospesa per alcuni anni, durante i quali Marti, trasferitosi prima a Comacchio, poi a Taranto, dove aveva fondato altri giornali come “Jonio (1896), “Il Lavoro” (1898), “La Palestra” (1902), aveva continuato la sua vivace attività di giornalista, oltre che quella di docente nelle Scuole pubbliche. Il settimanale leccese, “La Democrazia”, riprese le nuove pubblicazioni con due numeri di saggio, il 6 e il 13 dicembre 1902, ma col sottotitolo di “Pugliese”, poi soppresso, stampato nella Tip. di L. Carrozzini e M. Ghezzi. Con il numero 4 uscì dalla Tipografia Garibaldi, col numero 16 fu aggiunto il sottotitolo di “Corriere Salentino politico amministrativo, commerciale letterario”, presso la Tipografia Giurdignano.
Subì poi interruzioni ed ebbe riprese editoriali; ma la regolarità delle pubblicazioni
non fu sempre rispettata. Nel 1913, anche se per breve tempo, figurò direttore Pietro Massari.
“La Democrazia”, ceduta in proprietà al senatore Tamborrino, uscì, sempre sotto la direzione di Marti, in edizione quotidiana, durante il periodo elettorale dal 21 ottobre 1919 fino al giugno 1920 dalla Tip. Leccese Bortone e Miccoli. Memorabili le polemiche personali asperrime, violentissime che Pietro Marti sostenne contro Nicola Bernardini, che lo ricambiò con eguale moneta sulla sua “Provincia di Lecce”, polemiche ripetutesi ad intervalli durante un trentennio, e che spesso finirono in processi da cui Marti ne uscì sempre assolto.
Intanto, nel 1891, Marti aveva diretto il foglio settimanale leccese L’Indipendente , che trattò ambiti di politica amministrativa, commerciale e naturalmente anche di arte. Vi collaborò Giuseppe Petraglione e i numeri furono stampati presso gli stabilimenti Scipione Ammirato e Garibaldi.
Nel periodo di permanenza a Taranto, Marti volle subito misurarsi in quel contesto con la direzione di alcuni giornali. L’esperienza maturata a Lecce, infatti, costituirono una grande premessa per risvegliare la città jonica dal torpore nel quale sembrava fosse da tempo precipitata.
Cominciò nell’aprile del 1896 con “Il Salotto”, una sorta di biblioteca tascabile, stampata presso l’Editore Salvatore Mazzolino.
Un foglio, dal titolo analogo, diretto da Niccolò Foscarini, aveva avuto breve vita a Lecce, dall’ottobre 1885 al novembre 1886.
Il primo fascicolo jonico, di trenta paginette, uscì il primo aprile 1896. Il numero complessivo delle uscite, stando alla testimonianza di Nicola vacca, ammonta a otto. Nella pubblicazione trovarono spazio anche poesie di Emilio Consiglio, Luigi Marti, Giuseppe Scarano e Giuseppe Gigli; conferenze di Alessandro Criscuolo e Angelo Lo Re, un dramma di un atto di Michele De Noto. Ciò a comprova dell’interesse per la letteratura di Pietro Marti e di tutti i suoi collaboratori. Tra questi, il prof. Giuseppe Gigli, in una sua conferenza del 3 maggio 1890, letta nella sala dell’Associazione Giuseppe Giusti in Lecce e data alle stampe, per i tipi dei Fratelli Spacciante, aveva toccato ampiamente “Lo stato delle lettere in Terra d’Otranto”.
Nel maggio dell’anno successivo, Marti fondò a Taranto e diresse, in qualità anche di proprietario, “L’Avvenire”. Si trattò di un periodico bisettimanale, edito dalla Tipografia del Commercio, che stampò il primo numero il 3-4 maggio 1897.
Nel luglio del 1898 egli fece stampare un altro periodico, “Il Presente”, presso lo Stabilimento Tipografico di F. Leggieri: gli ambiti trattati andarono dal politico-amministrativo al commerciale, senza mai trascurare quello letterario.
Al periodo del suo ritorno a Lecce risale l’altra pubblicazione da lui diretta nel 1900, “L’Imparziale”, un periodico settimanale, che trattò argomenti politico-amministrativi, commercio e arte. I numeri pubblicati, videro la luce presso la Tipografia litografica dei Magazzini Emporio.
Un’altra importante direzione di Marti fu quella della rivista quindicinale d’arte e di cultura, “Fede”, pubblicata per Lecce e Taranto, a partire dal 1 dicembre 1923. Col primo numero dell’anno III (1 gennaio 1925), il formato divenne più ampio. I primi due fascicoli, di 16 pagine in 8°, si stamparono nella Tipografia Sociale di Oronzo Guido, i successivi nella Tip.-Litogr. Giuseppe Guido. L’ultimo fascicolo (16-17 dell’anno III) uscì il 15 novembre 1925.
Si trasformò poi, in giornale settimanale dal titolo “La Voce del Salento”, sempre diretta da Marti, a partire dal 15 gennaio 1926, per i tipi della Tip. Prim. “La Modernissima”, che fece sentire il proprio peso sull’opinione pubblica salentina sino all’anno della morte di Marti, avvenuta nel maggio del 1933. Vi collaborarono tra gli altri, Gregorio Carruggio, Pasquale Camassa, E. Alvino, Elia Franich, Luigi Paladini, P. Maggiulli, N. Vacca, presso cui fu reperibile l’intera collezione della rivista.
Alla scomparsa di Pietro Marti, non fu soltanto Lecce a perdere un epigone del giornalismo militante, votato alla riscoperta e alla rivalutazione delle peculiarità storico-artistico-culturali di Terra d’Otranto, ma l’intera Puglia e la stessa Italia, nelle quali egli, sin da giovane e per diverse stagioni della sua esistenza, aveva operato battendosi con passione nel campo dell’istruzione, dell’informazione, della storia e dell’arte.
La vivacissima attività giornalistica di Pietro Marti, iniziata poco più che ventenne e alimentata per l’intero arco della sua esistenza, si articolò, come detto, lungo due principali filoni produttivi: la collaborazione a giornali diretti da altri, di cui qui si riferisce, e le prestigiose iniziative, diverse, di fondazione e direzione di giornali e riviste d’ampio respiro.
Quanto alla “collaborazione” giornalistica di Marti, anticipata dalla prestigiosa direzione a “Democrazia”, iniziò con una lettera al Comitato di curatori del numero unico “ 2 Giugno”, composto da studenti e operai democratici leccesi. Il foglio aveva visto la luce a Lecce nel 1889, per i tipi della Tipografia Campanella. Su quelle colonne, accanto a diversi interventi sulla figura di Garibaldi, erano riportate altre due lettere, sempre rivolte al Comitato, ad opera di A. Saffi e di F. Rubichi.
Significativamente dedicato nel sottotitolo (“A Giuseppe Garibaldi”), dell’eroe dei due mondi, su “2 Giugno” era riprodotto il testo di un suo biglietto, indirizzato a Carlo Arrighi, il 7 aprile del 1862.
Dal 1891 Marti collaborò alla stesura del settimanale di Vincenzo Giosa, “Il Messaggero Salentino”, con interventi giornalistici forniti per undici anni, quasi quanto tutta la durata del foglio leccese, pronto a dare manforte all’impostazione già battagliera e scopertamente votata a favore di Pellegrino. Suoi collaboratori nella più che decennale impresa furono Pietro Trinchera, G. Pellegrino, Francesco Rubichi, ecc.
Clemente Antonaci, Giuseppe Petraglione. Il giornale ebbe una ripresa nel 1908 e col numero del 23 giugno uscì sotto la direzione di Francesco Forleo-Casalini e dopo di Duilio Guglielmi. Di fatto era direttore e redattore principale Vincenzo Giosa e, dopo il 1898, fu vivamente antipellegriniano. Col numero 3 dell’anno VII (1897), iniziò la pubblicazione delle Cronache di Lecce dal 1591 al 1775 del Braccio, del Panettera e del Cino, da uno zibaldone del Duca Castromediano. Nella Biblioteca provinciale si conservano i numeri delle prime cinque annate, della VII, X e XII.
Marti fu poi partecipe allo stuolo di collaboratori de “La Cronaca Letteraria”, diretta da Giuseppe Petraglione, pubblicata a Lecce dal 1 gennaio 1893, presso la Tip. Lazzaretti e Figli.
Il giornale sospese le pubblicazioni col numero 8 del 16 aprile 1893. Le riprese il 2 maggio 1894. Dopo sei numeri cessò definitivamente il 5 agosto 1894. La seconda serie uscì per i tipi della Tip. Cooperativa, Editore Vincenzo De Filippi. Vi collaborarono, oltre il Petraglione, Clemente Antonaci, Carmelo Arnisi, di cui abbiamo ampiamente riferito nella monografia Carmelo Arnisi. Un maestro-poeta dell’800 (Congedo Ed., 2003), Francesco Bernardini, Alessandro Criscuolo, Cosimo De Giorgi, Francesco D’Elia, Giuseppe Gigli, Trifone Nutricati, Arturo Tafuri, Vincenzo Ampolo, ecc.
Due mesi dopo, nel marzo del 1891, con Giacomo Gridi, Marti fu assiduo redattore del settimanale satirico leccese “Don Ficchino”, diretto da Giuseppe Carlino. Si trattava di un giornaletto di piccolo formato, ma di grande impatto su ogni fascia di lettore, anche di tipo popolare, molto noto per le sue punzecchiature velenose, mimetizzate sotto il velo d’una leggera ironia, non sempre pietosa, che di rado mancava il bersaglio. Ai deputati al Parlamento Brunetti e Monticelli non furono mai risparmiati gli strali della critica, ma non sfuggirono alla gogna gli avvocati socialisti, gli acquirenti di titoli nobiliari e, come allora si diceva, gli spacciatori di carte false. Sebbene i numeri pubblicati non superarono la decina, i vespai nati si rivelarono tuttavia così virulenti, da suggerire presto ai redattori, rimasti all’inizio pure anonimi, il pensiero del’interruzione della stampa del periodico. Cosa che puntualmente avvenne, a conferma dell’estrema pericolosità della satira politica per i propri ideatori.
Dal 7 giugno 1896, all’epoca del soggiorno nella città jonica, sotto lo pseudonimo di “Ellenio”, Marti produsse diversi interventi, richiesti dal direttore-proprietario Alfredo Guariglia della pubblicazione “Jonio”, organo delle provincie meridionali. Il taglio era di carattere politico, commerciale e letterario. Agli articoli furono spesso accostate delle piccanti vignette, che miravano a colpire soprattutto l’on. Nicola Re.
Del periodo del soggiorno “tarantino”, preceduta già dalla direzione de “Il Salotto” dell’aprile del 1896 e del periodico bisettimanale “L’Avvenire” (1897), di cui figurò anche proprietario, fu sua la collaborazione al foglio indipendente “Il Lavoro”, che usciva con cadenza settimanale, a partire dal 1898, e per cinque anni, diretto da Antonio Misurale.
Sempre a Taranto, dal maggio del 1902, il Nostro collaborò alla stampa del settimanale “La Palestra”, diretta da Achille Trisolari. Purtroppo, ebbe a lamentare Nicola Vacca, anche di quella pubblicazione non si conservano che pochissimi esemplari.
Oltre agli interessi di carattere storico-artistico, non mancò a Marti quello per le manifestazioni d’ordine letterario. Dal 1905, infatti, collaborò alla rivista quindicinale “Calliope”, diretta da Luigi De Simone, su cui furono affrontate questioni relative alla produzione poetica, alla prosa ed al teatro. Suoi compagni di avventura furono V. D. Palumbo e Francesco Capozza.
Marti non mancò di essere nello stuolo dei protagonisti delle vicende editoriali
della “Rivista Storica Salentina”, fondata nel 1903 dal direttore Pietro Palumbo. Il prestigioso mensile fu stampato prima presso la Tipografia Giurdignano, poi presso la “Dante Alighieri”. La rivista fu sospesa coi numeri 1-2 dell’anno X (1915) per la morte del direttore Palumbo. Riprese le pubblicazioni, il 20 luglio 1916, sotto la direzione di Salvatore Panareo e Cosimo De Giorgi, stampata dall’editore Gaetano Martello nella Tipografia Salentina.
Con la morte del De Giorgi, avvenuta nel dicembre 1922, rimase direttore Salvatore Panareo. Con l’ultimo fascicolo del 1920 si pubblicò in Maglie nella Tipografia Messapica di B. Canitano. Le pubblicazioni cessarono definitivamente con l’anno XIII, nel dicembre del 1923.
In Appendice si pubblicarono le Cronache Leccesi del Braccio, del Panettera, del Cino e del Piccinni. Nell’anno X vi è l’indice del decennale, compilato da Panareo e una commossa necrologia di Pietro Palumbo, dettata da Cosimo De Giorgi.
La rivista, creata con i soli mezzi finanziari del Palumbo, verso il quale insensibili furono le pubbliche amministrazioni, avare di aiuti nel difficile periodo dell’anteguerra, costituì un’importantissima rassegna di studi storici regionali per serietà, costanza di propositi e cospicui risultati raggiunti.
Il Palumbo seppe radunare intorno alla sua rivista i migliori studiosi tanto da farne per molti anni il centro propulsore di autorevoli studi storici salentini. Tra i maggiori collaboratori non mancarono, oltre al direttore, Pietro Marti, F. Bacile, Luigi e Pasquale Maggiulli, Amilcare Foscarini, Cosimo De Giorgi, N. Bernardini, Umberto Congedo, il can. Francesco D’Elia, Salvatore Panareo, Baldassarre Terribile, Giovanni e Ferruccio Guerrieri, Giuseppe Blandamura,, Giovanni Antonucci, Nicola Argentina, G. F. Tanzi, Rodolfo Francioso, Giuseppe Petraglione, V. De Fabrizio, M.A. Micalella, P. Coco, C. Massa, F. D’Elia, T. Nutricati, E. Pedìo, A. Perotti, F. Ribezzo, G. Ceci,, F. Barberio,L. Bianchi,. P. Camassa, G. Della Noce. V.D. Palumbo, G. Porzio, A. Anglani, ecc.
Il Vacca notava che questa rivista era la più ricordata e la più ricercata dai collezionisti, lettori e studiosi. La sua collezione completa, che per fortuna è presente nella Biblioteca provinciale, è quotatissima, anche perché ormai introvabile.
Altra interessante collaborazione di Marti fu quella che egli fornì al foglio Arco di Prato, che cominciò le sue pubblicazioni a Lecce nel 1928. Esso vedeva la luce una volta l’anno, la sera del Veglione della Stampa, quando veniva presentato al pubblico leccese. Tra i principali redattori dei primi anni vi furono Ernesto Alvino, Nicola Vacca e Mario Bernardini. Spesso non fece mancare la sua collaborazione anche Pietro Marti, Memorabili, tra le caricature che non mancavano quasi mai, quelle di Ernesto Alvino e Pippi Rossi.
Nel 1932 fu scritto in Almanacco Illustrato (Il Salento, 1932) il contributo non firmato, ma certamente fornito da Pietro Marti, dal titolo “Giornali e giornalisti di altri tempi: nel decennio del trasformismo”. Nella nota giornalistica si faceva un quadro del decennio trasformista nella provincia di Lecce e soprattutto, ed è ciò che depone in favore della sua paternità, l’apologia del giornale “La Democrazia”, che il giornalista salentino aveva diretto.
Questa, dunque, la serie completa, forse, dei fogli, delle riviste e dei periodici che videro Pietro Marti, accanto ad altri prestigiosi intellettuali salentini, misurarsi con la nobile arte del giornalismo, fatto di serietà e di passione, con le quali egli illuminò non poco il panorama culturale della sua Lecce e dell’intera Puglia, con tracce significative da lui lasciate anche in altre città della Penisola, come a Comacchio, dove egli aveva soggiornato e scritto, sempre con l’intento di recuperare e riproporre il patrimonio storico-artistico delle nostre genti.
Testo pubblicato in: “Note di storia e Cultura Salentina”, Lecce, Grifo Ed., a. XX (2012-2011), pp. 227-234.