di Rocco Boccadamo
Caro Gesù Bambino,
in questi tempi di computer, posta elettronica, messaggini, video conversazioni, iPad, iPhone e chi più ne ha più ne metta, uno scolaretto che ha superato la boa dei settanta avverte il bisogno di mandarti, alla vecchia maniera, due righe di sfogo e di petizione.
Mi rendo conto che, alla presenza di un destinatario speciale che già sa tutto, cioè a dire conosce perfettamente i pensieri, le riflessioni più profonde, le ansie e le angosce piccole e grandi d’ogni essere, la mia iniziativa rischia di apparire ovvia e superata già nella sua maturazione, pur tuttavia, amato Bambinello, permettimi egualmente di snocciolarla e, pur nella sua pochezza, di manifestarla sino in fondo, per me stesso e, idealmente, anche per gli altri umani.
Nella classe di cui faccio parte siamo, purtroppo, più alunni discoli che bravi ragazzi, il tuo registro è intensamente costellato di voti negativi e di note di biasimo. Nondimeno, è strano che sia un allievo a voler sollecitare il maestro a intervenire, ma, purtroppo, non se ne può più.
Per la verità, mi sembra quasi di svolgere a ruota libera un tema senza traccia, in cui devono trovare posto, sottoforma di confessioni, una gamma di consapevolezze dai contorni negativi e pesanti, anzi molto pesanti e, perciò, non oltre sostenibili.
La preghiera che ti rivolgo, Gesù, è di ascoltare queste litanie di “mea culpa” e istanze di intervento e di avvalorarle, interponendo quindi i tuoi migliori uffici, affinché, da parte della Superiorità che può senza alcun limite, se ne tenga conto e si dia seguito nel migliore dei modi.
Come ti è stato dato di registrare, nella piccola e povera Italia vanno da lungo tempo inanellandosi tante discussioni e polemiche, spesso divampanti, in tema di “fine vita”.
Coinvolgendoti in questa specifica faccenda, mi sento oltremodo minuscolo e pure un po’ allibito: difatti, già due millenni addietro, proprio il caso del tuo trapasso sul Golgota è emerso come emblema e sintesi della problematica in questione, allora senza squilli di tromboni né scontri dialettici, ma semplicemente con il sommesso lamento delle pie donne e il riconoscimento finale degli stessi pretoriani di guardia ai piedi della Croce.
Fai, dunque, che – su questo punto – le menti ed i cuori di oggi, astraendo dalle razze e dalle bandiere politiche e ideologiche, arrivino a porsi sui giusti indirizzi e nella luce più chiara.
Ti sarà giunto, forse anche infastidendoti un tantino, l’eco delle sequenze a proposito del planetario crack o bolla finanziaria, consumatosi nell’ambito d’insospettabili istituzioni del settore, per mano di potenti faccendieri senza scrupoli e poi disseminato da intermediari certamente non disinteressati, alla fine riverberatosi con lo svuotamento delle casse degli Stati e delle stesse tasche di un esercito di utenti fiduciosi quanto, talvolta, sprovveduti, con vanificazione dei risparmi raggranellati con sacrificio, magari nel corso di un’intera vita.
Or bene, dinnanzi a tali fatti, caro Bambino, senza voler male ad alcuno, ma semplicemente per monito e richiamo, non credi che sia necessario qualche segnale? Perché non trasformare gli arroganti protagonisti di queste operazioni, dall’attuale condizione di grandi signori che non si fanno mancare nulla, e ai quali tutto è consentito, in innocui capri (sì, proprio i maschi delle capre) costretti a mantenersi nutrendosi esclusivamente dell’erba di teneri pascoli?
Che ne pensi poi dei numerosi dittatori, malvagi e profittatori, non solo quelli in testa alla classifica di tristissima fama, ma anche tutti gli altri, senza nome ma parimenti deleteri, che imperversano sulla faccia della terra? Pur nella mia miseria di scolaro discolo e quindi con meriti e credenziali carenti, vorrei auspicare che il Padre Eterno compisse il prodigio di convertire questi individui verso i lidi del buon vivere e delrispetto del prossimo, oppure, se la sua volontà non dovesse volgersi in quel modo, che i medesimi, così come si verificò secondo la parabola evangelica del ricco possidente accumulatore di beni e dovizie, venissero richiamati lassù.
Infine, diletto Pargolo, trascurando tanti altri affreschi stridenti e/o scrostati dello scenario contemporaneo, lascia che io deponga sotto la tua culla il più vasto e grave problema di oggi, per la gente su scala planetaria: la fame e la povertà. Qui davvero non si può andare avanti, con gli attuali sistemi e le isolate seppur lodevoli iniziative di carità ed assistenziali non ce ne usciamo. Ogni giorno si consumano milioni di autentici drammi: il Signore, infatti, dà generosamente il dono della vita a stuoli di creature, nei cui confronti, però, a motivo degli stenti e della miseria o addirittura per assoluta mancanza di cibo e di acqua, l’avventura esistenziale viene a chiudersi troppo presto e tristemente.
Mi pare che, allo stato delle cose, a meno che dall’alto non si voglia disporre miracolosamente e in modo incontrovertibile l’equa distribuzione,sul globo, delle risorse necessarie, permettendo che ciascun individuo possa accedervi e disporne liberamente, solamente un’iniziativa serva a modificare l’attuale standing di discriminazione e di ingiustizia sociale.
Il Padre – come era solito fare in talune occasioni agli albori della creazione – si manifesti con il suo volto corrucciato, ma nello stesso tempo premuroso, alla vista di tutti gli esseri viventi, affacciandosi, ad esempio, dal cerchio di una luna piena sullo sfondo dell’azzurro del cielo, e ammonisca tutti coloro i quali posseggono mezzi oltre il necessario, nessuno escluso, a condividere categoricamente le sostanze con i fratelli che ne sono privi, ponendo così fine alla fame, alla sete e alla miseria.
Io credo che un invito del genere troverebbe molto ascolto e avrebbe un seguito ed effetti positivi più concreti rispetto a qualunque serie, di umana ispirazione, anche se ripetuta e consistente, di iniziative e promozioni caritatevoli a favore del prossimo.
Scusami, Gesù, se oso raggiungerti con un fardello di istanze abbastanza pesante. Ma so di mettermi in buone mani.
Ti auguro di non patire troppo il freddo nella capanna dove, fra giorni, attendo ancora una volta il tuo arrivo.