di Ermanno Inguscio
L’intero corpus della cinquantina di brani riportati nel volume, frutto di abile scrittura piegata sempre a fissare emozioni, ricordi e riflessioni personali, ridisegna una scansione temporale, quella di un anno, cara alla sensibilità dell’autore, Rocco Boccadamo, secondo cui l’unicità dell’esperienza umana, a fronte dell’eternità del cosmo, travalica proprio con la brevità della vita, lo stesso infinitamente grande. E, forse, sembra affermare l’autore, svetta, sull’accostamento tra infinitamente piccolo e infinitamente grande, la potenza dell’intelligenza umana, per ciò che ha saputo costruire nei secoli, e tuttavia, anche distruggere con la guerra, i genocidi e il pericolo del dissolvimento degli equilibri planetari.
Il brano “Una matinée al Santalucia”, individuato da Boccadamo come titolo dell’intera raccolta, assurge emblematicamente a sintesi del suo messaggio scrittorio: l’amore riproposto come motore della vita, la genuinità dei valori di un tempo (tra cui la “complicità” trans generazionale), l’importanza della vita di relazione, il peso degli affetti familiari, la determinazione e la costanza nell’impegno dello studio e del lavoro, l’amore per la propria terra natale, il Salento.
L’ultimo nucleo narrativo dell’opera, che forse è il primo, è costituito dalla descrizione di emozioni vissute nel Salento: una terra magica, un “tacco” tra due mari, il fascinoso Ionio e l’affollato Adriatico. E’ la sua terra natale, con i suoi miti e le sue tradizioni, la sua particolare luce, il suo vivido cielo, i suoi olivi, connotazioni tanto decantate, col lapis sul suo immancabile taccuino, dallo stesso Gabriele D’Annunzio. E sotto i riflettori, sono proprio i centri abitati, già cantati dal poeta Bodini, come Marittima, Castro, Santa Cesarea Terme, Otranto e persino la piccola Torrepaduli, dove il furore ferragostano della danza scherma (nota come “ballo di San Rocco”) fa convenire migliaia di turisti – pellegrini a danzare per una intera notte, il 15 agosto, al ritmo folle di tamburelli e armonica a bocca. E poi lo stupore di fronte ai grandi flussi turistici verso le città d’arte come la regina del barocco, Lecce, e verso i tesori artistici degli edifici sacri di tanti grossi centri, come Gallipoli, Nardò, Maglie, Tricase, Galatina. Per non parlare dello splendore delle marine salentine, sullo Ionio e sull’Adriatico, insignite spesso da autorevoli riconoscimenti in ordine al rispetto dell’ambiente, della flora e della fauna del territorio. Se, dunque, l’autore ha riportato ben ventinove interventi, su cinquantuno dell’intero corpus scrittorio del volume, sul tema del Salento, deve esserci più di una ragione. La prima: i centri di Marittima e di Castro Marina, l’abbiamo osservato in altre occasioni, sono i due poli affettivi del primo “luogo dell’anima” di Boccadamo. Un autentico topos della scrittura di questo ex dirigente bancario, oggi felicemente prestato al giornalismo, la cui verve creativa gli ha permesso di recente, di cominciare ad inanellare qualche prestigioso riconoscimento nel non facile ambito della comunicazione, giustappunto, giornalistica. La seconda: l’amore per la sua terra, il Salento, archetipo mitico di una esperienza umana, accesa con il mistero della nascita, ingigantita da una quarantennale assenza con il girovagare per la Penisola, per motivi d’ordine professionale, e ripresa nell’attuale fase della sua vita, in ambito scrittorio. A tal proposito, infatti, a partire dal 2008, nella 1^ manifestazione “Castro – Estate”, Boccadamo è stato insignito del Premio Cultura de “Il Giglio d’Oro”, per avere redatto pagine appassionate per la sua Castro, la perla dell’Adriatico meridionale. Riconoscimento che non è l’ultimo e, in verità, l’autore dovrà cominciare ad abituarsi, visto il recente premio riconosciutogli dal Gruppo editoriale de “L’Espresso”, nella Edizione 2013 dei “Racconti di agosto”: con il racconto “Quell’indimenticabile spettacolo audace nella controra”. Boccadamo ha avuto ancora un prestigioso riconoscimento di qualità in ordine alla sua intensa attività pubblicistica su “Affari Italiani”, il più grande giornale italiano on line. Una terza ragione, per spiegare l’onnipresenza tematica del Salento, nelle pubblicazioni di Rocco Boccadamo, è costituita dalla riflessione, fatta con sapiente modalità affabulatoria tra l’onirico e il fantastico, su una serie di “siti” terrestri e marini, in un Salento, posto a cavallo di due trati di mare che da sempre ispirano, in vario modo, la sete del racconto dell’autore. L’Ariacorte, l’ Acquaviva, il “palummaru”, il promontorio di Santa Maria de Finibus Terrae, il Pizzo Mucurune, le vestigia dell’antico casale Ciddrini, la litoranea Santa Cesarea-Castro-Andrano-Tricase-Ciolo, assumono una valenza quasi antropomorfica e catartica d’interpretazione del mondo. Sono siti dove la fantasia dell’autore, in ogni angolo di scogliera o di cielo, appare capace di riaccendere la frenesia della mitologia classica, pronta a far prendere corpo a miti come quello del vecchio guerriero Ulisse, a consuntivo del suo eterno peregrinare, in cerca della sua Itaca. Emozioni che l’autore sa rinverdire di persona ogni estate sull’Adriatico, con la vela della sua piccola barca “My three cats”, con il vento dell’ignoto a placarsi alla vista del promontorio di “Castrum Minervae”. Per non parlare dell’umile pescatore descritto a preparare il suo “conzu”, del vecchio suonatore d’organo, del contadino sudato nel rito della ientulatura, del venditore di nastrini colorati alla fiera di San Rocco di Torrepaduli, del venditore di tamburelli alla festa di San Pietro e Paolo di Galatina, della venditrice di noci, delle raccoglitrici di tabacco o di olive, dell’ultimo impagliatore di sedie o del raccoglitore di giunchi di Lido Marini (marine di Ugento): tutti personaggi, come l’abbraccio dei due ragazzi, effigiati da Colella in copertina, all’ingresso del cinema leccese Santalucia, presenti nella memoria dell’autore, rivisitati con la lente della pacata maturità al di là del tempo e dello spazio, ormai ingigantiti nel ricordo e nella consapevolezza dell’inesorabile fluire delle stagioni della vita.
L’illustrazione, in prima di copertina, dell’artista leccese Carlo Colella assolve alla sua funzione didascalica, non in senso deteriore, mettendo subito in relazione la curiosità del lettore con il nucleo contenutistico della nuova fatica editoriale di Rocco Boccadamo. L’abbraccio della giovane coppia, ritratta di fronte al proscenio dello storico cineteatro leccese, il Santalucia appunto, gremito di spettatori, occupa cromaticamente il primo piano dell’illustrazione, vivificata, nell’intento pittorico di Colella, dalla folla assetata di spettacolo e di relax. E però quell’immagine della passata giovinezza, una mattinata di effusioni rubata all’impegno scolastico, non si chiude nello sterile ricordo della trascorsa gioventù, ma riprende vigore nell’animo dell’autore per riscoprire il mondo con animo nuovo.