Luigi Paolo Pati
Le prime testimonianze della presenza umana, stabilitasi a Riesci in agro di Arnesano (Lecce), vennero rinvenute in un’area compresa tra Carmiano, Monteroni, Lecce e la stazione di Surbo, già Collezione De Simone, custodita nella Casa Museo di villa S. Antonio in Arnesano, questa ricca e importante raccolta di oggetti litici di età neolitica, ora è al Museo Provinciale di Lecce ( Nicolucci 1879, Jatta 1914, De Giorgi 1922).
In prossimità di Arnesano (contrada Li Tufi) furono rilevate tracce di un insediamento dell’età del Bronzo ( Delle Ponti 1968).
Tutto il materiale litico e i frammenti di terracotta, rinvenuti a Riesci, compresi quelli che nel novembre del 1985 sono stati recuperati dal Soprintendente P. Ciongoli e conservati nelle cantine del Castello CarloV di Lecce, oltre ai fondi di capanne con intorno i fori dei pali le vasche di raccolta dell’acqua o buchi di libagione, le fosse di combustione, alcuni tratti di muro megalitico e un articolato sistema viario, costituiscono i resti del Villaggio Neolitico di Riesci (L.P.Pati 1986 e 2006).
La testimonianza più nota, ampiamente trattata in letteratura, è la sepoltura a grotticella artificiale scoperta nel 1968, completa di corredo, conservato nel Museo Nazionale di Taranto, costituito da tre vasi “tipo Diana” e un idoletto in pietra antropomorfo. Il corredo funerario, in un primo momento, aveva indotto a credere che fosse il prodotto del neolitico finale, 2400 a.C. (F.G. Lo Porto 1972), ma, il rinvenimento di una tomba nel 2001 a Carpignano Salentino (Lecce), datata alla metà del V millennio a.C., del tutto simile a quella di Arnesano (E. Ingravallo, I. Tiberi 2007), sulla quale si è potuto indagare con una diversa metodologia, riporta l’ effettiva datazione della sepoltura indietro di qualche millennio e riapre il dibattito sull’età dell’insediamento di Riesci.
Le basi del villaggio fondano a 20 m sopra il livello del mare, su un pianoro calvo di tufo che è, il “relitto geologico” della porzione di mare intrappolato all’interno del naturale anfiteatro nella Valle della Cupa, in fase di emersione dell’ultima attività tettonica che ha interessato la penisola salentina.
L’area in oggetto, di forma ellittica, è un bacino endoreico, senza deflusso a mare, definito dalla isoipsa dei 45 m s.l.m., compreso dai due distinti sistemi orografici delle serre, del nord e del sud Salento, si infossa a 16 mt s.l.m. con recapito finale nell’impluvio naturale di fondovalle, contrada Materdomini, dove defluiscono le acque meteoriche. Nei millenni conseguenti all’ultima glaciazione, si è alluvionato uno strato di terreno fertile e ricco di elementi vegetali (terra cupa).
Come un’isola illuminata a cielo aperto nella foresta primigenia, questa porzione di territorio iniziò ad allargarsi a causa della deforestazione, attuata per acquisire terreni da coltivare e per il pascolo, ma anche per reperire legna da ardere o da utilizzare per la costruzione di capanne (P. Laureano 1993).
Questo contesto paesaggistico, deve essere stato ottimale alle esigenze della comunità che scelse di occupare quest’area, centrale all’interno della penisola, a qualche ora di cammino dal mare, circondata da una foresta ricca di selvaggina e da un fertile terreno adatto a una agricoltura non irrigua, quale era quella originaria; abbondavano verdure selvatiche in tutte le stagione e risorse naturali di ogni tipo.
Dal villaggio parte a raggiera un reticolo di vie di comunicazione, anche quelle preesistenti all’insediamento che sono state le correnti di penetrazione dell’intera penisola, come la strada cardinale vecchia Carmiano, transito orientato est-ovest da mare a mare e la strada maestra, allineata ai menhir di S. Donato, Lequile, Novoli e Campi Salentina, longitudinale al bacino della Cupa, che lo attraversa da sud-est a nord-ovest; a margine di questa fu rinvenuta una gora ossifera con resti di fauna del quaternario (U. Botti 1901), tra cui una zanna fossile di elephas antiquus (mammut), ambita preda dell’ uomo del paleolitico.
Queste due strade, con quella che porta da un verso a Surbo e dall’altro a Copertino, racchiudono in un triangolo l’area archeologica di Riesci.
A Surbo e a Copertino sono stati rinvenuti due “ripostigli di asce” del Bronzo (D. Novembre 1971).
Una strada, ancora in gran parte esistente, collegava il villaggio neolitico di Riesci con l’abitato dell’età del bronzo di Cavallino, a metà di essa, in epoca messapica si sviluppò la città di Rudiae, praticamente sono distribuite in 10 km le più significative presenze preromane della valle della Cupa.
Dalle tesi esposte e dalla consultazione della bibliografia elencata nello studio di G. Neglia del 1970, Il fenomeno delle cinte di specchie della penisola salentina, sono individuabili su base toponomastica dieci specchie, ubicate lungo le vie di comunicazione che a 360° si diramano dal villaggio.
Le specchie, monumentali ammassi di pietre sotto forma di cumulo, “celebri e misteriose” sono una peculiare testimonianza del Salento antico.
Quelle che costituiscono la cinta intorno all’insediamento di Riesci, costruite a corona del territorio sottratto alla foresta, a comunicarne il possesso, sono, partendo dalla specchia posta a nord, di seguito elencate in senso antiorario con indicata in metri la quota altimetrica sul livello del mare e in chilometri la distanza approssimativa dal villaggio. Risultano visivamente collegate tra loro.
- specchia di Trepuzzi, m 48 s.l.m., km 6,500 ;
- specchia di S. Croce a Campi, m 32 s.l.m., km 6,750;
- specchia di Carmiano, m 37 s.l.m., km 6,250;
- specchia del Saetta a Monteroni, m 36 s.l.m., km 5,250;
- specchia di Vittorio a Lequile, m 50 s.l.m., km 8,250;
- specchia di S. Donato, m 82 s.l.m., km 11,500;
- specchia di Ussano, m 87 s.l.m., km 10,750 ;
- specchione di Cavallino, m 46 s.l.m., km 9,250;
- specchia de Lauris a Lecce;
- specchia de Tremititis a Surbo;
di queste due ultime è incerta la loro localizzazione ( C. De Giorgi).
Caro Paolo,strimpello da poco su questo “infernale aggeggio”…ti lascio poi immaginare quanto son lontano dall’uso-ma è certo l’intrigo della ricerca e l’apprezzamento per il territorio,specialmente il nostro ,che ci saggia e compatta nell’azione storica,con grato animo -tuo peppino martina.