di Armando Polito
Questa volta sono stato costretto a non tradurre già nel titolo il nesso dialettale che vi è presente, nonostante, come si vedrà, ne esista in italiano l’esatto corrispondente. Frulu, però, come spesso succede, ha una gamma semantica più estesa e, quindi, avrei dovuto usare più parole italiane per tradurne una dialettale, col risultato di ottenere un titolo, se non incomprensibile, quanto meno strano (come se già non lo fosse …).
Frulu è il bambino vivace, irrequito, con riferimento anche alla rapidità con cui compie le sue marachelle. La voce corrispondente italiana è frùgolo ma è più usato frugoletto, che ne è il diminutivo, anche se, qualche etimologo alla Nino Frassica direbbe che si chiama così perché mette sottosopra il letto …
Naturalmente il letto non c’entra per niente, ma mettere sotto sopra sì. Frùgolo, infatti, deriva da frugolare, verbo riferito soprattutto al maiale che rovista, fruga con il muso tra la terra. Frugolare è intensivo di frugare (come, per esempio, mescolare da mescere), che a sua volta è da un latino *furicare, forma intensiva del classico furari=rubare, che è da fur=ladro. Da notare come nel passaggio da fur a frugolo l’iniziale carica, per così dire, delinquenziale della voce originaria e quella animalesca di frugolare hanno subito un drastico calo, anche se l’eco semantica della prima rimane in altre voci usate per il bambino vivace come, per esempio, brigante.
Frulu perciò sembrerebbe derivare da un *frùgulu che ha subito la sincope della sillaba atona.
Frulu, però, nel dialetto neretino è anche il nome di un tipo di fuoco d’artificio, quello che in italiano comunemente è chiamato stellina scintillante, stellina magica o candela magica. Nessun motivo, dunque, né di carattere fonetico né semantico ci impedirebbe di appellarci ad un unico etimo.
Che il problema sia tutt’altro che risolto con la condanna del porco ce lo rivela (colpo di scena processuale!) lo studio delle varianti di frulu nel suo significato pirotecnico, che riporto cumulativamente dal vocabolario del Rohlfs al lemma fùrgulu: fùrjele, fùrjulu, frùvulu, frùvele, tutte col significato di razzo dei fuochi artificiali e considerate dallo studioso tedesco come forme dialettali dell’italiano fòlgore.
Alla luce di quanto appena riportato, allora, il nostro frulu potrebbe essere, sempre per sincope della sillaba atona, dalla variante frùvulu. L’ulteriore passaggio che mi spinge a sposare questa ipotesi etimologica è che sarebbe strano che un *frùgulu avesse dato per la sua straripante vivacità il nome ad un tipo di fuoco per quanto artificiale, nonostante quest’ultimo sia stato certamente inventato dopo che il bambino da millenni continuava a sfogare la sua vivacità. La folgore, poi, è più antica di entrambi e si candida certamente come ascendente tanto del frulu/bambino vivace, quanto del frulu/fuoco pirotecnico; così non mi pare difficile individuare il suo grado di parentela in quello di padre del frulu/fuoco pirotecnico e di nonno del frulu/bambino. Mi pare irrilevante, infine, e dovuta a pura coincidenza la valenza onomatopeica della sillaba iniziale (fru-) che ricorda lo sfrigolio caratteristico del frulu.
Insomma, essendo state rispettate le condizioni fonetiche, semantiche e logiche, concludo dicendo che il corrispondente italiano di frulu non è frugolo ma folgore. E, in nome di tutti coloro che condividono, dichiaro assolto il povero porco per non aver commesso il fatto. A meno che qualche comunista non chieda la revisione del processo …
IL nostro piemontese “frolor” che è l’italiano “mattarello” pensi che possa avere la stessa derivazione, o no. Grazie se mi sciogli il dilemma
Sergio
Caro Sergio, il tuo “mattarello” rende obbligatorie alcune considerazioni preliminari: se esso è variante di “matterello” (l’arnese da cucina) non vedo nessun rapporto semantico con “frolor”; lo stesso se dovesse riferirsi al nome regionale di un pesce (una specie di cefalo) che deriva da mattero (una specie di giavellotto con punta piuttosto larga e corta), voce di origine gallica. Se, invece, come credo, “mattarello” è da “matto” (sul modello di “pazzo”>”pazzarello” o “pazzerello”), sul piano semantico, insieme con quello fonetico, nulla si opporrebbe ad una derivazione di “frolor” da “folgore” (e, quindi, ad un suo gemellaggio con “frulu”); anche perché (direbbe il senatore Razzi …) altre voci piemontesi parzialmente (e sottolineo “parzialmente”) vicine da un punto di vista fonetico (frol=frolle, frolun=fragolone, frolera=coltivazione di fragole, frolada =fragolata) si autoescludono per motivi semantici.
Il precedente condizionale è dovuto al fatto che tutto il ragionamento fatto prima rimane valido solo sul piano teorico, perché su quello pratico credo che risolva tutto ciò che al lemma “frolor” leggo nel dizionario piemontese di Vittorio di Sant’Albino (http://books.google.it/books?id=Y3QxAQAAMAAJ&printsec=frontcover&dq=dizionario+piemontese-italiano&hl=it&sa=X&ei=UUKcUpSyFaqG0AWOg4G4Bw&ved=0CDUQ6AEwAA#v=onepage&q=frolor&f=false): “frullino. Piccolo strumento di legno per frullare la cioccolata”. La definizione contiene in sé i concetti di “piccolo” e “vivace” tipici del bambino. Lo stesso non può valere per il neretino “frulu” perché le altre varianti salentine citate nel post rimandano inequivocabilmente a “folgore”.
Un gemellaggio mancato, dunque, ma ci rifaremo …