di Rocco Boccadamo
Anche per quest’anno è fatta! Sulla parola “fine”, si stampa, al solito, l’auspicio che fanghi e massaggi, uniti al non far niente per tredici giorni, si rivelino forieri di benefici, almeno nel senso di lasciar meglio scivolare, sul fronte dell’agibilità fisica, le ineluttabili insidie dell’inverno.
Nella nuova struttura ricettiva alle terme, m’imbatto ancora e per l’ultima volta in una figura che è stata familiare durante il ciclo delle cure, un’anziana e distinta signora sempre presente, a vigilare e sovrintendere qua e là con gli occhi dell’esperienza, nella sua qualità di consorte, da un po’ rimasta vedova, del fondatore dell’azienda. Mi confida di avere quasi ottantotto anni e, da parte mia, non posso fare a meno di complimentarmi per il suo spirito attivo e, soprattutto, per l’evidente lucidità d’azione e di comportamento.
Non è facile essere imprenditori, adesso, si tratta di un cammino oltremodo complesso, tuttavia, poggiando l’esercizio di tale attività su serie e sane basi fondamentali, si ottiene già un indicativo vantaggio, specie facendo miscela con le tecniche e le conoscenze più moderne e aggiornate.
Sfilando accanto a un altro quasi contermine hotel a quattro stelle, a guisa di fortuito segnale di cambiamento diffuso e inarrestabile, incrocio una giovane donna, verosimilmente la titolare, nell’atto di uscire dal cancello del relativo annesso parco: è al volante di un grosso fuoristrada, anche lei, almeno all’apparenza, con il volto di persona abituata a lavorare e a stare sul campo.
All’inizio del viaggio di ritorno verso il Salento, in attesa nella stazione ferroviaria, scorgo un nutrito gruppo, oltre trenta ragazzi e ragazze, di scouts, i quali, nelle loro classiche divise contraddistinte, fra l’altro, da gonne o pantaloncini al ginocchio e calzettoni, sono diretti a un raduno in una località della zona, dove, apprendo, si prevedono anche lunghe scarpinate, con trattamento modello confort limitato al riscaldamento del fabbricato in cui dormiranno nei rispettivi sacchi a pelo.
Tra un capo reparto, il suo vice, guide, lupetti e coccinelle, non c’è che dire, una serie di leve in via di sviluppo, che, nella continuità di un tradizionale sodalizio associativo, vanno crescendo in direzione dell’età adulta accompagnati dai presupposti per una positiva riuscita.
Nel vagone del treno, quanti immigrati dalle provenienze più svariate, quante altalene di lingue s’incrociano e diffondono senza scontrarsi!
In aeroporto, invece, dinanzi al gate, in fila per l’imbarco, all’improvviso mi sento indicare da una giovane donna, con bimbo piccolissimo nel marsupio, con le parole “ma lei è di Marittima!” (il mio paese natio), la guardo, non riconoscendola le chiedo chi sia, in realtà è la nipote di un mio amico, conosciuta anni addietro ancora universitaria, ora esercita la professione d’avvocato a Reggio Emilia, da due mesi è mamma di quella bimbetta, Matilde, che vola per la prima volta con meta il Basso Salento, per farsi conoscere dai familiari e parenti materni.
Sull’aereo, al posto accanto al mio, siede una bella ragazza originaria della Colombia ma adesso residente a Barcellona, pure lei diretta a Lecce, dove è attesa da qualcuno. Sicuramente, una storia del tutto diversa.
Pochi attimi, il jet riguadagna il rettilineo di cemento dell’Aeroporto del Salento, ed è il rientro a casa dalle cure termali 2013.