di Pier Paolo Tarsi
Abbassa la paletta e si avvicina al mio finestrino con una sicurezza da fare invidia a Chuck Norris, lei, la vigilessa. Si abbassa un po’ per guardarmi in viso e controllare che abbia messo le cinture, poggiandosi sul gomito, lei, la vigilessa. Mi chiede i documenti, dopo una ventina di minuti li trovo. Lei nell’attesa è impassibile, la vigilessa, come Ken della scuola di Hokuto in mezzo alla battaglia. Prende i documenti e si allontana per scrutarli con due sopracciglia spietate, all’ombra delle quali ti chiedi da quanti anni non paghi il bollo, da quanti non fai una revisione e altre cose più o meno inquietanti. Con un avanzare tosto come Yosemite Sam, lei, la vigilessa, si riavvicina e mi rivolge la parola. “Dovrei farle la multa, lo sa?”. “Perchèaueue?”, biascico liquido e stremato io. “Perché ha l’assicurazione esposta sul lunetto laterale, è obbligatorio metterla sul parabrezza anteriore”. “Ah. Non lo sapevoueo, mi scusieoue, rimedieròueo”. “Per questa volta la lascio andare”! “Oh, grazieuoe, molto gentiueleo”. Il tempo di rimettere in ordine tutte le carte che avevo tirato fuori alla ricerca del libretto (ossia certificati di battesimi, scontrini, bollette di quella che fu la SIP, biglietti promozinali del circo Orfei per lo spettacolo di Natale scorso e altre cose indicibili), il tempo di rimettere la cintura, rimettere in moto…e vedo lei, la vigilessa, ripartire in auto col suo collega alla guida. Entrambi senza cinture, si immettono in strada senza segnalare con la “freccia”. Hai capitoeauo?