di Armando Polito
Cosa non si è fatto, non si fa e non si farà pur di far colpo su una persona che sia oggetto, per i motivi più disparati, del nostro interesse! Così il politico promette mari e monti (anzi, autostrade, viadotti e gallerie, oltre all’immancabile riduzione delle tasse) e l’innamorato fedeltà eterna e una dolcezza che se fosse veramente mantenuta nel tempo farebbe morire di diabete il partner …
Ma, per restare nel tema dell’amore, pur di raggiungere il suo scopo, ognuno mostra il suo lato migliore. Non alludo al petto villoso del maschio di una volta (oggi glabro e serico come il culetto di un neonato) o alla maliziosa esibizione della caviglia delle ragazze di un tempo (oggi soppiantata dall’esibizione, quando essa raggiunge il massimo della pudicizia, del cosiddetto lato B, frutto, il più delle volte, di un accanimento estetico precoce), anche se gli altri animali (ma l’uomo resta il peggiore a causa del suo allontanamento dall’ordine naturale delle cose) hanno comportamenti più o meno (più meno che più …) assimilabili. Credo, però, che la finzione morale sia infinitamente più grave di quella fisica (pur se quest’ultima, in realtà, spesso tradisce la prima), anche se nell’amore autentico (sempre finchè dura …) ognuno sinceramente tenta di offrire il meglio della sua psiche, salvo poi giungere anche all’omicidio quando non è più corrisposto.
Certo, in questi ultimi tempi si assiste da un lato al fenomeno di un numero sempre meno cospicuo di donne che tentano il suicidio da una parte e di uomini che perseguitano e, addirittura, ammazzano la ex dall’altra. Ecco, allora, che, dopo la giusta cancellazione del delitto d’onore, si pensa di poter risolvere il tutto con un provvedimento che mi sembra fare il pari con le quote rosa: ci si inventa un nuovo reato, cioè il femminicidio, che potrebbe pure starmi bene se non ci fosse già l’omicidio. Lo dico per un motivo pratico: se dovesse aumentare il numero di donne che fanno fuori l’ex partner, verrà cancellato il femminicidio oppure omicidio assumerà il significato ristretto di uccisione di una persona di sesso maschile? Non bastava applicare (ma applicare veramente …) le aggravanti già previste per l’omicidio per motivi abietti (o, forse, ammazzare il marito è meno grave che ammazzare la moglie?). Che imbecille che sono, io che faccio esibizione di scienza (?) etimologica! Omicidio deriva da hominem=uomo+caedere=fare a pezzi. E allora, che voglio se, per eliminare il maschilismo insito in questo vocabolo, ci si è inventati il femminicidio? Sì, però, i guai cominceranno quando si dovrà dare il nome all’uccisione di un(‘) omosessuale perché si dovrà inventare la parola omocidio (dal greco omos=uguale e –cidio dal già visto caedere) e non sarà certo una i invece di una o a scongiurare dopo la confusione dei sessi anche quella delle parole. Sul tema, poi, mi pare traballante anche omofobia [=paura dell’omo(sessuale)] perché, secondo me, avere paura di qualcosa o di qualcuno non è un reato, ma diventa qualcosa di estremamente pericoloso quando la paura si trasforma in odio che, pure esso, non è ancora un reato ma ne costituisce il prodromo quando sfocia nella violenza di ogni tipo, compresa anche quella estrema. E allora, anziché omofobia, perché non si usa nel frattempo misomia [odio dell’omo(sessuale)] sul modello di misogenia (odio della donna)? Se la legge è incoerente già nelle parole che la compongono ci meravigliamo poi che la sua applicazione, dovendo pagare il tributo alle interpretazioni autentiche e non, ai riferimenti al suo spirito (già si da per scontato che il legislatore sia ubriaco? …), diventi un rebus che nessuno riesce a risolvere? E noi saremmo la patria del diritto!
Meglio lasciare le divagazioni e tornare a bomba. Come i comportamenti amorosi seguono modelli atavici, lo stesso avviene per la loro espressione più o meno artistica; così il topos, cioè il luogo comune, è l’ingrediente della poesia d’amore di ogni tempo, Consideriamo, per esempio, l’adýnaton (parola greca che alla lettera significa cosa impossibile): se in passato si scomodavano immagini del tipo vedrai gli uccelli nuotare tra i flutti e i pesci volare nell’aria prima che il mio amore per te abbia fine, oggi potrei dire vedrai un politico dare prova di intelligenza o di onestà prima che il mio amore per te abbia fine.
Un altro topos (concettualmente parente dell’adýnaton per il suo carattere di impossibilità) è quello introdotto di solito dalla locuzione vorrei essere, in dialetto neretino ulia bbessu o ulia cu bbessu. Proporrò oggi alcuni esempi tratti da una raccolta che ho già utilizzato altre volte (Antonio Casetti e Vittorio Imbriani, Canti popolari delle provincie meridionali, v.II, che, a sua volta, fa parte del secondo volume della collana Canti e racconti del popolo italiano, a cura di D. Comparetti e A. D’Ancona, Loescher, Roma, Torino, Firenze, 1871, pp. 125, 126, 132, 187 e 271) aggiungendovi di mio solo la trascrizione in italiano e qualche nota.1
L’ultimo dei tre componimenti che costituiscono questo primo gruppo è un inno all’amore materno imperniato sulla differenza tra l’anonimo e ipotetico ci=chi e ca=che (congiunzione dichiarativa che con l’indicativo indica certezza).
L’immagine del vascello può sembrare piuttosto artificiosa ma serve per introdurre l’altra del mare di lacrime e del finale altri mari.
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1 Un’integrazione sul tema, ma con riferimento alla poesia dialettale “colta”, è in https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/07/08/ulia-bessu-vorrei-essere/
2 Sul topos del vorrei essere … s’innesta qui l’altro, antichissimo, del paraclausýthuron, per il quale vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/09/21/il-paraclausithyron-di-nardo/
3 Una nota nella raccolta (pag. 125) considera farcone sinonimo di balcone, senza altro dire. Non so come quest’ultimo possa collegarsi a calamita (sempre che il canto sia stato raccolto correttamente) se non pensando, in modo piuttosto contorto, che il balcone simboleggi l’innamorato i cui sguardi sono attratti da lei al balcone affacciata. Nel dialetto neretino farcone (variante di varcone, accrescitivo dell’italiano varco) è sinonimo di finestrella e nemmeno con questa ci sarebbe un collegamento se non pensando alla riservatezza (allora obbligatoria, anche se non sentita …) di lei che si sottrae, chiudendo la finestra con un meccanismo a calamita, agli sguardi di lui. Ho preferito la prima interpretazione che, perciò, ho registrato in traduzione.
4 Diminutivo deformato del latino càtula=cagnolina, a sua volta diminutivo di canis=cane, cagna.
5 Trapassare da un altro mondo (cioè tornare a vivere …) fa quasi il paio con vorrei morire e non vorrei la morte.
6 Probabilmente l’innamorata era una tessitrice, attività in passato quasi obbligatoria per le ragazze.
7 Vedi nota 1.
Finalmente Armando, stavo per riscriverti, ma sei rispuntato, meno male, sentivo molto la tua mancanza…la ripartenza con l’amore…bene bene, così va bene
Non credo, caro Sergio, di essere mancato, oltre a te, a molti e per questo il tuo messaggio mi è particolarmente gradito. Dopo aver fatto un passo indietro per motivi che forse un giorno renderò pubblici non mi sono accontentato di tanta originalità (con i tempi che corrono non è poco …) e, per essere ancor più originale, sistemata una questione rimasta in sospeso, ho deciso non solo di rioccupare la posizione ma, addirittura, di sopravanzarla facendo cinque passi in avanti. Son tornato, in fondo, a far parte di una grande e bella famiglia dalla quale mi ero allontanato momentaneamente e di mia volontà per una battaglia culturale che non poteva avere come palcoscenico questo sito col rischio di essere accusato di voler monopolizzare l’attenzione altrui su di me e di annoiare i tanti lettori seri che lo frequentano. E il mio avversario, anzi la mia avversaria, non lo era e, purtroppo per lei, non lo sarà mai.