di Livio Romano
Uno sgomento mi ha preso sfogliando il libro di letteratura del quarto ginnasio di mia figlia. Professoresse all’ascolto, spiegatemi. E’ una scelta dell’insegnante questo studiare la roba per “aree d’interesse”, per argomenti, per mappe mygod concettuali? Oppure si fa proprio così oggigiorno al liceo? Tipo, la fiaba. Un guazzabuglio che mette insieme i fratelli Grimm, Calvino, Esopo e chi più ne ha più ne metta. Poi si approda alla “crisi” passando per “il racconto realistico” e altre amenità che a me fanno orrore.
E io che credevo stesse studiando I Sepolcri, come si deve a ogni quattordicenne che intraprenda studi classici. Niente più seguire la storia della letteratura e della cultura? Solo queste “reti” di “narrazioni”? Sono sbigottito, sul serio.
Io so una cosa. Ok. Al liceo poi si studia tutto ben benino. Ma se nel primo biennio non avessi navigato dall’illuminismo al romanticismo al decadentismo al realismo all’avanguardia scoprendo via via Voltaire, Allan Poe, Wilde, Baudalaire, Mallarmè, Rimbaud, Joyce, Kafka, Mann, Zola, Flaubert, Ibsen, Beckett e tutto il resto DEL BEN DI DIO, be’ nessuno poi più me ne avrebbe parlato né, incontrandoli, io li avrei saputi collocare in un’epoca, uno spirito del tempo, un movimento, una filosofia.
Qualcosa (poca, pochissima roba) in letteratura inglese, ma nulla di più.