L’inno alla leccesità: Arcu te Pratu

Foto 6 Arco di Prato
Nel 1938 viene invece pubblicato l’inno alla leccesità: Arcu te Pratu (Corallo-Corallo). Il brano, scritto da Menotti Corallo e musicato dal fratello Gino, era cantato dal “Trio leccese”.
Sul finire degli anni Settanta fu Gino Ingrosso, col Gruppo Liscio del Salento (che annoverava nelle sue fila Annabella, Ciccio Perla e Luigi De Gaetano, in arte Ginone, recentemente scomparso) ad inciderlo come brano d’apertura dell’album “Le più belle canzoni leccesi”.
Il merito del maestro Ingrosso fu anche quello di scriverne la musica, dato che lo spartito originale non era disponibile. Fu anche cavallo di battaglia di Bruno Petrachi, grandissimo interprete della canzone leccese.
Queste ultime più recenti versioni, tuttavia, riprendevano tre o al massimo quattro delle undici strofe che originariamente costituivano Arcu te Pratu e che, nel complesso, forniscono un fresco e gustoso quadretto di una Lecce che, nei primi decenni del Novecento, doveva essere più viva di quanto si potrebbe immaginare.
Ecco dunque la descrizione dei caffé all’aperto, stracolmi di persone che discutono degli argomenti più vari e che “Cu lingua a serpente / Te tagghianu tutta la gente / E pe’ ogn’unu ca passa, / Ca trase o ca esse / Nna fila te cuerni ni tesse”; si parla anche dei costumi delle ragazze che sono “Tutte ngraziate / gentili, sapute, ngarbate” e delle loro madri che, pur di trovare un buon partito per la figlia, sono disposte a sopportare i numerosi corteggiatori.
E ancora, avanti, si evidenzia quel cambiamento radicale, dal punto di vista non solo sociale ma anche urbanistico, che il Capoluogo subiva “Cu tantu rreuetu / Palazzi menati / Patruni e nquilini sfrattati / Te iti surgere a bbuelu / Ddu menu te criti / Casedhe te tufi e pariti” e poi della “mezza colonna” posta fuori Porta Rudiae.
Ma Corallo canta anche dell’arguzia dei leccesi e della loro capacità di riuscire a prendere col sorriso anche le situazioni più gravi, come del caso di quel pover’uomo che, trovandosi senza soldi e con la casa sotto sequestro, pensò bene di sostituire la mobilia con dei blocchi di pietra, facendo rimanere a bocca aperta l’esattore.
(da http://sataterra.blogspot.it)
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