di Rocco Boccadamo
A suo tempo, prima di raggiungere i quaranta, sono riuscito, da studente lavoratore e capofamiglia, a conquistarmi anche una laurea.
Ciò, più che altro, per il bisogno di soddisfare una forte e irrequieta esigenza interiore, che mi prendeva da quando, ventenne o giù di lì, ero stato costretto a lasciare momentaneamente da parte la frequenza dell’università per dedicarmi al lavoro.
Tuttavia, devo precisare, con sincera obiettività, che non ho mai tenuto a ostentare e/o esibire il mio titolo accademico; anzi, provo un certo disagio e fastidio imbattendomi in talune persone che, al contrario, scrivono, ad esempio, la qualifica di dottore prima del nome del mittente in calce o in alto a una lettera, oppure lo declamano nel presentarsi, non solo al telefono ma anche e addirittura di persona.
E però, ieri mi è capitata un’occasione in cui mi è venuto spontaneo non provare avversione, ma riconoscere, al contrario, apprezzamento davanti all’esibizione pubblica dell’appellativo di dottore.
Una circostanza, se si vuole, non proprio comune, nel senso che mi son visto passare accanto, lentamente, un camioncino, del genere di quelli da lavoro, verniciato di rosso, con rimorchio scoperto e pareti basse, recante, sul fronte, sui lati e sul retro, la scritta in stampatello e caratteri cubitali “Zennaro Dottor Rudy” e, immediatamente sotto, l’aggiunta “pavimenti e rivestimenti”.
Tra me e me, mi sono indotto subito a pensare “quanto è stato bravo questo signore, il quale, invece di fare voli pindarici ed esibizionistici con la sua pergamena, dottore o non dottore, ha piantato i piedi sul terreno della praticità, mettendosi a fare un lavoro che , in genere, è svolto da persone prive di titoli di studio, magari gratificate dal titolo di maestro (mesciu in dialetto salentino)”.
E di rimando a tale riflessione, mi sono venute in mente, con riferimento al mio paese, le figure dei vari mesciu Ucciu, mesciu Dunatu, mesciu Lindu, mescio Vitali, mescio Sinu, per citarne alcuni.
Sfilato via il camioncino, per curiosità, sono andato in internet, dove, effettivamente, ho reperito una serie di riscontri relativi, giustappunto, a una ditta dalla denominazione di “Zennaro dottor Rudy”, con sede in Piove di Sacco, provincia di Padova.
° ° °
Non è una novità che, sia pure in via eccezionale, intorno a San Martino, vale a dire in questo periodo, nella terra delle Terme capitino belle giornate, come quella di ieri qui.
Situazioni che si traducono in autentiche, gradevoli tavolozze chiazzate con i colori dell’autunno, vuoi sulle chiome degli alberi, vuoi sulle distese delle aiole.
Al centro della cittadina termale, stamani ho rivisto la mitica edicola, già osservata in occasione dei precedenti soggiorni, dove, sulla vetrina, appare sempre esposto in bella vista il cartello, mai notato altrove, recitante “I – Le informazioni si danno alle persone educate”.
Una volta, ho anche osato di chiedere al titolare l’origine e il perché della strana puntualizzazione, mentre, nell’odierna circostanza, mi sono, invece, limitato a sfilare a fianco dell’edicola stessa, semplicemente rivolgendo uno sguardo alla moglie del titolare presente all’interno.
Di seguito, giacché si è in tempi di spending review, l’occhio del comune osservatore di strada non ha mancato di soffermarsi su qualche vetrina dell’isola pedonale e, ovviamente, durante l’esercizio, sono venute fuori certe chicche affatto trascurabili.
A iniziare da un negozio di scarpe, dove, in piena vetrina, sono posti in bella mostra mocassini Tods color marrone al modico prezzo, cartellino minuscolo, di euro 440. Facile capire, ora, come mai mister Tods, in chiaro il dottor Diego Della Valle, benché naturalmente anello non unico della catena distributiva del prodotto, sia un uomo dal faccione pacioso, sempre tranquillo, neppure una ruga, pronto, con tono distaccato, a dire la sua, a distinguersi un po’ da primo della classe, credo bene, 440 euro (quanto riscuote mensilmente un pensionato al minimo) da pagarsi per un paio di scarpe e, forse, non sarà neppure il prezzo più alto della linea Tods.
Intanto, sarebbe interessante sapere a quanto ammonta il costo effettivo di produzione dell’articolo in questione.
In un’altra vetrina, si espone e propone un albero natalizio innevato, beninteso artificiale, con quattrocento lucine, offerto a 500 euro, quasi niente.
Poi, come poteva mancare, nella breve galleria di quotazioni, l’elegante fruttivendolo che mostra sui banconi una cassetta di marroni extra a euro 9 il chilogrammo? Ciò, obiettivamente, può sembrare un’esagerazione, ma, ad ogni modo, il listino è calmierato dal prezzo delle melagrane (side, in dialetto salentino) che è pari ad appena euro 4,50.
Meno male che un negozio d’arte antica presenta in vista, dietro la vetrina, l’iconografia di una Madonna e, però, accanto all’articolo, non figura alcun prezzo.
Dirimpetto all’azienda di soggiorno, da alcuni anni, trovasi trapiantato un albero d’ulivo, che, nel frattempo, è divenuto grandicello.
Nonostante che, sui rami e fra le foglie, non si noti la minima ombra di frutti, la pianta pare in buona salute, verdeggiante e sana. Al che, il mio pensiero non può fare a meno di andare alla criticissima condizione in cui, da qualche tempo, sono precipitate migliaia d’alberi d’ulivo di una vasta zona del Salento, purtroppo, con scarsissime possibilità di rimedio, a quanto sentito dagli esperti, e la probabilità se non la certezza dell’inevitabile abbattimento di questi maestosi monumenti della natura; con la speranza che l’epidemia non si espanda funestamente in altre aree, la qual cosa si tradurrebbe in un immane, disastro, segnerebbe la fine di un vero e proprio mito nelle colture italiane e pugliesi in particolare.
Stamani, il Corso delle Terme ad Abano non è granché affollato, corre una stagione di afflussi relativi, anche se si avvertono già i primi segnali premonitori delle festività di dicembre.
A breve distanza l’uno dall’altro, vi ho potuto cogliere due musicanti di strada, impegnati a diffondere gradevoli e famose note e arie musicali, per il godimento dei passanti: il primo, aiutandosi con un clarinetto, il secondo armeggiando con mani e braccia una fisarmonica, il tutto in cambio e nell’auspicio di qualche spicciolo