di Elio Ria
Di questo strappo costante di poesia ogni giorno enumero disposizione di pensiero, diverso, sottile, conseguenziale alle idee, frattura di consuetudine, oscillazione di profumi di viole, conteggio di passi sui viali lastricati di piazze con chiese di facciata onesta, perseguo adempimenti di somiglianze di semplicità, dispongo cose nel disordine della prosa, ripeto a me stesso le insolite vicende, riguardo lo specchio infranto dalle illusioni, riscatto un senso perduto, elaboro un giorno, disegno la sera, immagino la luna di falce, inseguo un tramonto autunnale vaporoso di scirocco, azzardo un abbraccio.
Il passo di questa mia vita in prossimità del lontano non è di misura. Il luogo che è qui mi dà presenza e memoria, paesaggio e orizzonte; insieme si scompongono in un altro luogo dell’inventio. La poesia, la mia, è qui in questo luogo che ho voluto fra i luoghi della terra. Nell’aver luogo mi affanno all’atto poetico, per venire alla manifestazione non di tutto ma di qualcosa che mi è dato d’intendere, di svelare, poi, non in un’immutabile verità, piuttosto in una sostenibile sensazione di appartenenza nel luogo della poesia.
Questo luogo che mi ospita è di cielo di crema, di vento imperfetto, di campagna silente, di ulivi pretesi dall’uomo, di papaveri rossi, di granai di risvegli. Ho sfinimento di odori, di luce, d’insipienza, di sonno per l’ammanto che ne ho. Mi strugge la seduzione dei colori nelle erranze dei simboli di naufragio della scrittura. Gli stralci di pallore delle pietre bianche brizzolate mi ridanno memoria dell’inosservato paesaggio, sfuggito per un pensiero monco, portato a un a capo febbrile e collerico. Gli alberi di pino mi confidano, quando possono, le lacrime delle viole che sulle pietre afferrano le radici della vita, in basso poste al di là della superbia, in un canto di autunno, rimesso a nuovo dalle storie del tempo. Il cuore non sempre si trova, né paga i debiti delle emozioni. Un filo d’erba tra le altre erbe è più verde, si spande sulla terra umida e corrosa dal sole, taglia gli sterpi, rimonda la natura, mi ridà il cuore.
Devo congedarmi da questa astrattezza di luogo. Il giorno mi restituisce la propria immagine. A capofitto, in questi mattini trattenuti ancora dal sole d’estate, ho osato addentrarmi nei confini inviolabili della poesia di un luogo.