di Marcello Gaballo
Venerdì 11 ottobre, in Cattedrale, alle ore 19, alla presenza del Vescovo Mons. Fernando Filograna e dell’editore Mario Congedo, sarà presentato l’ultimo dei Quaderni degli Archivi Diocesani di Nardò-Gallipoli: Ecclesia Mater. La fabbrica della Cattedrale di Nardò attraverso gli atti delle visite pastorali, di don Giuliano Santantonio, parroco della stessa chiesa e direttore dell’Ufficio Beni Culturali della diocesi.
Il volume, sesto della collana, di 192 pagine, in ottavo, si inserisce nel programma delle celebrazioni per i seicento anni della Cattedrale di Nardò (1413-2013).
Arricchito da numerose illustrazioni, risaltano una trentina di foto di C. Greco da Nardò, tratte dal rarissimo volume: Vedute e monumenti di Nardò, edito a Gallipoli nel 1907 per i tipi della Tipografia Stefanelli e donato alla diocesi dal barone Pasquale Personé.
Ad incrementare l’apparato iconografico anche alcune foto inedite di Paolo Giuri, tra le quali il pregevole Crocifisso, in legno policromato del sec. XVII, conservato nella sagrestia. Sempre da questo ambiente provengono i tre dipinti riportati nel volume: S. Agnese, un olio su tela degli inizi del sec. XVIII, di scuola del Solimena; San Bartolomeo apostolo, anche questo olio su tela, degli inizi del sec. XVII eseguita da maestranze salentine; il bellissimo Volto di Cristo, olio su tavola, del sec. XVI, di ignoto autore e degno di grande attenzione da parte degli storici dell’arte.
Inedite sono pure le foto di reperti lapidei erranti, quasi tutti provenienti dal giardino dell’episcopio neritino, che probabilmente troveranno collocazione nell’istituendo museo diocesano, tra i quali un Frammento della lapide posta dal Sanfelice nell’abside, sotto la tela raffigurante l’arrivo delle reliquie di S.Gregorio Armeno, su pietra leccese, datato 1718; una Lapide di Girolamo De Franchis posta presso il nuovo sito dell’organo, su marmo, del 1619 (foto Paolo Giuri, 2013).
Ancora originale il repertorio di alcuni dei reliquiari conservati nell’altare di Tutti i Santi, nella navata sinistra della Cattedrale, minuziosamente elencati nelle diverse visite pastorali e descritti nel volume. Tra i tanti preziosi reliquiari le due urne, delle quali una con le reliquie di S.Fausto martire e l’altra con le reliquie di S.Pio martire; i reliquiari a ostensorio con diverse reliquie di santi, quelli a forma di braccio con reliquia di S.Trifone martire e San Gregorio Armeno.
Ma l’importanza del libro è data soprattutto dalla mole di notizie ed informazioni in esso riportate, utili per seguire ed interpretare le vicende storiche del tempio neritino attraverso le numerose visite pastorali dei vescovi che si sono succeduti sulla Cattedra neritina, a cominciare da quelle della metà del XV secolo.
Scrive l’A. nella premessa: “…L’evidenza che emerge in questo genere di ricerche è che occorre abbandonare la tentazione di immaginare un edificio, della natura di una chiesa, come una costruzione che sia possibile fossilizzare dentro il gusto, la sensibilità e le forme di una sola epoca, magari quella della sua prima costruzione: se così fosse si snaturerebbe il suo significato, che dipende dalla sua funzione, e finirebbe per essere presto avvertita come un corpo estraneo nel quale diventa impossibile riconoscersi. Le chiese sono invece realtà vive, che dialogano con il tempo e che per rimanere se stesse hanno bisogno di cambiare in continuazione. Come la Chiesa-comunità è semper reformanda, così anche il luogo nella quale essa si riconosce e vive: è nella logica del mistero dell’incarnazione, che esige che ogni tempo e ogni generazione consegni a chi viene dopo una traccia di sé, che racconti la continuità e l’unità della fede dentro l’originalità del divenire umano.
Naturalmente questo processo è virtuoso solo se avviene in quel rispetto che consente il dialogo e non la contrapposizione nella diversità. In questo senso la cattedrale di Nardò rappresenta un formidabile libro in cui convivono armonicamente la storia, la fede, i costumi, le tradizioni delle generazioni che nell’arco di mille anni e più hanno trovato in essa un punto stabile di riferimento e di identificazione…”.
Di notevole ausilio sono la ricca bibliografia e l’indice analitico del volume.
Un grazie a don Giuliano per questa sua fatica che contribuisce all’elevazione storico-culturale della Chiesa di Nardó-Gallipoli e della stessa Cittá dNardó. Chi non conosce il proprio passato non sa cosa eredita dal futuro.
Dalle premesse del 2012, della realtà del 2013 e ritengo del 2014, questa fase, passerà alla storia, di Nardò, come il tempo delle ‘scoperte’ e della ‘presa d’atto’. Opere restaurate, rivissute, rivalutate, rinominate o solo, maggiormente tutelate e preservate. Una bella stagione di riaggiornamento e dunque di maggiore consapevolezza del proprio grande potenziale artistico. Diversi aspetti rinnoveranno la storia raccontata fin adesso (pitture, statue, altari, documenti). Opere che si trovano (conservate) sotto altre opere di cui la cattedrale e tutta la città, risultano essere state antiche, pazienti e scrupolose custodi. E ancora, documenti che, da altri luoghi, rinnovano la storia del nostro racconto quotidiano. Le sensibilità attente a queste trasformazioni stanno contribuendo giorno per giorno a indirizzare il loro impegno per ‘ampliare’ il tesoro che abbiamo da sempre posseduto.
Un particolare ed interessante ‘metodo’ appassionante e coinvolgente, ritengo essere quello che la storia indica all’uomo, manifestandosi lentamente nel tempo (è il caso di dire in maniera ‘moralizzante’), a seconda dell’intelletto e del grado di sensibilità, quindi, di civiltà, raggiunto.
Più si affinano i sistemi di indagine critico-interpretative, coinvolgendo sentieri multidisciplinari, e più si accede ai diversi livelli o percorsi di ‘rivelazione’, approssimandosi sempre più alla realtà dell’opera.
Grazie dunque all’impegno di tutti gli uomini di buona volontà che ruotano intorno al discorso del recupero (materiale ed intellettuale) dei nostri beni e che potranno così costruire la ‘struttura’ portante di una nuova forma di divulgazione, in-formando maggiormente su quel ‘grande’ privilegio acquisito della salvaguardia della bellezza di questa terra.