Il topos dell’uccello nella poesia d’amore

di Armando Polito

immagine tratta da  http://it.wikipedia.org/wiki/File:Hirundo_rustica_1_(Martin_Mecnarowski).jpg
immagine tratta da http://it.wikipedia.org/wiki/File:Hirundo_rustica_1_(Martin_Mecnarowski).jpg

Il lettore ricorderà che nel recente pregevolissimo post Gli ambasciatori dell’amore di Emilio Rubino (https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/09/21/gli-ambasciatori-dellamore/) tra i tanti messaggeri d’amore c’era pure una lindineddha1 (rondinella). Ripropongo il testo non tanto per qualche revisione nella scrittura sembratami opportuna quanto per tentare di mettere in grado il lettore non salentino, che ne avesse interesse, di gustarlo, forse, meglio e, tentazione cui non so resistere, consentirmi le solite divagazioni …

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Quello della rondine portatrice di messaggi (al pari del piccione viaggiatore e, come vedremo, pure dell’aquila) è un topos5 della letteratura soprattutto dialettale di ogni regione. Mi limiterò a riportare altri esempi solo salentini traendoli dal secondo volume di Canti popolari delle provincie meridionali raccolti da Antonio Casetti e Vittorio Imbriani (che, a sua volta, fa parte del secondo volume della collana Canti e racconti del popolo italiano, a cura di D. Comparetti e A. D’Ancona, Loescher, Roma, Torino, Firenze, 1871). Anche per loro la traduzione in italiano e le note che ho aggiunto hanno le stesse finalità. Sarò grato a chiunque segnalerà dalla nostra o dalle due altre provincie di Terra d’Otranto qualche altro componimento sul tema di cui sia a conoscenza.

Qui l’originalità è data dalla seconda quartina che costituisce la citazione fedele del testo della lettera.

Compare qui l’immagine del sangue, topos nel topos perché abbastanza ricorrente in componimenti popolari di altri territori.8

Si chiude qui il mio intervento sulla rondinella. Spero di aver deluso solo chi dal titolo si aspettava chissà che cosa …

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1 Diminutivo di un inusitato *lìndine (da non confondere con l’omofono lìndine, in italiano lèndine, cioè l’uovo del pidocchio) che, come l’italiano rondine, deriva dal latino hirùndine(m); però, mentre la voce italiana presenta solo aferesi [hirùndine(m)>*rùndine>rondine)], quella dialettale presenta  la seguente trafila: hirùndine(m)>*rùndine>*lùndine>*lìndine.

2 Nel dialetto neretino il verbo spaccare è usato anche nel significato di attraversare, soprattutto nel nesso spaccare la chiazza=attraversare la piazza; può sembrare un verbo appena appena adatto per la rondinella anche se non fende le onde ma l’aria, troppo forte per la piazza. Credo che spaccare la chiazza corrisponda, anzi corrispondesse, al moderno bucare lo schermo, perché un passaggio femminile in piazza era un evento piuttosto inconsueto; non solo, ma il verbo spaccare ancora oggi è usato nel senso di compiere il percorso più breve (corrispondente, questa volta, al moderno tagliare le curve) che era l’imperativo categorico per una donna che fosse obbligata ad attraversare la piazza, naturalmente ad occhi bassi …

3 Corrisponde all’italiano aulico alma, dal latino ànima(m) con dissimilazione (forse per influsso della radice di àlere=nutrire o, più probabilmente, di halàre=spirare) e sincope di –i-. Nell’attuale dialetto neretino la voce sopravvive solo nelle locuzioni  pi ll’arma tua! (=ti prego!; alla lettera per l’anima tua!) e dare all’arma detto di bevanda che, accoppiata con cibi o altre bevande particolari, può creare disturbi di natura digestiva. Negli altri casi oggi si usa la voce italiana anima.

4 Stessa etimologia della voce italiana: dall’aggettivo latino capitàle(m)=che riguarda il capo, la vita, da caput=testa. Dal neutro sostantivato (capitale) è derivato tal quale la ben nota voce finanziaria e da caput è derivato, sempre in latino, capital (ma non è inglese? …) che, guarda caso, significa delitto capitale (cioè punibile con la morte… sono un pacifista ma chissà perché mi viene da pensare a certa finanza …) oltre che benda di sacerdotessa (IOR docet? …). Da caput è derivato capitium=cappuccio (dal cui plurale capitia è nato l’italiano capezza o cavezza), che, a sua volta, attraverso la forma aggettivale *capitiàle(m) ha dato vita all’italiano capezzale. Credo che siano pochi i vocaboli che a furia di traslazioni si siano allontanati tanto dall’idea di partenza (testa) fino a giungere a quella di ricchezza (capitale) o di morte più o meno imminente (capezzale). Meno male che il dialettale capitale è semplicemente sinonimo di cuscino!

5 La voce in greco significa luogo ma in retorica viene usata per indicare un luogo comune, cioè un tema ricorrente. L’aggettivo derivato in italiano è topico (momento topico=momento decisivo) usato pure in forma sostantivata nel significato di medicamento ad uso locale. La parola è piuttosto pericolosa come ben sa quella signora che nel bel mezzo di una affollata conferenza uscì precipitosamente dall’aula per la paura, ma anche per telefonare subito dopo ad un’impresa di derattizzazione, non appena l’oratore proferì le fatidiche parole: -Signori, siamo giunti al momento topico del nostro incontro-; o come quell’altra che al medico che premurosamente dopo la prescrizione le diceva: –Signora, si tratta di un farmaco ad uso topico- ebbe a ribattere: -Dottore, che schifo!-. Se non avesse pensato al topo ma alla moglie dello stesso probabilmente avrebbe detto –Dottore, come si permette!-.

6 Mi sembrava un delitto rendere con un infame e infelice solchi il cielo col tuo tipico volo. D’altra parte, se la poesia è, come deve essere, democratica, anche il popolo ha il diritto di inventarsi all’occorrenza delle voci. Così rendineddha ci rièndini lu mare mi pare senza dubbio alcuno all’altezza del bodiniano e la vita cocumola tra le pentole, per cui vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/07/10/ti-mando-a-cocumola. A chi dovesse farmi presente che il verbo rondinare è già presente in Giuseppe Cesare Abba (Le rive della Bormida nel 1794)  : … Dio non aveva concesso che in tempi di pericolo il lupo stesse a rondinare intorno all’ovile ribatto che il racconto dell’Abba è del 1875, cioè posteriore di quattro anni alla pubblicazione della raccolta di Casetti-Imbriani. E, anche se fosse stato anteriore, ciò non avrebbe di certo escluso la derivazione popolare del neologismo. Se poi vogliamo trovare la paternità dell’immagine, anche se non riferita al tema dell’amore, dobbiamo rifarci al greco in cui rondine fa  χελιδών (leggi chelidòn) e già 2500 anni fa era nato pure il verbo derivato χελιδονίζειν (leggi chelidonìzein) usato da Teognide (VI-V) e del quale cui abbiamo notizia grazie alla testimonianza di Ateneo di Naucrati (II-III secolo d. C.) che ne I deipnosofisti, VIII, 60 così scrive: Καὶ χελιδονίζειν δὲ καλεῖται παρὰ Ῥοδίοις ἀγερμός τις ἄλλοςπερὶ οὗ φησι Θέογνις ἐν β᾽ περὶ τῶν ἐν  Ῥόδῳ θυσιῶν γράφων οὕτως·εἶδος δέ τι τοῦ ἀγείρειν χελιδονίζειν Ῥόδιοι καλοῦσιν γίνεται τῷ Βοηδρομιῶνι μηνίχελιδονίζειν δὲ λέγεται διὰ τὸ εἰωθὸς ἐπιφωνεῖσθαι· ἦλθ᾽, ἦλθε χελιδὼν/καλὰς ὧρας ἄγουσα,/καὶ καλοὺς ἐνιαυτούς…

(E cantare la canzone delle rondini [così traduco, anche più avanti, χελιδονίζειν] è detto presso gli abitanti di Rodi un altro tipo di questua sul quale Teognide scrivendo nel secondo libro de Le feste sacre a  Rodi così dice: gli abitanti di Rodi chiamano cantare la canzone delle rondini un tipo di questua che si svolge nel mese di marzo. Si chiama cantare la canzone delle rondini per il solito gridare: È giunta, è giunta la rondine che porta la bella stagione e anni belli … ). Insomma, lasciando da parte la questua religiosa e l’amore, usando il linguaggio matematico possiamo dire: rondinare:rondine=χελιδονίζειν:χελιδών.

7 Cucchiare, corrispondente all’italiano (ac)coppiare, dunque avvicinare, qui usato in senso riflessivo, è da cocchia che indica le due parti che costituiscono la frisella. Per saperne di più sulla frisella ma anche su cocchia vai a  https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/10/16/ma-chi-ha-inventato-la-frisella/

8 Due esempi per tutti, tratti sempre dalla raccolta del Casetti: Napoli: Aquila che d’argiento porte l’ale,/ferma quanno io te dico ‘na parola:/ – Damme ‘na penna de ‘sta tua ala;/quanno faccio ‘na lettera a lu mmio ammore,/tutta de sangue la voglio abbagnare,/po’ pe’ suggello nce metto ‘sto core./Quanno la letterqa è fenita de fare,/aquila, portancella a lu mmio ammore-.  Spinoso (Pz): O rondinella, ca vaj’ pe’ lu mare,/fermati, quant’e dico doje parole./I’ ti vojj’ tirar ‘na penna da l’ale/pr’ scrivere ‘na lettera a lo mio amore;/tutta de sangue la voglio stampare/e pi’ siggillo ci metto lu core.

9 Da notare la finezza tecnica dell’aferesi in funzione metrica: se si fosse usato luntani il verso sarebbe stato l’unico dodecasillabo tra tutti endecasillabi.

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2 Commenti a Il topos dell’uccello nella poesia d’amore

  1. molto bella l’antologia e i canti riportati. A spongano la versione è simile a quelle già riportate, solo che lo scassare secondo me non è da intendere come rompere ma come cancellare (gomma per cancellare scassamacchia)

  2. Ero e rimango perfettamente d’accordo con lei, anche perché perfino in una poesia dettata dalla rabbia l’idea della rottura sarebbe troppo forte rispetto a quella della cancellazione. Il problema nasce dalla mia cura di mantenere nella traduzione, finché è possibile, la parola foneticamente (oltre che semanticamente, è ovvio) più vicina all’originale. Per evitare, comunque, l’ambiguità della voce italiana (in cui “scassare” intensivo di “cassare” finisce per confondersi con “scassare”=rompere), ho già provveduto a sostituire “scassare” con “cancellare”. Grazie.

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