di Paolo Vincenti
“Amore e marchette” è un binomio di grande riuscita non solo perché dà il titolo al primo album del cantautore Massimo Donno, molto apprezzato da pubblico e critica in questo 2013, ma anche perché sintetizza, con brillante intuizione, la dicotomia che permea l’ambiente culturale salentino e, per esteso, nazionale. Da un lato c’è l’amore, inteso come passione per ciò che si fa, per la musica, per la letteratura, per l’arte in genere; dall’altro ci sono le marchette, o meglio le “Markette”, per dirla con Piero Chiambretti (che così ha intitolato un suo fortunato programma satirico trasmesso qualche anno fa), ossia quell’attitudine di personaggi televisivi, presentatori, giornalisti e operatori culturali a fare della pubblicità camuffata dei loro prodotti (libri, cd, film, ecc.)o a scrivere dietro pagamento ottime recensioni . “Amore e marchette” (Ululati Editore, 2013) è il cd fresco di pubblicazione di Massimo Donno, intellettuale salentino vissuto a lungo in giro per l’Italia prima di ritornare nella sua nativa Corigliano d’Otranto. L’album si avvale di collaborazioni eccellenti come quella di Andrea Doremi al sassofono, Emanuele Coluccia alla tromba, Francesco Del Prete al violino, Emanuela Gabrieli e Alessia Tondo ai cori, Gianluca Milanese al flauto traverso, solo per citarne alcune. Il cantautore Oliviero Malaspina scrive una breve ma significativa presentazione dell’autore e del disco, nell’interno di copertina. Il cofanetto è impreziosito da un booklet contenente i testi e numerose fotografie.
Massimo Donno si è formato alla scuola dei cantautori italiani degli Anni Settanta e ciò si avverte non solo nell’intonazione generale dell’album ma finanche nel cantato, poiché la voce di Donno concede molto ad un certo stile tipico degli chansonnier di casa nostra, vale a dire uno stile non gridato, scevro da virtuosismi, ma tutto aduggiato sulle modulazioni più basse della voce, su venature scure.
Sua fonte principale di ispirazione è Fabrizio De Andrè: e basati sugli album del grande Faber, Donno ha realizzato ben tre spettacoli negli anni addietro: “… E tutto ciò lo chiamavo luna”, ispirato all’album “La Buona Novella”; “Dall’inizio alla fune”, ispirato all’album “Non al denaro, non all’amore, né al cielo”; “L’uomo che imparò a volare”, ispirato a “Storia di un impiegato”, dei monologhi tenuti al Teatro dell’Ascolto di Bologna. A ciò si aggiunga che Donno è stato ospite, da turnista, in diversi album musicali altrui, come si legge nella sua completa pagina web www.massimodonno.it.
“Amore e marchette” è anche il primo brano del cd che ho ascoltato tutto d’un fiato perché “accattivante”, come diverse recensioni hanno definito questo esordio musicale. Nell’album, testi e musiche sono quasi perfettamente bilanciati. Donno sa destreggiarsi fra i vari generi musicali, avendo consumata confidenza con lo spartito, ma sa anche padroneggiare la lingua italiana producendo testi di un buon livello letterario. Conferma ne sia proprio il primo brano e la discreta manciata di citazioni che condiscono un album simpatico, brioso, leggero. Musiche nate prevalentemente alla chitarra ma nei brani, ad un tappeto acustico, si uniscono flauti, sax, arpa celtica, cori, e si spazia dallo swing , quasi jazz, al valzer, dal tango alla ballata folk, senza comunque mai spingere il piede sull’acceleratore. “Il bianco ed il nero” è un pezzo particolarmente efficace il cui testo gioca su un’altra dicotomia, stavolta quella del bianco e del nero che, in barba a qualsiasi distinzione manichea, si sposano insieme, alla fine della canzone, facendo nascere un grigio presago di ulteriori sfumature. Dopo “Valzer del lavoratore atipico”, troviamo “La colpa”, un pezzo nel quale si trova una campionatura delle voci degli attori protagonisti del celebre film di Monicelli del ’75 “Amici miei”. In questo brano c’è una rincorsa a scoprire di chi sia la colpa dello sfascio di questi tempi, tempi di derive e di plastica come si denuncia anche nel brano “Le vetrine”. L’autore se la prende con tutto il mondo per confessare alla fine di essere egli stesso un poco colpevole. “Piccola storia” è un brano d’amore, mentre “Bologna A.D.2012” è un pezzo abbastanza surreale in cui il non sense la fa da padrone e in cui si sente anche la voce di Alberto Sordi tratta dal film “Il Marchese del Grillo” del 1981. Dopo “Oltre”, brano intimistico e d’atmosfera, c’è “Tango”, a mio giudizio il brano più bello della raccolta. Una dichiarazione d’amore nei confronti della letteratura, primo amore mai tradito, passione viva e pulsante, come la nostra lingua italiana. Nel brano, suggellato dalle parole di Pier Paolo Pasolini, tratte da un’intervista rilasciata dal grande poeta tanti anni fa, sembra che l’autore si rivolga ad una donna, con la quale danzare il sinuoso ballo argentino, salvo accorgerci nel finale che l’opera è dedicata alla “favella”, espressione ricercata per “lingua”, sia in prosa che in poesia. “De profundis” che rende omaggio nel titolo ad una celebre opera di Oscar Wilde (che lo aveva mutuato dalla Liturgia dei defunti, ovvero il Salmo 129) è una spassosa bricconata in musica, un divertissement condito da quel brio che il genere musicale favorisce. Infine “Il mio compleanno” è un pezzo leggero sotteso da una malinconia del passato, di tutto ciò che non può tornare, e che l’autore, novello Dottor Faust, sembrerebbe chiedere indietro agli amici, i compagni di brigata, che però non possono certo soddisfare la sua richiesta.
Massimo Donno, come dicevo, ha grande passione per la scrittura e infatti alcuni suoi racconti sono stati già pubblicati su riviste ed antologie nazionali. C’è da aspettarsi dunque ben altre prove da lui e ancora più convincenti, come gli inediti che già compaiono sul canale “youtube” sembrano confermare.