Castro e la chianca

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di Gianni Ferraris

 

La Chianca, ne parla in queste pagine Armando Polito (https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/09/13/la-chianca/).

La chianca è una lastra, una plancia o che altro? Bell’articolo veramente, aiuta a comprendere il Salento colto, quello di chi ha a cuore le proprie radici.

Però, da piemontese cocciuto e testardo, ogni volta che sento dire di “Chianca” la mia mente va a Castro Marina. Poco prima della piazzetta con tanto di palazzina crollata e quasi ricostruita, con i vigili e ausiliari, quattro alla volta per far rispettare il traffico indecente d’agosto, sono un po’ meno in settembre, quando ci sono pochi turisti, pochi “milanesi”, come vengono genericamente chiamati da qualcuno quelli del nord, meno persone che vagano con improbabili tatuaggi che coprono corpaccioni spesso palestrati al punto di sembrare gonfiati con una pompa da bicicletta, che sprizzano olio solare da ogni poro come neppure le pittule malcotte, roba da pupazzi.  Una persona scriveva su facebook che il lavoro del futuro sarà quello del “cancellatore di tatuaggi”. Altri corpi sono soavemente fasciati da copricostumi colorati, sinuosi, voluttuosi (ed ogni altro …uoso che si vuole), e ancora, donne e uomini in costume da bagno dal quale debordano salamini di adipe, giovani ragazzi con tagli di capelli normali, altri assurdamente rasati per due terzi. Ovviamente qualcuno dirà che sono commenti da vecchio, ma tant’è, lo penso e lo scrivo (da vecchio, appunto). Quelli con la pelle che passa dal bianco latte al rosso gamberetto. Mamme e bimbi, carrozzine e tacchi alti che camminano (almeno, ci provano) sugli scogli. Insomma, vita da mare…d’amare… amara(?) A volte basta cambiare accento, apostrofo, una vocale e il senso cambia di botto e di getto, la meraviglia della lingua italiana forse sta proprio qui. E non ci meravigliamo se un immigrato poi fatica a comprendere il senso delle cose, quello stesso che spesso sfugge fra le dita anche a un non immigrato, si perde fra le pieghe del non detto negli sms dei ragazzi, quelli che evitano le vocali, non perché sono brutte o cattive, per risparmiare nel digitare. TVB non è bello come “ti voglio bene” detto guardandosi negli occhi. Ttt non potrà mai sostituire “tutto”, non nella vita normale. La X non è “per” in italiano, lo è in matematica.  L’amore al tempo del codice fiscale.

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Che c’entra con la Chianca? Mi scuserà Armando Polito se sono partito da un pezzo dotto per scrivere pensieri in libertà, senza capo, senza coda. Però le vocali le metto e non no neppure un tatuaggio.  La Chianca è il nome del bar di Castro Marina dove si prende un caffè seduti ai tavolini fuori, sotto il gazebo, non prima di essere entrati a salutare il ragazzo che sta dietro il bancone e che sorride perché non riesce a darmi del tu. A volte c’è la ragazza, carina, però “a settembre finisco qui perché devo fare l’ultimo anno di alberghiero”. In agosto la Chianca è un bar, magari suggestivo, ma solo un semplice bar con turisti, tatuaggi e tutto l’armamentario balneare. Da settembre torna ad essere il Bar del luogo, “Chianca Sport” si potrebbe chiamare. Già, perché lì si fanno commenti sul palazzo che sarà ricostruito bene, sul Milan che quest’anno vince tutto. Quasi come se le vittorie del Milan togliessero la crisi economica. E c’è spesso la TV accesa, a volte un telegiornale che ti dice le nefandezze della vita. E se hai fame ti fanno pure la puccia. Non le conoscevo prima di venire in Salento (proprio a Castro Marina) una decina d’anni fa con i miei figli. Già allora c’era la Chianca, ma era agosto, era tempo per noi “milanesi”. Quando l’ho vissuta, in tempi meno antichi, un inverno passato a Castro, tutto è mutato, ci sono quelli del mattino che prendono il caffè alle sette, e magari il cornetto, più tardi le signore che hanno accompagnato i figli a scuola e si concedono una pausa. C’è lo spazzino, pardon, l’operatore ecologico, e il postino (portatore di missive?), e ci sono i pettegolezzi come solo nei paesi sanno fare. Chi non ha vissuto in un piccolo centro non può comprenderne la grandezza. Il pettegolezzo, nulla a che vedere con il gossip, entra nelle viscere delle coppiette e dei matrimoni, li seziona, vede il colore dell’abito nuovo o delle scarpe Tod’s. Soprattutto il pettegolezzo è solidale, perché divulga conoscenze. Tutti sanno tutto di tutti. Ricordo, ero giovane e pieno di belle speranze. Se una sera uscivo con una ragazza, ci incontravamo in luogo poco in vista, mia madre al ritorno già lo sapeva. E ricordo quel timido bacio dietro un angolo, al buio, nel silenzio irreale del paese alle ventitre. Arrivarono dei passi, a sedici anni si ha qualche timore, ci voltammo e lo sguardo indiscutibilmente eloquente di suo padre ci trapanava da parte a parte. Non ci vedemmo per lungo tempo. E qui terminano i pensieri sulla Chianca. Chissà se Polito riuscirà a perdonare questa intrusione in una conversazione dotta e colta, però mi è venuta così, come se le dita corressero da sole sulla tastiera.

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2 Commenti a Castro e la chianca

  1. Che io sia colto è discutibile, ma sono di certo sufficientemente intelligente per capire che la cultura che non è in grado di apprezzare o, peggio ancora, non si concede essa stessa divagazioni o “intrusioni” apparentemente leggere e pure, se è necessario, dissacranti, non è cultura; è solo ciarpame mentale. Non debbo, perciò, perdonarle nulla ma solo ringraziarla per quella che considero una bella, intelligente e sensibile integrazione al mio post.

  2. Bar La Chianca, perchè al suo ingresso, fuori dalla porta c’è una panca in pietra leccesse che dicono sia magica. Chiunque vi si siede, riceve la virtù di poetare.

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