di Armando Polito
Questa volta mi soffermerò solo sul toponimo ricordando che le forme antiche nelle quali ci è stato tramandato sono Sancta Maria de Balneo e Sancta Maria ad Balneum.
La traduzione che, poi, ha dato vita al toponimo attuale, secondo me è un po’ infedele e, come dirò alla fine, pericolosa…
Partiamo dal primo dei due toponimi antichi (Sancta Maria de Balneo). La preposizione de in latino regge il complemento di moto da luogo, quello di argomento e quello di materia. Scartati a priori gli ultimi due, rimane il primo. Neppure esso convince completamente, perché nella locuzione il de ha ormai assunto a tutti gli effetti il valore della preposizione italiana di che da lui, non a caso, deriva. Gli onomastici composti da De e un ablativo singolare (per esempio: De Metrio) o plurale (per esempio: De Pascalis) sono un esempio illuminante del fenomeno: siamo in presenza di un complemento di origine o provenienza (che, nella fattispecie, del complemento di modo da luogo è, per così dire, la specializzazione umana; anche il complemento di materia può essere considerato figlio dello stesso padre e, quindi, fratello di quello di origine o provenienza) ma esso ormai indica anche l’appartenenza: nel primo caso discendente da (dunque figlio di) Metrio, nel secondo discendente (dalla famiglia) dei Pasquali. E il concetto di appartenenza è strettamente connesso con quello di possesso, valore che nel passaggio finale assumono gli esempi citati. D’altra parte, se in passato era Leonardo da Vinci e così è rimasto, oggi Pinco Pallino da Nardò si alterna a Pinco Pallino di Nardò e la domanda del curioso di turno è di dove (e non da dove) sei?
Questo passaggio finale rivive in Sancta Maria de Balneo a significare l’appartenenza della santa al luogo, per ora diciamo, genericamente, una marina che nella locuzione è diventata Balneum per antonomasia, sicché non sarebbe stato fuori posto, anzi più rispettoso dei valori semantici originali, tradurre Santa Maria del Bagno, in cui, fra l’altro, non sarebbe stato improprio intendere sottinteso protettrice (e in questo caso del Bagno diventa genitivo oggettivo).
Ciò vale per l’omonima pieve di Santa Maria al Bagno (ma anche Santa Maria del Bagno) nel Casentino (in provincia di Arezzo), solo che qui balneum è riferito ad una sorgente ritenuta miracolosa e vicino alla quale venne eretta la fabbrica. Stessa storia per la romagnola Santa Maria in Bagno o Santa Maria del Bagno e, per mostrare come il dilemma della traduzione non sia cosa di oggi, riporto le forme antiche di questo toponimo:
Ugolino da Montecatini (XIV secolo), Tractatus de balneis, (a cura di Michele Giuseppe Nardi), Leo S. Olschki, Firenze, 1950, pag. 113: In Romandiola sunt balnea in loco qui dicitur Sancta Maria de Balneo (In Romagna ci sono bagni in un luogo che è detto Santa Maria del Bagno).
Gentile da Foligno (XIV secolo), citazione tratta da Didier Boisseul, Marilyn Nicoud, Séjourner au bain: le thermalisme entre médecine et société (XIVe-XVIe siècle), Presses universitaires de Lyon, 2010, pag. 29: Sulphurea balnea, quae iudicio meo et omnium qui experti sunt ea, sunt balnea Sanctae Mariae in Balneo (Bagni sulfurei che a giudizio mio e di tutti coloro che li hanno provati sono i bagni di Santa Maria in Bagno).
Michele Savonarola (1385-1468), Practica canonica de febribus, Apud Iuntas, Venetiis, 15521, s. p.: Castrum est in Romandiola, Sancta Maria in Balneo, apud quod balnea haec tria sunt de quibus statim: quorum minera a praedominio sulphurea scribitur, alumine, ferro ac aere participantia [C’è una città in Romagna, Santa Maria in Bagno vicino la quale ci sono queste tre sorgenti delle quali (parlo) immediatamente: il loro complesso minerale viene descritto in prevalenza sulfureo ma presenta tracce di allume, ferro e rame].
Andrea Bacci (XVI secolo) nel De thermis, Valgrisio, Venezia, 15882, pag. 218 ad un intero capitolo dà il titolo Balneum Sanctae Mariae in Balneo (Bagno di S. Maria in Bagno) e nel primo periodo spiega la ripetizione della voce: Ad viam Aemiliam, prope Sarsinam et Cesenam extat balneum cognomento Sanctae Mariae, quod assiduo commeatu ac frequentia quotannis hominum ad balnea, in castellum eius cognomenti evasit (Sulla via Emilia, nei pressi di Sarsina e Cesana c’è un bagno col nome di Santa Maria che, per il passaggio e la frequentazione assidui degli uomini ogni anno, finì per dare alla città quel nome).
Nell’immagine che segue, tratta dalla pag. 443, la raffigurazione di un ambiente termale. Ho ritenuto opportuno aggiungere una traduzione esplicativa.
Tria vasa miliaria quae, influente a perenni ductu aqua et igne subiecto vasi adhibito, indeficientes universo populo lavando praeberent aquas frigidas, tepidas, calidas (Tre pentole che, mentre l’acqua scorre da un corso perenne e il fuoco è stato posto sotto ad un vaso, fornissero a tutto il popolo per lavarsi acque calde, fredde, tiepide).
FRIGIDARIUM i Romani usavano la voce nel significato di ghiacciaia per cibi (Lucilio) o di bagno freddo (Vitruvio).
TEPIDARIUM stanza per bagni tiepidi (Vitruvio e Celso).
CALIDARIUM caldaia o stanza per bagni caldi (Vitruvio).
PRAEFURNIUM bocca del forno (Catullo), stanza calda (Vitruvio).
HYPOCAUSTUM [dal greco ὑπό (leggi iupò)=sotto + καίω (leggi càio)=bruciare] camera calorifera sotterranea a volta alimentata dall’hypocausis (fuoco sotterraneo) e trasmettente il calore agli appartamenti.
Antonio Targioni Tozzetti (XIX secolo) a questa fonte dedicò il saggio Storia ed analisi chimica delle acque termali dette di S. Agnese nella Terra di S. Maria in Bagno, Galletti, Firenze, 18283.
Balneum4 per i Romani era quella che noi chiamiamo stanza da bagno, ma anche bagno pubblico, momento non solo di rilassamento ma anche d’incontro; estensivamente, poi, la voce poteva assumere anche il significato di terme. E che pure nella nostra Santa Maria ci fossero sorgenti termali è fuori discussione per la nota testimonianza che ci ha lasciato Antonio De Ferrariis detto il Galateo nel De situ Iapygiae (scritto tra il 1506 e il 1511, pubblicato postumo a Basilea nel 1558): Inde vicus Divae Mariae ad Balneum, derelictus, et ipse ob piratarum, ut puto, et Saracenorum incursiones. Hic scaturigines erant calidarum aquarum: ruinae cernuntur aedificiorum, aquae sulphureae odor sentitur. Sed an aqua illa multis morbis salubris alio verterit suos cursus, an incuria hominum et ruina tectorum meatus obstructi sint, incertum est. Has thermas multis mortalibus utiles Belisarius Aquaevivus, vir magni animi, qui Nerito dominator, instaurare cogitate (Poi il villaggio della Divina Maria al Bagno, abbandonato, anche questo, come credo, per le incursioni dei pirati e dei Saraceni. Qui c’erano sorgenti di acque calde: si vedono rovine di edifici, si sente odore di acqua sulfurea. Ma è incerto se quell’acqua salutare contro molte malattie abbia volto altrove il suo corso oppure i passaggi sono rimasti ostruiti per l’incuria degli uomini o per il crollo delle fabbriche. Belisario Acquaviva, signore di Nardò, uomo di grande animo, pensa di ripristinare queste terme utili a molti).
Passo a Sancta Maria ad Balneum. La preposizione ad in latino introduce il complemento di moto a luogo con l’idea di avvicinamento, non di ingresso (per il quale è riservata la preposizione in); introduce pure il complemento di fine o scopo che può essere inteso come la trasfigurazione astratta di quello di moto a luogo (il fine rappresenta la meta alla quale io tendo, ma non è detto che la raggiunga). Se ad Balneum attribuisco un valore locativo la traduzione letterale sarebbe (L’abbazia dedicata a) Santa Maria presso il Bagno; optando per il valore finale avrei: (L’abbazia dedicata a) Santa Maria per (la protezione de) il Bagno.
Concludendo: credo che i due toponimi originali sarebbero resi più fedelmente da Santa Maria del Bagno, anche perché, visto l’abbrutimento culturale in atto, sono convinto che Santa Maria al Bagno spingerà prima o poi qualche sedicente ricercatore a ricostruire le probabili date e circostanze in cui la Santa avrebbe immerso il suo corpo nelle nostre acque o, peggio ancora, sarebbe stata colta da un bisogno più o meno improvviso.
Sotto questo punto di vista Santa Caterina, l’altra vicinissima marina, può dormire sonni tranquilli e non recriminare sul destino che la volle priva di fonti termali.
E ora, se qualcuno dovesse sentirsi toccato nella sua sensibilità religiosa, mi dimostri in cosa sarei stato blasfemo; dopo averlo fatto, mi potrà pure mettere a … bagnomaria5.
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4 Balneum nasce per sincope da balìneum e questo è dal greco βαλανεῖον (leggi balanèion)=bagno, voce su cui gli etimologi si sono sbizzarriti. Solo due delle proposte avanzate:
a) la voce sarebbe composta dal verbo βάλλω (leggi ballo)=gettare + ἀνία (leggi anìa)=afflizione, sulla scorta di quanto affermano S. Agostino [(IV-V secolo d. C.), Confessiones, IX, 12: Visum mihi est ut irem lautum, quia audieram inde balneis nomen inditum quod anxietatem pellant ex animo (Mi sembrò opportuno andare a lavarmi poiché avevo sentito che ai bagni il nome fu dato poiché scaccerebbero l’ansia dall’animo)] e, quasi parafrasando, Isidoro di Siviglia [(VI-VII secolo d. C.), Etymologiae, XV, 2, 40: Balneis nomen inditum a levatione moeroris; nam Graeci βαλανεῖον dixerunt quod anxietatem animi tollat (Fu dato il nome ai bagni dall’eliminazione della tristezza; infatti i Greci dissero βαλανεῖον poiché eliminerebbe il tormento dell’animo)].
b) la voce deriverebbe da βάλανος (legi bàlanos)=ghianda, sulla scorta di Quintiliano (I secolo d. C.), Institutio oratoria, I, 9: Accedimus ergo illorum sententiae qui τὸ βαλανεῖον a graeco ἡ βάλανος, quod est glandis genus [Aderiamo dunque all’opinione di coloro che (fanno derivare) τὸ βαλανεῖον (il bagno) dal greco ἡ βάλανος (la ghianda), che è un tipo di ghianda] e della Suda (enciclopedia del X secolo in greco bizantino, che, però, contiene voci tratte da fonti antiche oggi perdute e delle quali, perciò, è impossibile ricostruire la cronologia): (al lemma Βαλανειομφάλους): Βαλανεῖον δὲ ἐκλήθη, διότι τὰς βαλάνους ἐσθίοντες τὰ κελύφη ἔκαιον [Il Βαλανεῖον è chiamato (così) perché dopo aver mangiato le ghiande bruciavano le bucce].
Come se la questione non fosse complicata, mi permetto di aggiungere alle fonti già citate (attenzione a quel ἡ βάλανος, quod est glandis genus di Quintiliano) Teofrasto (IV-III secolo a. C.), De odoribus, IV: Χρῶνται δὲ μάλιστα τῷ ἐκ τῆς αἰγυπτίας καὶ συρίας, ἥκιστα γὰρ λιπαρόν· ἐπεὶ καὶ τῷ ἐκ τῶν ἐλαιῶν μάλιστα χρῶνται τῷ ὠμοτριβεῖ τῆς φαυλίας δοκεῖ γὰρ ἀλιπέστατον ἔχειν καὶ λεπτότατον· καὶ τούτῳ νέῳ καὶ μὴ παλαιῷ· τὸ γὰρ ὑπὲρ ἐνιαυτὸν ἀχρεῖων, παχύτερον καὶ λιπαρώτερον γενόμενον. Ἔλαιον μὲν οὖν τοιοῦτον οἰκειότατον, ἀλιπέστατον γάρ. Φασὶ δέ τινες καὶ ἐν τῷ χρίσματι τὸ ἐκ τῶν πικρῶν ἀμυγδάλων᾿ πολλὰ δὲ γίνεται περὶ Κιλικίαν καὶ ποιοῦσιν ἐξ αὐτῶν χρίσμα. Φασὶ δέ καὶ εἰς τὰ σπουδαῖα τῶν μύρων ἁρμὁττειν ὥσπερ καὶ τὸ ἐκ τῆς βαλάνου καὶ τοῦτο. Ποιεῖ δὲ τὰ κελύφη αὐτῶν εὔοσμον εἰς τὸ ἔλαιον ἐμβαλλόμενα· ἐπεὶ καὶ τὰ τῶν πικρῶν (Usano moltissimo l’unguento ricavato da quella (ghianda) d’Egitto e di Siria poiché è poco grasso. Poi usano soprattutto quello spremuto dalle olive verdi, poiché sembra essere fluidissimo e delicatissimo, e questo fresco e non vecchio; infatti quello che supera un anno è inservibile essendo diventato troppo denso e troppo grasso. L’olio che risponde ai requisiti detti è adattissimo in quanto è poco grasso. Alcuni dicono pure che per la preparazione dell’unguento è adatto quello estratto dalle mandole mare. Ne nascono molte in Cilicia e ne ricavano un unguento. Dicono ancora che anche questo sia adatto per la preparazione dei migliori tra gli unguenti, come pure quello estratto dalle ghiande. La loro scorza gettata nell’olio lo rende profumatissimo; lo stesso per le mandorle amare).
Che la ghianda abbia a che fare col bagno perché le sue bucce fungevano da combustibile per riscaldare l’acqua o perché nel bagno facevano la stessa fine che nei cinema dopo più di un millennio avrebbero fatto le bucce del passatiempu (costituito soprattutto da semi di zucca tostati dei quali ci si riforniva prima di entrare nel locale) oppure perché il loro olio entrava nella preparazione degli unguenti abbondantemente usati dopo il bagno non è chiarissimo; ciò che è chiaro, invece, è che i Romani dovevano essere degli emeriti zozzoni se importarono questa pratica, igienica prima ancora che rilassante, dal mondo greco insieme con la parola …
5 Dal latino medioevale balneum Mariae (bagno di Maria). Chi sia questa Maria è controverso: per alcuni sarebbe Miriam, l’alchimista sorella di Mosè, altri sono propensi ad accettare l’identificazione, tramandataci da Zosimo di Panopoli (IV secolo d. C.), con Maria la Giudea .
Castrum romandiolo . oggi Bagno di Romagna, stazione termale, Appennino tosco-romagnolo.