di Giovanni Boraccesi
Anche nei piccoli centri di provincia, se adeguatamente indagati, è possibile talvolta rinvenire un patrimonio d’arte degno d’attenzione e in ogni caso connotato di un indiscutibile valore che prescinde dalle apparenze reali e dai costi di realizzazione.
La ricognizione degli argenti della parrocchiale di Santa Maria Maddalena a Uggiano la Chiesa è soprattutto un contributo alla secolare tradizione orafa di Napoli che ebbe un ruolo egemone nell’intero Mezzogiorno grazie ai suoi abilissimi interpreti. È anche il riscatto culturale di una cittadina, da sempre devotissima alla Maddalena e in passato ossequiosa della Mensa Arcivescovile di Otranto sua ‘utile Padrona’, per lungo tempo ai margini della storia e degli studi.
Questi argenti – databili tra Cinque e Novecento e chiara espressione della profonda religiosità della gente di Uggiano – sono una parte di quelli già in possesso: spoliazioni governative, furti, fusioni, cambiamenti di gusto, ne hanno progressivamente ridotto il numero nel corso dei secoli.
Per contro, con l’edificazione della nuova parrocchiale – in gran parte ultimatanel 1775 (la data è incisa sul timpano) con grande effetto scenografico in un tessuto edilizio di scarso interesse storico – si ebbe un inevitabile incremento di arredi sacri e di suppellettili diverse, anche in ragione delle notevoli dimensioni dell’edificio e dei vari altari innalzati al suo interno, spesso di jus patronatus. A questa magnifica stagione artistica avranno ovviamente contribuito gli ecclesiastici, gli aristocratici e i fedeli del posto, ma anche e soprattutto gli arcivescovi di Otranto.
L’ultimazione dei lavori del nuovo tempio di Maria Maddalena è per noi il riferimento obbligato, o quasi, per datare post quem la suppellettile rococò: grossomodo tra il 1780 e il 1795. Non si esclude, a tal proposito, che per rimpinguare i denari necessari alla costruzione della fabbrica si siano fusi o alienati gli oggetti metallici più antichi, perché rotti e/o obsoleti.
Esso ècostituito essenzialmente da manufatti napoletani – un artigianato da secoli particolarmente fiorente nella capitale del Regno – come denuncia il bollo camerale della città partenopea: NAP col sottostante millesimo. In un solo caso il punzone ha rivelato la firma dell’argentiere Romualdo De Rosa, mentre altri tre ne celano la paternità dietro le rispettive sigle: Ao/AP, VL e CE, quest’ultimo poi assai importante dal punto di vista documentario perché del tutto inedito.