Su una via deserta della periferia

da fondazionebellonci.it

 

La calma con cui un anziano signore riesce a stare per ore seduto sull’uscio di casa, a guardare il nulla di una via deserta della periferia, dopo una vita di brutale fatica. In un silenzio impenetrabile in cui si intrufola il cigolìo di una bicicletta, la mia, e un fracasso che non si dà a sentire.

(Pier Paolo Tarsi)

In quel guardare il nulla c’è il pieno dei ricordi, in quell’apparente immobilità c’è la corsa all’indietro verso il vigore di una giovinezza instancabile in cui tutto era nel potere della volontà tranne l’amore, tutto era riscatto tranne la paura di non meritarlo…

(Raffaella Verdesca)

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4 Commenti a Su una via deserta della periferia

  1. E sono lì, quali denti irregolari nella bocca del mondo, lungo marciapiedi roventi, nei lunghi pomeriggi estivi, reperti dimenticati dalle altre generazioni che sono corse ai lidi …sono lì che riavvolgono il filo della loro vita assieme al fiato toltogli da una calura inclemente, messi a distanza di pochi usci, l’uno dall’altro separati .
    Nello sforzo del respiro si riavvolge il filo con tutti gli intoppi, nodi più o meno grossolani, fatti in tutta fretta e nodi che col tempo, quasi cicatrici antiche, son resi appena percettibili, come a dar carattere a una trama di tessuto naturale, la vita di ciascuno,.
    Col calar della sera ritorna un orizzonte, pur breve, di futuro, con una brezza appena appena rinfrescante e ritorna la figliolanza dal mare, chiassosa e felice del presente.

  2. “Il nulla di una via deserta della periferia”, diviene, per il tramite dell’occhio pieno, tutto memoria e ferita, e danze di antichi desideri, centro, fuoco, cuore, nucleo. E il cigolìo della bicicletta, non desta dall’alba del Senso l’uomo che più non sente, perchè, lui, semplicemente, ha imparato a VEDERE.
    Occhio greco, o riappropiazione del mondo, dell’assolutamente altro da sè, l’Uomo non è avvicinabile che dal fanciullo che domanda. E domanda per sapere. Per capire davvero.

  3. Chi ancora pretende di fare distinzioni tra prosa d’arte e poesia è servito per tre volte di seguito. Sublimi mi appaiono, poi, per quanto possa valere il mio giudizio, le parole di Wilma che, pur godendo del vantaggio, una volta tanto, di chi arriva per ultimo, nella loro dolcissima amarezza emozionano più della stessa, pur eloquentissima, immagine che le ha ispirate e riescono a sottrarsi alle insidie, sempre in agguato, della metafora, pur non rinunciandone all’uso.

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