di Armando Polito
Non è per difendere ciò che troppo spesso è stato e continua ad essere indifendibile, vale a dire il potere in tutte le sue forme, ma debbo dire che il simpaticissimo recente post LA “SPINA” DEL VESCOVO1 di Emilio Rubino, argutamente impostato sul gioco di parole Spina/spina, mi appare più vicino al gossip dei nostri giorni che ad una storia romanzata. In base alle notizie storiche a me note2 Iacopo Antonio Acquaviva si dimise da vescovo nel 15313 per sposare Adriana Saframondo dei Conti di Cerreto e non Giovanna Spina, figlia di Angelo signore di Bagnano e di Beatrice Brancaccio. Dal primo matrimonio Iacopo ebbe tre figli: Claudio, Belisario e Caterina. Solo dopo la morte della prima moglie sposò Giovanna Spina, vedova di Giacomo Antonio della Marra. Ciò non esclude le tresche più complicate che, però, vanno in qualche modo documentate, altrimenti restano solo maliziose illazioni sulle quali è troppo comodo apporre il timbro, incontrollabile, della tradizione orale. Anche oggi, d’altra parte, spesso viene spacciata per documento una foto, magari di per sé insignificante, o, peggio, un fotomontaggio su cui certa stampa ha costruito e continua ad incrementare le sue fortune con testate che spesso pubblicizzano in tv l’ultima uscita con i titoli più pruriginosi o, addirittura questi ultimi forse tirano di più …, truci. Purtroppo c’è chi, pur essendo magari cattolico (non dico cristiano perché sarebbe ancor più impegnativo), è disposto a prestarvi fede più che al vangelo e chi, cosa secondo me ancor più grave, pur avendo seri dubbi, non può fare a meno di comprane una copia …
Pronto a rimangiarmi in parte o integralmente quanto detto dopo l’esibizione delle fonti e dopo, cosa a cui non so rinunciare, un controllo sulla loro autenticità prima e attendibilità poi.
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1 https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/06/06/la-spina-del-vescovo/
2 Bartolomeo Tafuri nel suo Memorie de’ duchi di Nardò della famiglia Acquaviva. Di Bellisario Acquaviva duca di Nardò primo in Opere di Angelo, Stefano, Bartolomeo, Bonaventura, Gio. Bernardino e Tommaso Tafuri di Nardò ristampate ed annotate da Michele Tafuri, Stamperia dell’Iride, Napoli, 1848, v. I, pag. 39:
Faccio notare che lo scritto di Bartolomeo era apparso la prima volta inserito nell’opera di Scipione Ammirato Delle famiglie nobili napoletane, parte I, Marescotti, Firenze, 1580.
Francesco Zazzera, Della nobiltà dell’Italia, Gargano e Nucci, Napoli, 1615, pag. 20:
Filiberto Campanile, Dell’armi ovvero insegne de nobili, Parrino, Napoli, 1701, pag. 35:
Da notare come quest’ultimo brano è copiato (pochissimi e irrilevanti i cambiamenti) da quello di Bartolomeo Tafuri.
3 Non nel 1532 come riportato nel post. Nella serie dei vescovi neretini compilata dal Polidori e pubblicata nel I volume dell’Italia sacra di Ferdinando Ughelli, Coleti, Venezia, 1717, col. 1053, si legge: Neritine Ecclesiae regimen dimisit anno Domini 1531 exeunte (Lasciò la guida della Chiesa neretina alla fine dell’anno del Signore 1531).