di Giovanna Falco
Il Regno di Napoli in prospettiva dell’abate Giovan Battista Pacichelli[i], pubblicato postumo nel 1703[ii], è noto per lo più per le vedute prospettiche delle città che lo corredano e per le tavole delle dodici provincie che formavano il regno[iii]. L’opera si basa su lettere inviate dall’abate ad amici e conoscenti durante i suoi viaggi, pubblicate nel 1685 e nel 1691, in Memorie de’ viaggi per l’Europa Christiana e in Memorie novelle de’ viaggi per l’Europa cristiana[iv].
Le notizie su Lecce, riportate nella Parte seconda di Il Regno di Napoli in prospettiva, nel capitolo dedicato alla settima provincia del Regno di Napoli, cioè Della Japigia o Terra d’Otranto[v], sono state raccolte dall’autore durante tre viaggi compiuti nel 1684, nel 1686 e l’anno successivo e raccolte nelle Memorie anzidette[vi].
Nella primavera del 1684 Pacichelli è a bordo di una feluca e, «scendendo per poche miglia in terra dal mare, ove torna meglio in acconcio»[vii], probabilmente sbarca a San Cataldo: «porto picciolo, verso scirocco, sette miglia da Lecce, col Castello guardato da’ Soldati Italiani e dal Castellano del Rè Cattolico, nominato Porto di San Cataldo, perché in esso approdò quel Santo»[viii]. Nel 1686 l’abate, giunto da Campi a cavallo, si sofferma più a lungo nella descrizione di Lecce: visita la mattina i luoghi all’interno delle mura e il pomeriggio quelli all’esterno. Nel maggio 1687 entra in città dalla via di Lequile e dedica gran parte delle circa ventiquattro ore ivi trascorse «a visitar vari Amici, spiccando frà loro la Cortesia, e la Bellezza nelle Donne» e a intrattenersi con il vescovo Michele Pignatelli, che «raccontò gli sconcerti de’ suoi Diocesani, armati di centinaia di scoppette per resister al sagro Sinodo convocato» e lo invita «alla bella funzione della prima pietra alla Chiesa delle Monache di Santa Chiara»[ix].
Le notizie riportate da Pacichelli, ritenuto da Cosimo Damiano Fonseca un poligrafo «con una spiccata tendenza alla versatilità alla curiosità, al gusto della notazione erudita, senza eccessive pretese di rigore filologico, di verifiche puntuali, di vaglio critico»[x], sono da verificare, così come si evince in particolar modo quando indica le fonti da cui ha tratto le notizie storiche di Lecce. Nel 1684, ad esempio, cita correttamente «l’Infantino in 4 nella Lecce Sacra»[xi], ma nel 1686 si confonde e scrive: «chi vuol saper più, legga la Lecce Sagra del Sig. Francesco Bozi Patritio, e attenda in breve la Lecce Moderna di D. Giulio Cesare Infantino Curato di S. Maria della Luce»[xii], errore riportato anche in Il Regno di Napoli in prospettiva, dove menziona alcuni storici che hanno dissertato sulle antichità di Lecce[xiii]. In alcune note è palpabile l’arguzia che caratterizza l’autore, sia quando si sofferma a descrivere particolari anche superflui, come ad esempio l’abbigliamento di Scipione De Raho quando si accomiatò da lui, accompagnandolo «fuori dalle porte in berrettino, e pianelle»[xiv], sia quando illustra gli usi e costumi dell’epoca.
Sta di fatto che le sue annotazioni, nonostante alcuni refusi e inesattezze (alcuni evidenziati, altri da evidenziare, mettendoli a confronto con studi recenti), sono fondamentali perché descrivono la città a fine Seicento, in particolar modo se si mettono a confronto con Lecce sacra di Infantino, opera pubblicata una cinquantina di anni prima.
Lecce ha le «muraglie sostenute da Torri, Fosse, Cortina, e fortificazioni alla moderna con quantità di Baloardi, e Castello inespugnabile», con le «quattro Porte magnifiche, cioè a dire la Regale, o di S. Giusto, di S. Oronzo, di S. Biagio, e di S. Martino»[xv]. La città ha «trè miglia di giro, con vie larghe, e ben lastricate, giardini, fontane, fabriche nobili della pietra, che si cava nel suo fertile territorio, ch’è dolce e si lavora à guisa di legno con pialla. Non sà invidiar Napoli nello splendore, e magnificenza delle Chiese e de’ Chiostri di tutti gli Ordini»[xvi]. Già Infantino aveva rilevato che Lecce «vien stimata un picciol Napoli»[xvii].
«Le fabriche», dunque, «son di pietra bianca, che nasce là, si lavora con pialla, e riceve impression di figure col coltello, della quale vidi curiose Gelosie. Non si alzan molto, a cagion del peso, che fà cadere spesso le mura ed i Volti»[xviii].
La città è dotata di «trecento Carrozze, mantenute con poca spesa»[xix] (concetto ribadito anche nel 1703) e l’approvvigionamento idrico è dovuto a cisterne e pozzi[xx]. Tra i prodotti manifatturieri sono menzionati le «le belle coperte di bombace per la state»[xxi], i «Forzierini, ò Scrittori di pelle figurata, e dorata nelle coverte» e le «Tabacchiere di paglia historiate, che da 25 carlini son discese al valor di un tarì»[xxii].
La popolazione: «stimasi la più cospicua, e più popolata città del Reame, ove soggiornavan quantità di Nobili e ricche Fameglie, con molto lusso, e con galanteria verso de’ Forestieri, numerandosi à 3300 i fuochi»[xxiii] (declassata a una «delle più popolate del Regno»[xxiv] nel 1703), «inchiudendo non più di nove mil’anime, tutte civili verso il Forastiero, diminuite dopo il contagio, e la mortalità del 1679, con Fameglie antiche e riguardevoli; alcuni Baroni però che col Feudo di pochi carlini, altri col solo Dottorato, han luogo nel Magistrato supremo»[xxv]. Dopo avere affermato che Lecce è stata «Patria di gloriosi Eroi, così in Santità, come in Lettere, & armi»[xxvi], Pacichelli dedica tre pagine di Il Regno di Napoli in prospettiva a personaggi illustri leccesi ed elenca un gran numero di famiglie nobili[xxvii], così come aveva fatto Infantino quando aveva illustrato la chiesa di Santa Maria dei Veterani[xxviii].
A Lecce, oltre a risiedere il Preside con il suo Tribunale e il Vescovo che «gode vasta giurisditione in ventisette castelli»[xxix], secondo Pacichelli sono presenti «sette monasteri di Suore, trè spedali, e varie confraternite»[xxx], «la Clausura delle Convertite, e dodeci degli huomini»[xxxi]. Tra i monasteri femminili (tutti già fondati tranne quello delle Alcantarine), nel 1703 l’abate cita quello delle domenicane dei Chietrì[xxxii] e di «Santa Maria Nuova»[xxxiii] e, come si è già detto, nel 1687 quello di Santa Chiara. Non fa alcuna menzione al «refugio di povere verginelle»[xxxiv] di San Leonardo, né può citare il Conservatorio di Sant’Anna fondato in seguito. Si sofferma solo su dieci delle dodici case religiose maschili da lui indicate, accennando solo al domenicano San Giovanni Battista dei padri Predicatori e all’agostiniano Santa Maria di Ognibene (non ancora fondato all’epoca di Infantino). Non include nelle sue dissertazioni, però, i conventi dei Carmelitani (Santa Teresa e Santa Maria del Carmine), dei Fatebenefratelli (San Giovanni di Dio), dei Paolotti (Santa Maria degli Angeli), dei Minori Osservanti (Sant’Antonio da Padova), degli Osservanti (Santa Maria dell’Idria) e dei Cappuccini di Santa Maria di Rugge.
(CONTINUA)
terza ed ultima parte:
[i] Giovan Battista Pacichelli (1641-1695) Dottore in Diritto Civile e Canonico e laureato in Teologia, ricoprì l’incarico di Uditore Generale presso la Nunziatura Apostolica di Colonia, da dove intraprese numerosi viaggi in Europa. Ritornato in Italia e resosi conto di non poter fare carriera presso la corte del Papa, si recò a Parma, dove svolse le funzioni di Consigliere del duca Ranuccio II Farnese e di Uditore Civile della Città e dello Stato. Trasferitosi a Napoli, in seguito, nel 1683, rivestì l’incarico di Ablegatus del duca di Parma, da qui intraprese numerosi viaggi in Italia meridionale. Le notizie sulla vita di Giovanni Battista Pacichelli sono tratte dalle opere di Cosimo Damiano Fonseca, Michele Paone ed Eleonora Carriero (cfr. C.D. Fonseca L’Abate Giovanni Battista Pacichelli (1641-1695), in C.D. Fonseca (a cura di), Puglia di ieri. Il Regno di Napoli in prospettiva dell’Abate Gio: Battista Pacichelli, Bari s.d., M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi dell’abate Pacichelli (1680-7), Galatina 1993, E. Carriero (a cura di), Giovanni Battista Pacichelli. Memorie dei viaggi per la Puglia (1682-1687), Edizioni digitali del CISVA 2010).
[ii] Il titolo completo dell’opera è Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci provincie, / In cui si descrivono la sua Metropoli Fidelissima Città di Napoli, e le cose più notabili, e curiose, e doni così di natura, come d’arte di essa: e le sue centoquarantotto Città, e tutte quelle Terre, delle quali se ne sono havute le notitie: con le loro vedute diligentemente scolpite in Rame, conforme si ritrovano al presente, oltre il Regno intiero, e le dodeci Provincie distinte in Carte Geografiche, / Con le loro Origini, Antichità, Arcivescovati, Vescovati, Chiese, Collegii, Monisterii, Ospidali, Edificii famosi, Palazzi, Castelli, Fortezze, Laghi, Fiumi, Monti, Vettovaglie, Nobiltà, Huomini Illustri in Lettere, Armi, e Santità, Corpi, e Reliquie de’ Santi, / E tutto ciò, che di più raro, e pretioso si ritrova, coll’ultima Numeratione de Fuochi, e Regii pagamenti: con la memoria di tutti i suoi Regnanti dalla Declinatione dell’Imperio Romano, e di tutti quei Signori, che l’han governato. / Con i Nomi de’ Pontefici, e Cardinali, che sono nati in esso; Catalogo de’ sette Officii del Regno, e serie de’ Successori, e di tutti i Titolati di esso, col reassunto delle Leggi, Costitutioni, e Prammatiche, sotto le quali si governa. / Con l’Indice delle Provincie, Città, Terre, Famiglie Nobili del Regno, e quelle di tutta Italia. / Opera postuma divisa in tre parti dell’Abate Gio: Battista Pacichelli / Parte seconda / Consecrata all’Illustriss. Et Eccellentiss. Sig. il Sig. / D. Francesco Caracciolo Conte di Bucino Primogenito dell’Eccellenntiss. Sig. Duca di Martina, & c. / In Napoli. Nella Stamperia di Dom. Ant. Parrino 1703.
[iii]Nella lettera «Al Sig. Michele Luigi Mutii publico Stampatore in Napoli. / Consulta, e Giudizio per la stampa del REGNO DI NAPOLI IN PROSPETTIVA, Opera fresca dell’Autore», inviata da Portici il primo settembre 1691, Pacichelli scrive: «Sua è la cura di promuovere i disegni delle Città e Terre, e di fargli scolpir nel rame, dopo i già incisi delle Provincie: resta à me la sol’operatione, hormai compiuta, nello schiccherarne della sostanza» (G. Pacichelli, Lettere familiari, istoriche, & erudite, tratte dalle memorie recondite dell’abate d. Gio. Battista Pacichelli in occasione de’ suoi studj, viaggi, e ministeri, Napoli 1695, 2 voll., vol. I, pp. 188-9) I dodici “incisi delle Provincie” cui allude l’abate, sono una rielaborazione semplificata di quelle di Francesco Cassiano de Silva, pubblicate nell’Atlante di Antonio Bulifon del 1692 (Cfr. C.D. Fonseca L’Abate Giovanni Battista Pacichelli (1641-1695) cit.) . Riguardo alla veduta prospettica di Lecce non si conosce l’autore. Non può essere Cassiano de Silva perché la veduta prospettica da lui eseguita è differente (cfr. Il delfino e la mezzaluna. Studi della Fondazione Terra d’Otranto, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto – luglio 2012, anno I, n. I, p. 90).
[iv] Cfr. G.B. Pacichelli, Memorie de’ Viaggi per l’Europa Christiana scritte à Diversi in occasion de’ suoi Ministeri, 5 vol., Napoli 1685 e Memorie novelle de’ Viaggi per l’Europa Christiana comprese in varie lettere scritte, ricevute, ò raccolte dall’Abbate Gio: Battista Pacichelli in occasion de’ suoi Studi, e Ministeri, 2 vol., Napoli 1691. Le due opere sono suddivise in singoli capitoli (ognuno per Stato visitato), accompagnati da una lettera dedicatoria ad amici e conoscenti. La cospicua corrispondenza dell’abate è stata poi raccolta nelle Lettere familiari (Cfr. G.B. Pacichelli, Lettere familiari cit.).
[v] G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva… cit., pp. 150-191, e in particolare pp. 167-173. L’incisione in rame della veduta di Lecce è pubblicata tra le pagine 166 e 167.
[vi] La prima è tratta dalle Memorie de’ Viaggi per l’Europa Christiana e precisamente la LXXXIV «Naviagatione dilettevol’ e divota della costa di Amalfi, in Calabria, ed a Brindisi» scritta da Ostuni il 10 aprile 1684 e indirizzata a monsignor Giacomo de Angelis (Memorie de’ Viaggi, IV, pp. 360-377). Le altre due lettere sono pubblicate nelle Memorie novelle de’ Viaggi per l’Europa Christiana, scritte rispettivamente da Pacichelli da Napoli il 25 ottobre 1686 e indirizzata all’abate Francesco Battistini «Tornando in Puglia, vede il Bello di Capo d’Otranto, Basilicata e Principato Inferiore» (Memorie novelle de’ Viaggi, II, pp. 141-153) e da Altamura il 28 maggio 1687 e indirizzata a padre Tommaso di Costanzo «Pellegrinaggio alla Madonna di Leuca, esponendo le Provincie di Otranto e Lecce» (Memorie novelle de’ Viaggi, II, pp. 154-179) (cfr. C.D. Fonseca L’Abate Giovanni Battista Pacichelli (1641-1695) cit., E. Carriero (a cura di), op. cit.). I viaggi pugliesi sono stati pubblicati anche da Michele Paone, da cui sono stati tratti gli stralci riportati nel testo (Cfr. M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit.).
[vii] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., p. 115.
[viii]G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva… cit.,p. 171.
[ix] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., p. 222.
[x] C.D. Fonseca L’Abate Giovanni Battista Pacichelli (1641-1695) cit.
[xi] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., p. 115. Cfr. G.C. Infantino, Lecce sacra, Lecce 1634 (ed. anast. a cura e con introduzione di P. De Leo, Bologna 1979.
[xii] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., p. 170. In nota Paone rileva l’errore e chiarisce che Carlo Bozzi (e non Francesco) nel 1672 diede alle stampe l’opera agiografica I Primi Martiri di Lecce (Cfr. Ibidem, n. 174).
[xiii] Cfr. G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva… cit, p. 168. Pacichelli Accenna alla storia di Lecce dalla fondazione all’epoca normanna e cita, oltre Bozzi e Infantino, il “Galatea”, Marciano, il “Volterrano”, Giulio Capitolino, Plinio, Antonello Coniger, Antonio Beatillo, P. de Anna (Cfr. Ivi, pp. 167-68).
[xiv] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., p. 176.
[xv] G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva… cit, p. 168.
[xvi] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., pp. 115-16. Nel 1686 il giro delle mura diventa di due miglia e mezzo, per tornare di tre miglia nel 1703.
[xvii] G.C. Infantino, op. cit., p. 3.
[xviii] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., p. 160.
[xix] Ibidem.
[xx] Cfr. Ibidem. Anche nel 1703 Pacichelli si sofferma a parlare dei pozzi e cisterne (cfr. G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva… cit. p. 169).
[xxi] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., p. 117.
[xxii] Ivi, p. 170.
[xxiii] Ivi, p. 117.
[xxiv] G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva… cit., p. 168.
[xxv] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., p. 159. Descrizione simile a quella riportata nel 1703 (Cfr. G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva… cit. p. 168).
[xxvi] Ivi, p. 171.
[xxvii] Cfr. Ivi, pp. 171-173
[xxviii] Cfr. G.C. Infantino, op. cit., pp. 126-168.
[xxix] M. Paone (a cura di), I viaggi pugliesi… cit., p 118.
[xxx] Ivi, p. 116.
[xxxi] Ivi, p. 164.
[xxxii] «Peregrina Creti fondò il Convento di S. Maria della Visitazione, detta volgarmente de’ Chieti di Vergini Claustrali, & Educande, e vi si legge su la Porta vecchia del Monistero questa Inscrizzione, Diva Mariae Sacram Edem, cui se devovit Peregrina de Criti Vestalis pia propiis sumptibus erexit pro sua, suorumque salute 1505. Kalend. Julii» (G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva… cit. p. 173).
[xxxiii] Ivi, p. 167. Lo cita a proposito del «Marmo colà scoverto nelle fondamenta del Chiostro» trascrivendo due righe del testo riportato anche da Infantino, ma integralmente (Cfr. G.C. Infantino, op. cit., p. 89).
[xxxiv] Ivi, p. 85.
Sempre interessanti i tuoi studi attendiamo il seguito complimenti-
……….. vescovo Michele Pignatelli, che «raccontò gli sconcerti de’ suoi Diocesani, armati di centinaia di scoppette per resister al sagro Sinodo convocato» ……….
se ho capito bene e’ stata una forma di ateismo militante
[…] https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/06/05/una-passeggiata-a-lecce-di-fine-seicento-labate-gio… […]
Una domanda rivolta a tutti, ma perchè il Pacichelli doveva rappresentare la grandezza e la forza del Regno di Napoli se l’opera è stata commissionata dal duca di Parma?
Come quasi sempre è avvenuto nella storia, le ragioni sono di ordine prevalentemente economico. Infatti, oltre all’importanza economica, culturale e politica che il Regno di Napoli aveva all’epoca, fu proprio il duca di Parma, Ranuccio ii Farnese, che lo nominò agente generale dei suoi ingentissimi interessi nel Sud e che lo trasferì a Napoli nel 1679. Consoliamoci (almeno noi meridionali …) pensando che grazie al Pacichelli ed alla “sponsorizzazione” del Farnese è rimasto scritto qualcosa che parla di noi …
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