di Emilio Rubino
Antonio, un buon padre di famiglia, tutto casa e lavoro, una mattina, approfittando della splendida giornata, decise di portare in campagna anche il figliolo, di appena sei anni, e l’avvenente moglie, oltre che l’asina.
Per educazione ricevuta e per gentilezza d’animo, Antonio fece accomodare la moglie in groppa all’asina, mentre lui e suo figlio procedettero a piedi. Per arrivare nel loro piccolo podere, situato al di là della città, dovevano attraversare tutta Nardò. Tutto ciò faceva immenso piacere all’uomo, poiché avrebbe messo in mostra le bellezze corporali della moglie.
Messisi in cammino, dopo pochi metri un gruppetto di persone commentò il simpatico quadretto familiare.
“Ecco la madama!… il povero marito, vecchio e zoppo com’è, procede a piedi insieme a quella piccola creatura, mentre lei… lei, la madama, se ne sta in groppa all’asina!” – sentenziò uno di loro.
“Forse hanno ragione, Carmelina…” – rispose il marito, dondolando la testa – “…Sarebbe opportuno che sull’asina salissi io”.
Così fu fatto.
Svoltando l’angolo di una strada il povero Antonio fu investito dalle dure parole di un contadino, fermo sull’uscio di casa.
“Che vergogna!…” – disse quello – “…Moglie e figlio a piedi, mentre lui comodamente sull’asina!”.
“Ha ragione… ha ragione!….” – pensò il marito, che scese immediatamente dall’asina, facendo montare in groppa il figlio – “…Ora nessuno avrà da dire nulla!”.
Ma le cose non stavano affatto bene.
Più in là, i tre notarono un altro gruppo di uomini, intenti a parlottare tra loro.
“Che figlio ingrato!…” – dissero tutti all’unisono – “…I poveri genitori a piedi, mentre lui se la gode sull’asina!”.
“Non ci avevo pensato!…” – ribatté il povero Antonio – “…Saliamo noi in groppa all’asina e Domenico ci segue a piedi”.
Dopo appena cento metri, la famigliola s’imbatté in gruppo di allegre comari.
“Guardate… guardate che spettacolo indegno!…” – disse una di loro – “…Quel povero fanciullo lasciato a piedi mentre loro due in groppa all’asina!… E’ una vera indecenza!”.
“Senti, Antonio, facciamo salire anche Domenico!…” – consigliò giustamente Carmelina – “…In questo modo nessuno avrà di che lagnarsi”.
“Giusto, dici bene, moglie mia!” – assentì Antonio.
E così fu fatto.
Arrivati in piazza, i tre furono subito investiti da diversi rimproveri e scherni da parte delle tante persone presenti.
“Che gran farabutti quei tre!…” – si sentiva dire da più parti – “…Povera bestia, che faticaccia!… Sebbene sia magra e vecchia, deve sopportare il peso di quei tre poltroni!”.
“Siete senza cuore!” – urlò un altro, all’indirizzo dei tre.
“Chiamiamo i carabinieri, non è possibile assistere a una sconcezza del genere!” – prospettò un altro.
“Sì, chiamiamo i carabinieri, in modo che facciano una contravvenzione per eccessivo sfruttamento di animale!”.
“O Madonna santissima!…” – esclamò Antonio, stanco ormai di ricevere predicozzi da più persone – “…Forse la migliore soluzione è quella di procedere tutti e tre a piedi. In effetti, l’asina è vecchia e, se continuiamo a starci in groppa, potrebbe crepare da un momento all’altro!”.
Sicuri di non essere più fatti oggetto di derisione, i tre s’incamminarono a passo svelto verso la periferia della città. Nelle vicinanze di una chiesa incontrarono un folto gruppo di persone che, alla vista della famigliola, si lasciarono andare a commenti poco gentili.
“Guardate quanto sono stupidi quei tre!…” – ebbe a dire uno dei tanti con tono canzonatorio – “…L’asina se la spassa tranquillamente, mentre loro arrancano per strada!”.
“Forse è la loro… dama da compagnia!” – aggiunse un altro.
“Mi sa tanto che la vogliono risparmiare in vista del Natale e del… Presepe!” – brontolò con molto sarcasmo un altro ancora – “…Lui fa da S. Giuseppe, lei da Madonna, il figliolo da Bambinello, l’asina c’è… Peccato, manca solo il bue, altrimenti il presepe sarebbe già pronto!”.
Dopo tante invettive, i tre si trovarono fuori città.
“Finalmente, Carmelina… finalmente!… Non sopportavo più di ascoltare rimproveri, richiami e sfottò…” – ebbe a lagnarsi il buon Antonio – “…Forse conviene vendere l’asina: solo in questo modo nessuno potrà mai offenderci”.
“Antonio, la tua è un’idea balorda, senza senso, da pazzi!…” – gli rispose a stretto gito la moglie – “…L’asina è importante per noi, anzi, è vitale! Ti rendi conto che grazie a lei puoi arare la terra e puoi portare i sacchi di grano e di patate a casa?!”.
“Sì, è vero quel che dici, ma da ora in poi, dovremo sopportare le derisioni della gente!”– le rispose quello.
“Tu lascia l’asina sempre in campagna e acquista un’automobile: nessuno mai potrà schernirci!” – propose Carmelina in alternativa.
“E i soldi?… chi ci dà i soldi per comprarla?…” – obiettò giustamente il marito.
“Basta chiedere un piccolo prestito alla banca!” – ribatté la bella e avvenente moglie.
“Come faremo a pagare le rate, se appena appena campiamo con quello che ci dà la campagna?!”.
“Andrò io personalmente dal direttore della banca e lo consiglierò con le… buone maniere a farci delle rate piccole piccole!”.
“Sì, va bene, ma chi guiderà la macchina, visto che non ho la patente?” – replicò lo sciocco marito, che ancora non aveva afferrato… le buone maniere di cui parlava la moglie.
“Possiamo parlare con Luigi, lui ha la patente”.
“Luigi, chi?”.
“Luigi, il figlio di Salvatore Sanasi, il falegname… Lui è molto bravo ed è anche un bel giovane!”.
“E con quali soldi lo paghiamo?!”.
“A tutto ciò penserò io, Antonio!… Basta saper usare il cervello e le… buone maniere!”.
Pantalea rubino, la zza lea, aveva sempre un proverbio a disposizione, come questo, per sintetizzare le diverse situazioni : giuanni, giuanni 3 so li danni. La candela si struce, lu suennu pirdimu e lu tata no mmore. Complimenti ad emilio rubino!!
La storia è bella ma va detto che tutta la prima parte è l’adattamento di un aneddoto di Charlie Chaplin, probabilmente, a sua volta, elaborazione di un testo più antico. La maliziosa aggiunta moderna comincia dal punto in cui l’auto subentra come alternativa all’asino e la donna propone di mettere a frutto le sue “buone maniere”.
L’ASCESA DI MARBY NEI VERDI PASCOLI DEL SOMMO POETA
ORA SEI SOTTO UN ALBERO DI ULIVO, A CONCIMARE GLI ETERNI FRUTTI DELL’OLIO.
MI MANCA IL TUO SCODINZOLARE, FELICE PER CASA.
IL TUO LECCARE, I PIEDI E LE GAMBE,
IL TUO RINCORRERE LA PALLA, PER TUTTA LA CASA.
IL TUO BENVENUTO, MUTO E INSISTENTE, AL MIO RINCASARE.
IL TUO RINGHIARE E ABBAIARE, PER LO SCONOSCIUTO, ALLA PORTA DI CASA.
IL TUO LAMENTOSO PIAGNISTEO CAUSATO DALLA MALATTIA,
CHE CI TENEVA SVEGLI TUTTA LA NOTTE, QUANTO SOFFRIVI, POVERO CANE.
ORA PUOI GIOCARE FELICE, NEI VERDI PASCOLI, A RINCORRERE I TUOI NUOVI AMICI.
SONO CONVINTO, CHE AVEVI CAPITO, ANCHE TU, CHE ERA L’UNICA COSA DA FARE
L’INIEZIONE VETERINARIA, CHE HA FERMATO IL TUO SOFFRIRE.
CHE HA FERMATO IL TUO GIOVANE CUORE, GRANDE E POSSENTE COME QUELLO DI UN ALTLETA.
ADDIO MIO PICCOLO PASTORE SCOZZESE, RACCOLTO APPENA NATO, DA SOTTO LE RUOTE DELLA MIA MARBELLA, PERDONAMI, E SE PUOI VEGLIA SU DI NOI
COME FACEVI QUAGGIU’ NEL NOSTRO PICCOLO- GRANDE MONDO CASALINGO.
DI CLAUDIO GERARDO ORLANDO