di Paolo Vincenti
Una pittura anarchica, una testimonianza di impegno civile, una battaglia personale contro la massificante, omologante cultura di questi anni. Può un percorso artistico rappresentare tutto ciò? Ha ancora senso, mi chiedo, osservando le installazioni di Luigi Latino, nel suo piccolo atelier-bottega nel centro storico di Galatina, nell’era della globalizzazione, in cui i codici espressivi hanno subito una compatta, stirata uniformità, in cui si è solo quello che si appare e si è solo in quanto si appare, ha senso, dicevo, prendere posizione, in un momento in cui sembra dominare il qualunquismo più deprimente ? In questi tempi di plastica, caratterizzati da un edonismo di ritorno, dopo il crollo delle ideologie e il declassamento di ogni antico valore a stupida rivendicazione di nostalgici conservatori o reazionari, ha senso tenere alta la bandiera della propria integrità morale, issare il vessillo di alcune battaglie politiche che sono storico patrimonio delle sinistre italiane? O non rischia forse di apparire, questa, una campagna di retroguardia, e il fautore di certe spinte utopistiche sembrare una sorta di don Chisciotte contro i mulini a vento del falso moralismo e dell’ingabbiamento del libero pensiero? C’è un artista, Luigi Latino appunto, che difende ancora orgogliosamente questo patrimonio di idee, coraggio,legalità, giustizia, e che alza la propria voce contro i soprusi perpetrati dai signori del potere a danno della povera gente, nell’ignoranza diffusa di certi meccanismi che guidano l’agire della classe dirigente italiana. Un flebile richiamo, certo il suo, quasi giovannea “vox clamantis in deserto”, un audace quanto disperato ammonimento che pochi si sentono oggi in animo di condividere. “Libera arte in libero pensiero”: questo il manifesto di intenti di Latino fra le sue tavole caratterizzate da colori viranti sui toni del blu e del nero, scuri, comunque, come scura è l’anima della rabbia covata da chi non accetta lo stato di cose attuale. E nero è anche lo sfondo delle pagine che ospitano le sue opere, in un libro catalogo dal titolo “…nel buio dipingendo e pensierando” che Latino ha recentemente pubblicato. Il buio che scende sulla terra è metafora della cecità degli uomini di fronte alla deriva che sta prendendo questa società dell’usa e getta e rappresenta anche l’addormentamento delle coscienze di chi, a vario titolo, un tempo avrebbe potuto avere un ruolo di maitre à penser, come scrittori, artisti, filosofi, intellettuali non allineati, che oggi invece sembra siano andati in pensione come tutti. Latino non ci sta e grida, attraverso le contaminazioni delle opere, contro il torpore che si è impossessato di noi, l’addomesticamento delle coscienze, contro il potere, contro la paura, contro il drammatico imbarbarimento dei costumi, contro la razzia del più forte a danno dei più deboli, contro ogni sfruttamento, vigliaccheria, omertà, connivenza. Se l’uomo si distingue dall’animale per la sua capacità di ragionare, si chiede Latino, perché non usa questo suo dono prezioso per guardarsi intorno e capire lo sfascio cui stanno andando incontro le nostre città sempre più vittima del degrado, dell’incuria, del marcio che ormai abita nei nostri stessi palazzi e condomini? Di gran lunga superiore appare lo spessore del pittore rispetto a quello del poeta. Non me ne voglia Latino se affermo che, in questo opuscolo che ho fra le mani, l’artista sopravanza lo scrittore, le poesie sono trascurabili, ma devo accogliere il suo come condivisibile bisogno di comunicare tormenti dell’anima, in un momento in cui evidentemente il pennello non è bastato al nostro autore, che ha dovuto ricorrere alla penna. Scrive Gianluca Virgilio nella presentazione del catalogo: “Nell’informale della visione pittorica di Latino negli ultimi tempi sono apparsi sagome e lineamenti di volti umani come relitti di una realtà naufragata, di un umanesimo tragicamente tramontato. Sono i segni di una concezione anarchica della vita, elaborata in anni che oggi appaiono lontani e tremendi”. Dalla sua piccola bottega nel cuore di Galatina, sembra che Latino osservi il mondo e lanci i suoi strali attraverso le opere pittoriche e le sue riflessioni poetiche cercando quella “rottura” che possa far crescere l’uomo e quella maturità che possa portare al rinsavimento una società che sembra abbia smarrito del tutto la bussola nel mare magnum di questi anni di crisi, politiche, finanziarie, sociali. Nei suoi grovigli di pittura le sagome umane in lontananza e i volti sembra che si inseguano, e i paesaggi da era postatomica, così grigio ferro come le sbarre di una prigione, sembrano evocare un imminente giorno finale, che sommergerà anche le nefandezze, come le guerre, la fame, il latrocinio, la violenza esercitata dall’occidente moderno e civilizzatore sulle fragili democrazie orientali. Ad ogni dipinto segue una poesia, anche se sarebbe meglio chiamarla riflessione poetica, sul mondo che stiamo vivendo. Non cambieranno il mondo, siamo certi, le opere di Latino né le numerose mostre a cui ha partecipato nel Salento e in tutta Italia, ma ci danno almeno il conforto di una presenza e di una solidarietà di intenti per una sera di condivisione artistica, a Galatina, a Lecce o dovunque sia. E questo, per quel che mi riguarda, è già motivo di ricambiarne l’amicizia e serbargli gratitudine.