di Elio Ria
Nel mese dei fiori e della primavera consunta, sola in una chiesa per uno sguardo, un’attenzione che non necessita sempre grazie.
Vi ho vista tante volte, anche in ginocchio per non so cosa. Il profumo dei fiori mi distrae. Custode degli sforzi, nonostante il poco amore di cui siete illuminata dagli uomini.
Vorrei provare a parlarvi, ma è cosa facile solo a pensare e non a fare. Cosa mai potrei narrarvi? Ho la testa in frantumi. Se potete parlatemi voi. Anche un cenno, un sorriso di cuore, o una stretta di mano. Ho rotto il silenzio della superbia per ripartire nudo delle ipocrisie e delle menzogne. Questo incontro non è casuale. Vi ho cercata.
Questa luce che non è trattenuta non è maledetta dagli astri. Dà respiro. Potessi alzarmi diverso, non permetterei più alle ombre di imparentarsi con me. Vorrei lasciare tracce della mia visita, non prove. Molte volte ho ricordato e mi sono trovato in ginocchio, dolente e affranto. Gli inverni mi hanno braccato d’estate e i miei giardini sono diventati foreste.
Non posso bastare a me stesso. L’infinito mi attacca, la notte mi disperde, non so quale parte di me sia disposta a finire come una primavera oppure a volarsene per tempesta. Ho la ruggine alle mani e non posso scrivere. Ho gli occhi persi. Le gambe danzano noia. Questa luce mi concilia con il mondo e ne resterò avvinto a dispetto dei dubbi e degli interdetti.
La notte apre al mattino e l’immensità della tentazione di non esserci è forte. Potete pensare a un rinvio? Per rivederci ancora? Per continuare a sorriderci in silenzio, senza le marachelle della vita, in pace, provando a volteggiare come un bambino tra la trasparenza della tua luce, dove il sole non ha accesso e la notte è nel cuore delle stelle.
Non riesco a governarmi, come al solito. Ho vinto la penombra della vergogna e trascuro l’accortezza del paziente. Non mostratemi dottrina, non ne ho bisogno. La purezza della luce mi infonde grazia e giovinezza. Non ci sono fumi, né legna che arde, né cieli gravidi. Posso finalmente giungere a frutto; e mangiarmi gustando il sapore del destino.
Il sole volerà basso per un momento e la notte non riuscirà a spegnerlo.
Leggo e rIleggo questa “paginetta” di Elio Ria perchè candida e bella, come la preghiera di un bambino alla prima comunione. E so quanto costa il candore dell’animo in chi bambino non è da chissà quanto. So quanto costa denudare un animo incrostato dai fumi degli anni e dalle polveri del mondo.
L’onestà del sentire e la maestria delle parole ne fanno un inno che commuove.
Grazie, Wilma. Piace anche a me e non sempre mi succede.