di Armando Polito
Il 29 aprile u. s. su http://www.portadimare.it/#top è stato pubblicato un post, corredato di due foto una delle quali qui replico, che chiunque potrà leggere all’indirizzo http://www.portadimare.it/cronaca/6063-foto-cufiu-di-mare
La redazione di Porta di mare, bontà sua!, mi ha citato come … l’ultima spiaggia per individuare l’etimo di curfu (questo è il nome con cui ho sentito da sempre indicare il fenomeno a Nardò) e ha riportato due ipotesi tratte dal web.
Essendo stata disattivata la possibilità di mandare commenti (a meno che negli ultimi tempi non sia tanto rincoglionito e cecato da non capire o vedere da dove si accede), lo faccio da qui, nella speranza di essere letto dagli interessati.
Per quanto riguarda la prima ipotesi (Corfù) non ho notizia che lì il fenomeno 1 sarebbe particolarmente frequente e credo che lo stesso si formi in loco o, comunque, a non molta distanza dalla costa; tutto ciò finisce per conferire meno valore di quanto non abbia alla motivazione “perché il fenomeno viene dal mare”, a parte il fatto che si dovrebbe giustificare lo spostamento d’accento da Corfù a curfu.
La seconda contiene una descrizione fedele del fenomeno, anche se mette in campo due presunte varianti: cufu, mai sentito, e cùfiu, che però a Nardò usiamo per indicare il frutto che non si è completamente formato, parola che è dal greco moderno κούφιος (leggi cùfios)=vuoto, dal classico κούφος (leggi cufos) con lo stesso significato. A parte la descrizione esatta, di etimologico non c’è granché, se non che cufu/cùfiu sarebbero voci antichissime. Eppure mancava poco per arrivarci …
Curfu è dal latino medioevale culfu(m) (da cui l’italiano golfo), trascrizione del greco tardo κόλφος (leggi colfos), a sua volta dal classico κòλπος (leggi colpos)=golfo, insenatura, tratto di mare. Curfu, perciò, avrebbe assunto il suo significato per slittamento metonimico (dal luogo in cui il fenomeno si verifica al fenomeno stesso).
Redazione di Porta di mare, prima di farmi, eventualmente, i complimenti, pensaci su! Potresti essere naufragata proprio sull’ultima spiaggia, quella di un’isola deserta e senza un filo d’erba …
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1 Sul fenomeno noto come “mare fumante”, da cui il fumore gallipolino segnalato, dovuto ad evaporazione, vedi http://books.google.it/books?id=8KQVSi5W5osC&pg=PA170&dq=%22mare+fumante%22&hl=it&sa=X&ei=zQGAUab1JIiFtAbN4oD4CA&ved=0CDMQ6AEwAA#v=onepage&q=%22mare%20fumante%22&f=false
Caro prof.Polito, personalmente sono favorevole alla 2^ ipotesi e le scriverò il perchè. A Nardò da quando ero piccolo ricordo che i contadini attribuivano ” allu cùfiu ti mare ” ,la caduta del frutto dalla pianta a causa di questo fenomeno che viene dal mare dovuto credo ad evaporazione e che raggiunge vastissime zone dell’entroterra. Poichè è simile ad fitta nebbia con la differenza che è tutta ” salsedine ” brucia tutti i frutti delle piante che riesce a raggiungere. Questa è la opinione che avevano gli anziani contadini riguardo ” allu cùfiù ti mare “, almeno quelli che io ho conosciuto.Un saluto a lei professore ed a tutti i vostri lettori.
Il suo intervento è la dimostrazione, qualora ce ne fosse stato bisogno, della necessità che qualsiasi ricerca sia condotta sul campo, anche perché, chiedo scusa per la battuta, pur essendo qui protagonista il mare, le conseguenze del fenomeno si manifestano dolorosamente, secondo il suo suggerimento, sulla terra. La sua interpretazione è suggestiva e degnissima di considerazione, ma pone il solito problema delle varianti: nel nostro caso curfu (l’unica finora da me sentita) e cùfiu. Se si accetta la prima l’origine sarebbe quella da me avanzata, se la seconda prevarrebbe la sua. Per la mia uso il condizionale per abitudine metodologica, per la sua perché il frutto cùfiu è quello non completamente formato, ma la sua caduta non è immediata, anche se nell’economia contadina è come se fosse già caduto. Il problema delle varianti è antico ed è forse il più grande ed angoscioso della filologia. Purtroppo questo non vale solo per i testi scritti, ma anche per la tradizione orale che, come facilmente si comprende, è più soggetta a deformazioni sovente arbitrarie e dovute al livello di cultura e di onestà della fonte e di rigorosità scientifica in chi ne raccoglie la testimonianza. Per quanto riguarda l’onestà intendo dire che è umano e comprensibile che la fonte sia vittima del pregiudizio, non ancora del tutto estinto, che il dialetto è meno nobile dell’italiano e che, quindi, tenda a “nobilitare” qualche voce. Resta, perciò, dovere fondamentale del ricercatore mettere a suo agio la fonte facendole comprendere, con parole semplici e con esempi concreti, quale scrigno di conoscenza e di umanità essa rappresenta, in modo da sentirsi a tutti gli effetti (e in realtà lo è) un collaboratore e complice piuttosto che una cavia. Insomma, bisogna metterci in questo passione e amore, ingredienti ormai obsoleti e non solo in filologia …
Tutta questa pappardella per dire che il vocabolario del Rohlfs (abituato ad indagare sul campo e con informatori per lo più affidabili) reca solo le varianti curfu, cruffu e vurfe (la seconda per chiara metatesi dalla prima). Proprio la seconda, cruffu, è interessante, perché potrebbe essere deformazione dell’italiano obsoleto roffia=spuntatura di pelli conciate e, estensivamente, cosa che imbratta, nebbia, vapore (tutti significati che non mi sono inventato io e le cui attestazioni non riporto per brevità; basti Dante, Paradiso, XXVIII, 82). Roffia deriva dal longobardo hurf=forfora che secondo me si ricollega, per metatesi, alla radice del latino furfur=forfora. Alla voce longobarda sembrerebbe collegarsi ancor più vurfe.
Se curfu e cùfiu ci riportavano, comunque, all’ambito greco, ecco spuntare con cruffu la pista latino-longobarda, che sul piano semantico con i significati estensivi (nebbia, vapore) sembrerebbe la più convincente. Tuttavia di regola i nostri vocaboli dialettali di origine longobarda derivano tutti dall’intermediario italiano e sarebbe strano che invece, come sembrerebbe dal punto di vista fonetico, cruffu sia derivato direttamente dal longobardo hurf e che da cruffu sia derivato curfu per metatesi.
Nel post originale apparso su Porta di mare, poi, è riportata anche la variante cuffiu. Su Facebook un lettore lo collegava a cuffia, ma al di là del cambio di genere, credo che cuffiu (se esiste) sia deformazione di cùfiu, e non solo per raddoppiamento espressivo di f, ma anche per quella malintesa esigenza di nobilitazione di cui ho parlato all’inizio; dunque di formazione più recente.
Per tutte queste ragioni ho privilegiato la variante curfu e il suo collegamento con golfo. Ringrazio pure il lettore per avermi fornito la possibilità, alla fine di questo monologo, di esprimere un’interpretazione per così dire poetica e non solo utilitaristica (fenomeno>distruzione del frutto>danno economico) di cùfiu, che appare esso stesso come un frutto vuoto del mare e che, sottraendo alla vista lo spazio, contagia lo spettatore infondendogli un senso, e spero pure un sentimento, di angoscioso smarrimento.
Purtroppo, nemmeno la poesia risolve definitivamente i problemi ma, ponendo nuove domande, almeno ci salva dall’illusione di una certezza assoluta …
Ringrazio Noe e lo faccio pure anticipatamente con chiunque (magari qualche accademico …) vorrà intervenire.