di Mimmo Ciccarese
“Dobbiamo riprenderci il diritto di conservare i semi e la biodiversità. Il diritto al nutrimento e al cibo sano. Il diritto di proteggere la terra e le sue diverse specie”.
Vandana Shiva
Queste parole condividono stadi evolutivi favorevoli per abbozzare nuovi pensieri o per tutelare la variabilità biologica di geni, specie, habitat ed ecosistemi, cioè di quello che, in una sola voce, riepiloga il concetto di biodiversità. La biodiversità è alimento vitale per un territorio, specialmente quando la sua ripresa naturale esplode di varietà e stimola la volontà di difenderla.
Attualmente si celebra il cosiddetto“restyling ambientale” per interessi economici o spesso si pianifica in ambito urbano e agricolo senza le opportune e dovute competenze, che eviterebbero di far commettere danni irreversibili e quindi perdita di paesaggio.
Ristrutturare l’ambiente, invece, è un proposito serio che potrebbe davvero interessare, ad esempio, l’introduzione di ecotipi locali di specie autoctone in via d’estinzione o di quelle che da sempre hanno assicurato sussistenza proprio in quelle aree che l’apparato scientifico classifica come “sensibili”.
Anche il Salento è un luogo abbastanza sensibile e la sua vulnerabilità dipende proprio dall’incessante sottrazione di spazi naturali e minacciati dal quel fenomeno definito da molti come un eccesso di “biofobia”, che non ammette alcuna forma di biodiversità.
La “resilienza”, termine che intende la capacità delle specie di reagire a eventi dannosi estremi, insieme a quello di “desertificazione”, ricorre sempre di più nei dialoghi che interessano le interazioni naturali.
Nel Salento se ne parla, eccome, tra le aree protette e i parchi naturali, tra quelle degradate, erose, abbandonate o, dove gli alberi sono più a rischio di espianto per far posto a quegli spazi artificiali che levano respiro e orizzonte in poco tempo.
Il paesaggio Salentino con tutto il suo splendore, dona piacere ed entusiasmo ma ogni tanto si spezzetta, appare discontinuo o disarmonico; ti accorgi che qualcosa non va e lo intuisci subito quando ti soffermi su qualche orrore dissonante, concesso con faciloneria o forse addirittura senza regole.
Qui è semplice rimuovere in un istante l’immagine del disinteresse, com’è altrettanto possibile coccolare il ricordo di un seducente percorso tra ulivi secolari, con tutte le creature che lo abitano; avverti solo dopo l’incredibile mutevolezza che tratteggia questa terra e non puoi fare a meno di amarla.
Dai risultati di un’indagine popolare, il Salento è stato eletto territorio dell’anno, amato da più del 10% degli italiani; dato che supera addirittura le Cinque terre, la costiera Amalfitana e il Chianti per cui, adesso, non si può più dire che esso sia solo una spazio di confine “te sule, te mare e te ientu”, ma una terra di primo piano. Con questo bel riconoscimento, a maggior ragione, per rafforzare e condividere il pensiero di Vandana Shiva sulla biodiversità, sarebbe ora auspicabile che sia rispettata l’attitudine ecologica del Salento, senza la quale esso perderebbe in identità.