di Armando Polito
Mi chiedevo se fossimo arrivati alla fine di quella infernale maratona, ma la voce del dottor Jekyll sembrava fresca come quella di chi deve ancora partire.
– Mo ene lu bbellu! Ògghiu tti mòsciu cce ffine hannu fattu li belle palore ca t’aggiu littu ti l’urtimu bicchieri. Quistu lu canusci? – (Ora viene il bello! Ti voglio mostrare che fine hanno le belle parole che ti ho letto dall’ultimo tumbler. Questo lo riconosci?).
– Certo, si tratta di Wayne Rooney, il bomber del Manchester United e della nazionale inglese, ritratto l’anno scorso mentre rassicura i suoi fans dopo un infortunio piuttosto serio –
– E tu, e puru iddhu, e nno ssulu ui toi, a queddha data sapii nienti ti queddha scritta? –(E tu, e pure lui, e non solo voi due, a quella data sapevate niente di questa scritta?).
– No, però io e tanti altri ci siamo comprato la serie completa di magliette. Se non ci credi, ho in tasca una foto; guarda! –
– La cosa cchiù inteliggente ca sta bbèsciu ggh’è lu mùsciu; quarda, ca mu mmi muesci sta schifezza ti so ccatute ti poscia to addhe carte – (La cosa più intelligente che sto vedendo è il gatto; guarda, per mostrarmi queste schifezze hai perso dalla tasca due altre carte!).
Mi chinai a raccoglierle e gliele mostrai. Erano la decalcomania e il poster dei Furaya che portavo sempre con me insieme con la foto in t-shirt.
– Che emozioni a quel concerto! E tu, magari, sei rimasto a Peppino di Capr … –
L’ultimo pezzetto di quella penisola (o isola?, non stiamo a sottilizzare, perché non ho smaltito tutti i postumi di quell’esperienza traumatizzante!) mi rimase in bocca perché mi sentii catapultato da un calcio-missile sulla sontuosa scalinata d’ingresso, accompagnato da un lugubremente echeggiante vaffanculohoohoh …!
… Realizzai che il mio alter ego doveva essere un fanatico incallito (non è il caso di sciupare fan …) del cantante napoletano. Passai in rassegna tutti i gradini e mi ritrovai col culo per terra dottor Jekyll … ai piedi del letto.
Forse solo nei sogni le nostre contraddizioni s’incontrano e si riconoscono e non abbiamo vergogna a “parlare in dialetto” e a smascherare le nostre debolezze, pronti ad assumere al risveglio volta per volta i panni del dottor Jekyll o di mister Hyde. Però, tra i due, ancora non ho capito chi è più importante; so solo che l’uno non può essere senza l’altro.