Il culto e la festa dei SS. Apostoli Filippo e Giacomo, Patroni di Diso (Lecce) : i “Santi nosci”
di Rocco Boccadamo
Le celebrazioni espressamente dedicate hanno inizio il 21 aprile con il novenario.
Di buon mattino, a cura ed opera del Parroco e dei priori, questi ultimi intesi come i principali esponenti del comitato festa, le statue di legno dei Santi sono prelevate dalle nicchie appositamente ricavate nelle pareti interne della chiesa, “spogliate”, ossia senza gli ornamenti delle corone e delle insegne (croce e asta), e poggiate su uno scanno in prossimità dell’altare.
In quella fase, il luogo è quasi a porte chiuse, in pratica vuoto, l’azione si svolge in un misterioso silenzio, ammantato di riservatezza e di esclusività.
Il prete e i priori allestiscono, nel consueto angolo del tempio, a sinistra guardando l’altare, il baldacchino o “tosello” in pesante tessuto rosso; quindi prendono, dalle custodie di sicurezza, le anzidette insegne in argento e le reliquie dei Santi, ponendole addosso ai rispettivi simulacri, in gergo “vestono” le statue.
Contemporaneamente, i rintocchi delle campane fanno giungere alla popolazione l’atteso, immancabile e immutabile avviso.
Fino a qualche decennio fa, la gente era colta dall’annuncio, quando già, dopo la sveglia all’alba secondo le antiche abitudini dei contadini, si trovava da tempo intenta al lavoro; dunque, lasciando di colpo arnesi e occupazioni, accorreva di buona lena, a passo affrettato, direttamente dalla campagna verso la chiesa.
Adesso, invece, nella quotidianità e particolarmente il giorno 21 aprile, nessuno si reca nei campi, anzi le persone si preparano in casa, in un certo senso con abiti di festa, per l’evento.
In tutta la comunità, sembra che sia rimasta solo un’anziana donna, la quale non ha cambiato le usanze e raggiunge la parrocchia così come si trova.
Con il luogo sacro ormai gremito di fedeli, il parroco e i priori intronizzano le statue sul baldacchino.
Nel tardo pomeriggio, in piccola processione, dalla congrega (cappella) della confraternita si preleva il simulacro in cartapesta della Madonna Immacolata – qui conosciuta come Madonna dell’Uragano, giacché la Vergine, stando alla tradizione, tenne indenne Diso da un devastante evento atmosferico – e lo si colloca, in parrocchia, sotto il baldacchino, in mezzo ai due Santi Patroni.
Durante il novenario, la sera sono invitati a tenere la predica (omelia), a turno, i parroci dei paese vicini, con una dedica, un’intenzione, una finalità, un argomento ogni giorno differente: per la famiglia, gli emigranti, i devoti ai Santi, i bambini e via dicendo.
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Intervallo di natura esteriore o civile: dal 1° marzo iniziano ad affluire, a bordo di enormi camion, i “pali”, ossia gli addobbi, le luminarie che adorneranno le principali vie e piazze, compresa la maestosa cassa armonica, sotto la cui cupola prenderanno posto e suoneranno le bande musicali. In genere, salvo che la ricorrenza non cada troppo bassa, per Pasqua, tale apparato deve essere “piantato”, ossia sostanzialmente messo a dimora e pronto.
Restando sotto l’aspetto “civile”, l’anima ispiratrice e organizzatrice e il motore propulsore dei festeggiamenti s’identificano con il Comitato: un gruppo di persone che “si mettono” o “escono” volontariamente e lavorano sodo pressoché durante l’intero arco dell’anno.
Così, per citare, ecco alcune attività del comitato.
Organizzazione e allestimento di riffe – in palio ricchi premi, finanche un’autovettura -, con attuazione del progetto e vendita dei biglietti non solo nell’ambito del paese, ma pure coinvolgendo mercati e fiere delle località vicine, portando materialmente in giro, qua e là, sino alla fiera di S. Rocco a Torrepaduli, il premio finale, ad esempio l’autovettura, e ciò per meglio e concretamente allettare e invogliare il pubblico all’acquisto dei tagliandi. L’estrazione avviene di solito la vigilia della festa, cioè il 30 aprile.
Un piccolo ma autentico episodio “a latere” della riffa in questione. Un anno, alla fiera di S. Rocco, comprò un biglietto un signore d’età avanzata, originario di Andrano, che recava con sé, aggrappato al collo, un nipotino e il buon uomo dichiarò espressamente di voler procurarsi e pagare il biglietto a nome e beneficio del piccolo.
Fu proprio quel tagliando, il fortunato estratto e, all’atto della consegna dell’autovettura in palio, l’anziano ribadì che il veicolo, come promesso, era destinato al nipotino: limiti o debolezze della società contemporanea, anche in seno alla famiglia, la decisione diede luogo ad accese reazioni da parte degli altri figli, reazioni sedate e respinte con non poca fatica.
Per Pasqua, i componenti della commissione passano di casa in casa onde raccogliere le “uova dei Santi” o, in mancanza di galline e pollai, una corrispondente offerta in danaro, minimo cinque euro.
Agli inizi di ogni anno, ecco poi apparire i calendari con le effigie dei Patroni e, nuovamente, via a raggranellare offerte.
Ancora, una volta il mese, ciascuna famiglia si vede recapitare una busta per i Santi: la voce sparsa in giro, è di riempirla con un minimo di venti euro.
La domenica mattina, in piazza, non manca mai la mitica cassetta e, pure in questo caso, se uno non vi depone almeno cinque euro, finisce con essere fatto oggetto di “mormorazione”, comportamento non certo cristianissimo, ma…così vanno le cose.
Nocciolo duro dell’opera del Comitato, la raccolta delle sottoscrizioni nominative di ciascun nucleo familiare: si va da 70 a 100 o 150 euro ad uscio.
Ultimo corollario di entrate, la raccolta di quantitativi di grano dai produttori e di olio, nei frantoi, dai molitori “particolari”, derrate entrambe destinate alla monetizzazione.
Sembra uno scherzo, invece il reperimento fondi e risorse è estremamente impegnativo, si pensi che il paese conta appena più di 1000 abitanti e il budget della spesa complessiva per la festa si aggira intorno ai 250.000 euro.
Non di rado, per far quadrare i conti, i membri del Comitato sono portati o costretti a una speciale autotassazione personale.
Nel giorno dell’evento, il 1°maggio verso le otto, sul sagrato della parrocchia si svolge l’asta per aggiudicarsi e portare a spalla le stanghe dei Santi: coloro che offrono di più (si parla di centinaia d’euro a testa) allacciano alla rispettiva estremità delle “stanghe” (solide barre di legno infilate alla base delle statue) un “nastrino” a colori personalizzato. Attenzione, però, l’aggiudicazione iniziale non è per niente definitiva, durante la processione chiunque ha il diritto di avvicinarsi alle stanghe, chiedere quanto e’ stato pagato dal portatore “a” o “b” e, al caso, dichiararsi disponibile a versare una somma maggiore, che, se non ulteriormente rilanciata, gli dà titolo per divenire, da quel momento, il portatore della statua dei Santi.
Ovviamente, il dovuto per le stanghe è pagato al termine della processione.
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Inizia, muovendo dalla chiesa, la processione, verso le 9 – 9.30 e si conclude intorno alle 13.00 – 13.30: un intervallo così tanto lungo, giacché è comprensivo della sosta dei Santi, abitualmente in Largo Municipio, per due ore, due ore e mezzo, la parentesi, cioè, che è occupata dallo sparo dei fuochi pirotecnici, sino a tre o quattro batterie per opera di altrettanti fuochisti. Un’interminabile esibizione, un festival di botti che si compie rigorosamente di giorno – e non di sera come sarebbe consigliato per i più spettacolari effetti luminosi dei giochi sotto le tenebre – che mandano in sollucchero gli amatori, i quali apprezzano e giudicano la valentia degli artificieri in base all’armonia, laddove si tratta piuttosto di deflagrazioni assordanti, delle “carcasse” e dei “carcassuni e alle sequenze dei crepitii segnati da catenelle e grappoli di piccole nubi artificiali.
Talvolta, e in diverse occasioni, ha suscitato controversie siffatta sosta laica dei Santi Patroni e del corteo, in varie riprese il vescovo diocesano ha cercato di impedirla, ma “il popolo” non ne ha voluto sapere.
In qualche circostanza, è addirittura intervenuto un improvviso rovescio di pioggia, ma, anche in tale evenienza, i Santi sono stati fermamente trattenuti in sosta all’aperto, a bagnarsi, non si e’ minimamente dato ascolto alla proposta di qualcuno di porli al riparo al coperto. Osservazione del Comitato: “In fondo, l’acqua l’hanno voluta Loro e adesso se la tengono”.
Fede, credo religioso o, al contrario, un piccolo rigurgito di superstizione?
Sia come sia, la processione è molto nutrita, affollata, vi partecipano varie migliaia di persone, del posto e di numerosi paesi contermini. E’ composta, diciamo a metà e metà, ma forse sono prevalenti i secondi, da fedeli che giungono in visita e camminano dietro ai Santi Apostoli e da patiti dei fuochi pirotecnici e delle luminarie.
In base alla leggenda o tradizione, i simulacri dei Santi di Diso, localmente appellati e amati come i “Santi nosci”, approdarono in zona via mare, a bordo di un battello improvvisamente paratosi all’imbocco dell’insenatura “Acquaviva” di Marittima. Tentarono di accostarsi al natante, con l’intento di prelevare le statue, sia gruppi di marinai di Castro, sia abitanti di Marittima, ma invano, giacché, di fronte ai loro tentativi, il naviglio prendeva ad allontanarsi e a beccheggiare sospinto dalle onde. Solamente all’arrivo di gruppi di fedeli di Diso, l’operazione riuscì.
Si formò un corteo con i due simulacri, il percorso dall’Acquaviva a Diso non era brevissimo e, prima di guadagnare la méta, fu necessaria una breve sosta in una campagna situata fra Castro, Vignacastrisi e Diso: a ricordo di ciò, in quel posto si edificò una minuscola cappella, esistente ancora oggi, denominata “cappiddruzza”
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Dei due Santi Patroni, Filippo e’ quello con il volto incorniciato da una robusta barba.
Invece, il secondo, ovvero Giacomo, ha il volto liscio, ma, soprattutto, è contraddistinto da un’altra caratteristica identitaria: gli occhi grandi, appena rivolti verso l’alto, che lasciano egualmente trasparire uno sguardo che prende, riempie, colpisce e lascia ammirato l’osservatore: nessuno, avvicinandosi al simulacro, riesce a sfuggire, a restare fuori campo, rispetto al particolare.
Le donne, specialmente, rimangono incantate, si innamorano di quegli occhi, ne metabolizzano la luminosità e la profondità, non e’ azzardato pensare che, quelle in età feconda, arrivino a sognarne, prefigurarne di uguali per le creature che si troveranno a generare.
Notazione collegata o meno alla riflessione o supposizione di cui sopra, sono numerose, a Diso e anche a Marittima, le persone con occhi grandi e scuri, chissà se “figlie ideali e spirituali di S. Giacomo”.
In tale novero, allo scrivente e’ agevolmente dato di porre, a riferimento, la propria mamma, purtroppo mancata da quarantacinque anni, una sorella e due nipoti. E non e’ affatto detto che si tratti esclusivamente di mera e banale suggestione.
I Patroni di Diso, SS. Filippo e Giacomo, vantano, ovviamente, correnti e poli di culto religioso e di devozione in molteplici località nel mondo. Fra i centri e i siti di venerazione, merita di essere ricordata la Basilica dei XII Apostoli nella omonima piazza di Roma, che è una delle chiese “titolari” della capitale, vale a dire intestata ad un cardinale: attualmente, il titolo è detenuto dal Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano.
Alcuni anni fa, su iniziativa del parroco di Diso, le reliquie degli Apostoli Filippo e Giacomo custodite nella Città Eterna arrivarono e sostarono per un certo periodo nel paesino. E fu solennità grande.
In chiusura delle presenti note, piace e sembra giusto all’autore porre in evidenza che il parroco pro tempore di Diso, il reverendo don Adelino Martella, si trova da oltre un ventennio alla guida della comunità e, a parte le sue preclari doti e qualità di predicatore, di studioso e di scrittore (più recenti volumi pubblicati, ”Il miracolo e i miracoli dei Santi di Diso” e “Giovanni Paolo II, il Grande”), nell’ambito della sua opera e dedizione in veste di Pastore , si è particolarmente distinto per l’impegno profuso ai fini di importanti lavori di restauro della chiesa e dei tesori nella stessa contenuti, chiesa che, attualmente, si presenta, senza esagerazione, alla stregua di un prezioso gioiello.