di Armando Polito
Chi mi conosce sa che conduco una vita di società molto intensa e che la casa la uso, quando non sono in viaggio, solo per dormire1. Salotti e ristoranti sono il mio habitat2 preferito, la convention3 e il briefing4 atti quotidiani, salvo il weekend5 che, comunque, vivo sempre nell’ambito del jetset6. Al mio ultimo party7 ho vissuto, però, un’esperienza shock8 quando ho chiesto al waiter9 che mi fosse servito un Godfather10 in un tumbler11 Collins12. Se qualche lettore poco avvezzo a simili raffinatezze ha capito ben poco, può rimediare leggendo le note ma farebbe meglio a dichiararsi out13. A ben pensarci, però, la lettura delle stesse non farebbe male anche a chi si crede in14 perché potrà incontrarvi sorprese etimologiche e non …
Mentre il waiter con gesti troppo sensualmente sospetti mi serviva, ho sentito una voce, come di ventriloquo, che diceva: – Ma piccè no ccuenti comu ta ‘mparàtu màmmata?. Pièzzu ti fessa, cerca invece nnu bbicchieri ti mièru friscu! – (Ma perché non parli come ti ha insegnato tua madre? Fessacchiotto, chiedi invece un bicchiere di vino fresco!).
Mi son guardato attorno ma il waiter si era già allontanato a servire altri ospiti e l’essere vivente più vicino si trovava ad almeno tre metri di distanza (sono uno, infatti, che mantiene sempre le distanze …) ed era impossibile che quella voce, che avevo sentito vicinissima, anzi intima, provenisse da lì.
Ero sovrappensiero (lo sono quasi sempre, sono un pensatore super …), tenevo tra le mani il bicchiere e mi chiedevo chi fosse stato ad aggredirmi, in quell’ambiente raffinato e colto, così cafonescamente e, per giunta, in dialetto, quando la voce misteriosa si fece di nuovo sentire:
– Quarda cce nc’è scrittu sobbra allu bbicchièri ca tieni a mmanu! – (Guarda cosa è scritto sul bicchiere che hai in mano!).
– Scotland – dissi prontamente in perfetto accento scotto-inglese-americano.
– Sècutame! (seguimi!) – incalzò la voce che sentivo diventare progressivamente padrona di me stesso; e obbedii.
Giungemmo vicino ad un tavolo risalente all’epoca egizia coperto da una tovaglia ricamata, autenticata di età romana imperiale, sulla quale orgogliosamente si ergeva una collina di tumblers e ognuno aveva accanto, quasi a sancire le nobili origini, lo scatolo dal quale era stato estratto.
– Cce sta bbiti?- (Che vedi?)
– Che diamine, sono trenta tumblers Collins! – esclamai risentito, prontamente compensando con la mia bravura in matematica (quando si scaricano le pile della calcolatrice, che palle!, uso, un po’ incoerentemente … il pallottoliere) le sette diottrie per occhio che mi mancano.
– Brau, mo pìgghiande a mmanu unu alla fiata e liggi cce ‘nc’è scrittu! – (Bravo, ora prendine in mano uno per volta e leggi cosa c’è scritto!).
Eseguii malvolentieri l’ordine e afferrai l’oggetto con gesto leggero ma già velato d’inquietudine.
– Cce pporta scrittu sobbra? – (Che reca scritto?) –
– Stand sure, in italiano sosta sicura –
– E qquìstu ggh’è tuttu quìddhu ca mi sai tire? – (E questo è tutto quello che mi sai dire?)
– Dimmi tu che altro c’è da dire! – reagii stizzito.
– “Stand” ene ti la stessa ratice ti lu latinu “stare” e ti lu grecu “ἵστημι” (liggi “ìstemi”) ca significanu “stare”; “sure” ene ti lu francese anticu “sur/sure” e quìstu ti lu latinu “secùru(m)” – (Stand deriva dalla stessa radice del latino stare e del greco ìstemi, che significano stare: sure deriva dal francese antico sur/sure e questo dal latino secùrum).
– Posso prendere un altro tumbler? – abbozzai timidamente, avendo, però, capito che bisognava accorciare i tempi; rimanevano altri 29 bicchieri, quello era il gioco, mi trovavo in gioco e dovevo giocare.
– L’addhu bbicchièri lu pigghi a mmanu quandu ti lu ticu iò! – (L’altro bicchiere lo prendi in mano quando te lo dico io!)
Il tono non ammetteva repliche e continuò: – Gnorante! “Stand sure” è lu mottu ti li Anderson, stu nome stae scrittu puru sotta, nobbile famiglia scozzese; mo putimu passare all’addhu bicchieri! – (Ignorante! Stand sure è il motto degli Anderson, il nome è scritto pure in basso, nobile famiglia scozzese; adesso possiamo passare all’altro bicchiere!).
Posai il bicchiere che nel frattempo era diventato di piombo e passai al secondo bruciando sul tempo la mia molesta compagnia alla quale, con disprezzo ancora malcelato, sputai in faccia la lettura prima che mi sollecitasse a farlo.
– Ìnvictus manèo –
Non avevo nemmeno finito di pronunziarlo che fui investito:
– Crapa, sta fiata si tratta ti latinu e si legge “invìctus màneo!” – (Capra, questa volta si tratta di latino e si legge invìctus màneo).
Per un attimo pensai che il mio misterioso interlocutore fosse Vittorio Sgarbi ma mi ricordai subito che il padrone di casa nell’accogliermi (cosa non fa un aristocratico del gusto per darsi arie …) mi aveva confidato di aver ricevuto cinque minuti prima una sua telefonata dall’Australia. Non poteva essere lui che ha sì il dono dell’ubiquità, ma solo di quella televisiva. Dovevo, comunque, difendermi.
– Per due accenti sbagliati! –
– Ah, si? Allora timme cce ssignìfica! – (Ah, si? Allora dimmi che significa!).
– È colpa mia se nel nutrito carnet (ben sette lauree15 tra le quali spicca quella in coprologia conseguita a Chicago con una tesi dal titolo Lo spurgo dei pozzi neri) mi manca solo quella in lettere? – .
Il latino e il silenzio che ne seguì mi avevano spiazzato a tal punto che mi dimenticai di aggiungere che si trattava del motto della famiglia Armstrong; e pensare che per arrivare a quella conclusione avevo bruciato più di cinquecento miliardi di neuroni. Le stime più recenti valutano in duecento miliardi il numero di neuroni nel cervello umano? Sarà vero, ma è vero pure che non siamo tutti uguali.
Durò poco quel refrigerante silenzio, lacerato dalla voce del fantomatico persecutore.
– “Invìctus màneo” significa “restu no bbintu, no ttumàtu”. Pensu ca ha ccapìtu ca totte sti frasi sontu motti di famiglie nobbili scozzesi; sciamu ‘nnanti! – (Invìctus màneo significa resto non vinto, non domato. Penso che hai capito che tutte queste frasi sono motti di famiglie nobili scozzesi; andiamo avanti!).
Per brevità, ma anche perché da quel momento ebbi paura di leggere gli altri motti anche se scritti in inglese, riporto solo, tumbler per tumbler, le parole di colui che ormai cominciava ad assumere sempre più prepotentemente i connotati morali (senza avvertibile peggioramento, purtroppo, di quelli fisici, stante la già pessimamente definitiva situazione di partenza … ) del mio dottor Jekyll (o mister Hyde?, mistero!).
(CONTINUA)
______
1 All’indirizzo https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/05/06/la-indetta-ti-lu-casaluru-la-vendetta-del-tutto-casa/ si legge tutto il contrario. Credo che l’autore del post sia un mio omonimo che racconta, secondo lui in versi, il suo patologico isolamento dal mondo. Se qualcuno, invece, ha voluto far passare quel post come mio, il vero autore, una volta scoperto, sarà denunziato per calunnia. Se, infine, l’ho scritto io in un momento di scarsa lucidità mentale, vuol dire che mi autodenunzierò e non me ne frega niente se contribuirò a rallentare la celebrazione di qualche processo più importante. L’ultima possibilità prospetta un caso giuridico molto interessante, in cui accusato ed accusatore coinciderebbero, non sarebbe esclusa l’incapacità di intendere e di volere nelle due fasi (calunnia e denunzia della stessa), l’eventuale risarcimento sarebbe nello stesso tempo un debito ed un credito. Rimarrebbero certe solo le spese processuali, ma, nel caso dovessi adire le vie legali anche contro me stesso, sarà necessario che mi procuri un avvocato tanto all’altezza che riesca a far pagare quelle spese a qualche innocente o, forse, sarà meglio che mi difenda da solo; in ogni caso, bisognerà che prima sia approvata un’apposita legge …
2 Ambiente. La voce è dal latino, in cui è la terza persona singolare del presente indicativo di habitàre (=abitare) che è frequentativo di habère=avere. Non a caso l’abitazione è per tutti l’avere per eccellenza, anzi era perché fra poco chi la possiede sarà obbligata a venderla, ai soliti ignoti non contribuenti, per pagare le tasse.
3 Nel linguaggio amministrativo è la riunione programmatica degli operatori del ramo commerciale; nel gergo politico (mediata dagli USA in cui è il nome dell’assemblea generale dei delegati di un partito convocata per decidere le candidature alla presidenza e ad altre alte cariche) comincia a soppiantare congresso, usata anche dai partiti che hanno meno di un centinaio di tra iscritti e simpatizzanti …
Convention è di formazione recente dal latino conventione(m)(=assemblea, accordo, citazione in tribunale; la voce latina è formata da cum=insieme e venìre=venire, da cui gli italiani convenzione, convenire e convenuto (anche nel senso sostantivato di citato in tribunale).
4 Breve riunione nel corso della quale vengono impartiti ordini operativi o illustrati piani, compiti e scadenze; la voce è denominale da brief=breve; evidenti i rapporti tra brief e il latino breve(m).
5 Da week=settimana+end=fine. Week potrebbe essere connesso con il latino vice(m)=successione, avvicendamento e end con il latino ante (=di fronte), partendo dal concetto che la fine è ciò che è opposto all’inizio.
6 La parte più abbiente dell’alta società internazionale. La voce è da jet=aereo a reazione (riferimento al mezzo di trasporto privilegiato) e set=gruppo. Jet è connesso con il latino iàctu(m), participio passato di iàcere=gettare, frequentativo di iacère=giacere; set è connesso col latino sectum, participio passato di secàre=tagliare (idea si separazione, di elemento a parte).
7 Connesso col latino parte(m)=parte, da partìrì=dividere (idea di partecipazione).
8 Voce di origine francone, probabilmente onomatopeica.
9 Voce di origine francone.
10 Cocktail a base di Scotch e Amaretto di Saronno. Cocktail è di origine francone, connesso con il francese coquetier=sorta di bicchiere usato per mangiare l’uovo alla coque. Coque, che è il nome dell’involucro dell’uovo, è connesso, tramite complessi passaggi semantici che qui riassumo nella rotondità della forma con il latino coccum (=bacca, cocciniglia), a sua volta dal greco κόκκος (leggi coccos)=granello, chicco (specialmente di melagrana), cocciniglia. Godfather (me ne ero quasi dimenticato …) alla lettera significa padrino, padre spirituale (bella scusa per ubriacarsi …) ed è composto da god=dio e father=padre; god da alcuni è connesso con una radice *gheu che significa invocare, da altri ad una radice *gheu, diversa dalla prima, che significa versare per una libagione (con quest’ultima è connesso il greco χέω (leggi cheo)=versare; father è connesso con il latino pater e con il greco πατήρ (leggi patèr).
11 Bicchiere cilindrico a base larga e pesante, senza piede. Alla lettera acrobata (in riferimento ai precedenti movimenti del cocktail nello shaker?; shaker è da shake=vibrazione, scuotimento, di origine germanica).
12 Qui è un marchio, ma la voce potrebbe derivare da Tom Collins Joseph Furphi (1843-1912) novellista australiano; verso la fine del XIX secolo Tom Collins divenne in Australia una voce gergale per significare rumore di vuoto. Che abbia ragione chi sostiene che c’è un rapporto reciproco tra l’alcol e l’estro poetico …?
13 Fuori. Probabilmente connesso con il latino usque=continuamente e con il greco ὕστεροv= (leggi iùsteron)=dopo.
14 Dentro. La voce, di origine germanica, è connessa con il latino in e con il greco ἐν (leggi en).
15 Vedi il mio profilo in https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/03/01/armando-polito/