La gente stupida e credulona la si trova dappertutto
di Emilio Rubino
C’era una volta un signore che aveva due figlie. Un giorno, all’ora di pranzo, il padre chiese alla più piccola di scendere in cantina a prendere un po’ di vino. Mentre riempiva il boccale, la giovane ebbe a pensare che era giunto il tempo di trovarsi un fidanzato, amoreggiare con lui, sposarsi e poi avere un figlio. Ma, mentre così fantasticava, le sorse un dubbio atroce.
“E ci poi more?”.
E si sciolse in un pianto incontenibile.
“Ahi, ahi, fìgghiu mia… ahi, ahi, fìgghiu mia!”.
E rimase a lungo in cantina a piangere a dirotto.
Il padre, molto preoccupato, allora mandò in cantina la seconda figlia per sincerarsi di cosa stesse succedendo. Giuntavi, trovò la sorella che piangeva, singhiozzava e si disperava. Ovviamente la giovane chiese spiegazione di cosa le fosse accaduto. La sorella minore le spiegò che avrebbe voluto fidanzarsi, sposarsi ed avere un figlio. Non fece in tempo di finire il discorso che la sorella maggiore s’interrogò preoccupata: “E ci poi more?”.
Ed iniziò a piangere anche lei e a ripetere con voce tremula: “Ahi, ahi, nipote mia… Ahi, ahi, nipote mia!”.
Poiché le due giovani tardavano a salire, il padre scese in cantina a farsi spiegare il motivo di tanto ritardo. Quando fu ragguagliato sul perché di quei pianti, l’uomo si mise le mani tra i capelli e concluse: “Chiù fesse de li fili mia no’ nd’aggiu ‘iste a nuddha parte ti lu mundu!”. Così dicendo, prese i suoi effetti personali e andò via di casa per sincerarsi se da qualche parte del mondo ci fossero persone più sciocche e grulle delle sue figlie.
Cammina e cammina, l’uomo arrivò in un paese sconosciuto. Si fermò in un angolo di strada a riposare, quando scorse, non molto distante da lui, un gruppo di persone che si davano un gran da fare e si disperavano, implorando l’intervento divino. Vi si avvicinò e vide un ragazzetto che tentava inutilmente di estrarre un braccio infilato in una piccola giara, inthra ‘na capaseddha come diciamo noi a Nardò. Perciò, tutta la famiglia e i conoscenti più stretti inveivano contro la malasorte.
“Sorte noscia, cce piccatu, l’imu tagghiare lu razzu!… Cce discrazia, sorte noscia, cce discrazia!… Fanni ‘na cosa ti li mani tua, Ggessu mia!”.
“Tagliare il braccio?” – si domandò l’estraneo – “Ma è da pazzi tagliare il braccio per un motivo così banale!”. Perciò, dopo aver chiesto permesso ai familiari, l’uomo si avvicinò al ragazzo e gli chiese: “Cce puerti a manu?”.
“Sei nuci” – rispose subito quello.
“Lassande toi e tira fore lu razzu!”.
Il ragazzetto ubbidì, ma il braccio continuava a rimanere incastrato nella giara. Peggio di peggio: i familiari erano ancor di più disperati.
“Cce discrazia, sorta noscia, cce discrazia!” – continuavano quelli, afflitti e disperati più che mai. L’uomo riparlò ancora al bimbo.
“Quanti nuci tieni ‘ncora a manu?”.
“Toi!” – rispose secco il fanciullo.
“Lassande unu e tira lu razzu fore!”.
Anche questa volta il ragazzo ubbidì e, meraviglia delle meraviglie, il braccio venne fuori dalla giara per la gioia di tutti i presenti.
“Miraculu, miraculu!… Quistu è nu santu, quistu è nu santu!”. – gridarono tutti all’unisono. E così dicendo colmarono di doni il forestiero, che andò via nella convinzione che gente stupida ci fosse dappertutto.
Cammina e cammina, arrivò nei pressi di una chiesa di un altro paese. Tutt’intorno vi erano molte persone che si lamentavano e piangevano per un problema che ritenevano di difficile soluzione.
“Piccatu, piccatu!… l’imu tagghiare l’anche, se no nu’ trase!” – imprecavano alcuni.
“…oppuru l’imu tagghiare la capu!” – suggerivano altri. Ed era un pianto generale.
Era successo che una sposa, data la sua notevole altezza, non riusciva ad entrare in chiesa, la cui porta d’ingresso era più bassa di lei. Da qui il dilemma: o tagliare le gambe della sposa oppure la testa.
L’uomo allora, facendosi largo tra la gente, si avvicinò alla sposa e, allontanati i presenti, le disse: “Piècate nu picca… nu picca ancora… ancora ‘n addhu picca. Eccu, mo’ poti trasire!”.
E la donna riuscì ad entrare in chiesa. Gli applausi fioccarono da più parti, tanto che l’uomo fu preso, sollevato e portato in trionfo come un vero eroe.
“Comu ha’ fattu, comu ha’ fattu!… Tu si nu santu, si nu santu!” – si compiacquero tutti quanti.
Colmatolo di doni e di denaro, lo ossequiarono ripetutamente con inchini regali.
Il forestiero riprese la strada e, cammina e cammina, entrò in un altro paese. Si accorse subito che una donna, pensosa e triste, se ne stava seduta sul limitare di casa. L’uomo salutò e tirò dritto, ma quella lo bloccò immediatamente.
“Tu nu’ ssi di qua, veru?!… Mi pari tantu stranu, come se sta bbeni de l’addhu mundu!… Me ssamiji a ‘n’anima bbona!” – suppose la donna.
Quello istintivamente annuì.
“Oh, cci bellu!… Addhra ssobbra ha’ bbistu pe’ ccasu l’anima ti la figghia mia?!… Dimme, l’ha’ bbista?!”.
L’uomo assentì una seconda volta.
“T’ha dittu ca ‘ole quarche cosa?… Timme, cci t’ha dittu la figghia mia?!”.
L’uomo, avendo intuito di trovarsi di fronte a persona molto credulona, le rispose: “Ha’ dittu ca li sèrvanu moti sordi, percè ‘ole cu ssi ccatta l’indurgenza ti li santi”.
Subito la donna si precipitò in casa, prese trenta monete d’oro e le consegnò al forestiero, il quale ringraziò, assicurandola che le avrebbe date… all’anima della figlia.
L’uomo andò via, gongolando dentro di sé e pensando che quanto più si gira per il mondo tanto più emergono ed aumentano gli sciocchi. Per tale motivo decise di ritornare a casa, convinto più che mai di non essere l’unico ad avere delle figlie stupide e tonte.
Come dire… “mal comune mezzo gaudio”.
E se si va in giro di gonzi se ne trovano tanti e qualche volta anche noi non sfiguriamo
Che bel racconto! Ci fa pensare a molti personaggi comuni (ad esempio gli elettori, i clienti dei maghi) e in vista (i politici che ci circondano, i maghi che coltivano clienti) dei nostri giorni.
Chi all’inizio rimane indignato dall’ignoranza, dalla stupidità assoluta di coloro che non sanno risolvere problemi banali, poi finisce con l’essere assalito dalla tentazione di approfittarne, tanto è facile plagiare o assecondare gli stolti. Penso che questo sia sempre stato il rischio corso da buona parte dell’umanità, o per fame, o per inganno, o per stupidità. I neuroni sono una popolazione e come tale dobbiamo adoperarci a mantenerla sana e attiva. Sempre! E’ in gioco la sopravvivenza del pianeta e della razza umana, anche di quella credulona.