DALLA BOTTEGA LETTERARIA ALLA BOTTEGA DEL RIGATTIERE.
CRONACA DI UNA SERATA IN COMPAGNIA DI PAOLO VINCENTI A CASA COMI
di Marco Cavalera
Venerdì 22 marzo si è svolta la presentazione del libro di Paolo Vincenti “La bottega del rigattiere”, presso Palazzo Comi a Lucugnano, a chiusura della rassegna culturale “I giorni della lettura”, promossa dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Lecce, in collaborazione con le associazioni Libera Università Popolare Sud Salento Unito e Archès di Lucugnano.
Si è trattato di una serie di incontri letterari che hanno salutato il ritorno di Persefone, figlia di Demetra, dal regno dei morti, dove è costretta a ritornarci ogni equinozio di autunno a causa di un inganno perpetrato da Ade. L’elegante copertina del libro di Vincenti, che raffigura una sorta di serpente a quattro zampe che si morde la coda, ricorda senz’altro l’eterno ritorno di Persefone.
Il contesto in cui si è svolta la serata è la scuderia di Casa di Girolamo Comi, un palazzo nobiliare di metà ‘800 che chiude a meridione una piazza, oggi intitolata allo stesso poeta, grande quasi quanto il paese. Un giardino cinto da una bassa siepe, qualche agrume, una palma ad alto fusto e un mezzo busto di Comi proteggono da sguardi indiscreti l’ingresso poco monumentale del palazzo.
Due bar, uno di fronte all’altro, perpetuano la memoria dell’illustre concittadino nelle loro insegne: Bar Comi uno, Bar-one l’altro, così come il poeta veniva chiamato dalla gente di Lucugnano in virtù di radici nobiliari che tuttavia non amava esibire. In paese lo chiamavano anche lu signurinu, per il suo status di unico maschio tra cinque figli.
Un castello con alta torre, adornato da un’elegante merlatura rinascimentale, appartenuto alle più influenti famiglie salentine (Capece, Scanderberg e Castromediano), fa da cornice alla suggestiva piazza che appare immortalata in una fotografia di inizio secolo scorso, se non ci fossero le automobili al posto delle carrozze e dei traini.
Una scalinata consunta dal tempo e da un colto calpestio conduce al primo piano. Al termine della rampa fanno bella mostra di sé i mezzi busti seri e severi di Pagano e Bodini, posti uno accanto all’altro a memoria degli antichi fasti letterari della casa. Si tratta, dunque, della cornice ideale per il volume di Paolo Vincenti: una “Bottega letteraria” per la “Bottega del rigattiere”.
L’aria consunta della “Bottega del rigattiere” è la stessa che si respira a Casa Comi: la luce soffusa, il profumo di ambiente chiuso, le librerie di legno che ospitano file interminabili di volumi ingialliti dal Tempo.
La serata, magistralmente condotta da Giuliana Coppola, scrittrice e giornalista, un’infanzia trascorsa a Casa Comi, è stata allietata dalla performance artistica dell’attrice Giustina De Iaco, che ha dato voce e vita ad alcuni brani del libro di Vincenti.
Paolo è uno scrittore salentino di Ruffano, che non si fa schematicamente inserire in alcun genere letterario predefinito. È uno, nessuno, centomila generi. Come ha scritto Antonio Errico, Vincenti non si rifà ad un genere letterario esistente, ma li utilizza tutti per crearne uno nuovo nato proprio dalla loro fusione, e lo fa attraverso continui riferimenti, citazioni, liberi adattamenti, innesto, intreccio e incastro di trame. Per ottenere questo risultato attinge dalla sua personalissima bottega letteraria, disponendo ciò che ha trovato in ordine sparso senza alcun apparente criterio di selezione.
A volte riesce a stravolgere persino la direzione della lettura, che si fa leggere bustrofedicamente da sinistra a destra e viceversa (come la lirica VIAGGIO o OIGGAIV) oppure “monta” i versi sino a formare una sorta di immagine geometrica che trasforma la poesia in figura tangibile. Questo è il segnale più evidente di uno spirito insofferente a tutto ciò che vuole obbligare nelle regole la libertà vitale di qualunque espressione d’arte. In una recensione del libro sul sito della Fondazione Terra d’Otranto, Raffaella Verdesca ha definito l’istinto tormentato di Paolo “un’anima ribelle che si vuole disfare di un corpo prigione, l’alibi di uno stato di trance usato per soddisfare ogni istinto e quindi illudersi di essere finalmente ciò che si vuole. Amore e tempo, tempo e amore dove la donna di Paolo passa ad essere l’amante mitologica di Afrodite ad una compagna assente e svogliata, da fuoco di emozioni a oscurità di passioni”.
Il critico letterario Gigi Montonato, invece, in una sua presentazione a Taurisano, ha inquadrato l’opera di Vincenti “La bottega del rigattiere” in un genere nuovo di letteratura, simile ad “un blob letterario”, come la trasmissione televisiva in onda da 24 anni su Rai 3, che consiste in un montaggio (apparentemente a caso, ma studiato nei minimi particolari) di spezzoni di film o altre trasmissioni televisive. Come nel blob televisivo, nel libro di Vincenti non c’è una trama da seguire (e per questo il libro si può leggere pure dalla fine all’inizio, al contrario, oppure a spezzoni senza ordine prestabilito); il tema principale del libro è una ricerca affannosa, frenetica e spasmodica di se stesso attraverso un viaggio nel tempo che parte da Alcmane, Archiloco e Alceo, per finire con i poeti contemporanei e conterranei, come ad esempio Bodini, citato nel brano poetico “Il nostro Salento”, che è una sacrosanta denuncia a ciò che è diventata la nostra penisola, “sporca come le discariche a cielo aperto, fetida come quella latrina dove sei costretto ad andare per non fartela addosso”. In poco più di mezza paginetta c’è una lucida descrizione della nostra Terra. I riferimenti al Salento sono continui (ad esempio nel “Filo di Aracne”), non solo per critica e denuncia, ma anche per amore e bellezza: Paradiso di verde e blu, in onore delle case bianche tra gli ulivi, i mandorli e i gelsi in fiore (in particolare in questo periodo di ritorno di Persefone dal regno dei morti), le luci delle lampare e il canto dei grilli. Non mancano riferimenti all’attualità, alle vicissitudini che attanagliano il mondo moderno (“Si riaprono le porte di Giano”) e anche alla “sporcizia” che circonda il mondo della politica e anche il nostro mondo immondo.
Un intero capitolo è dedicato al 150° anniversario dell’Unità, con un gustoso riadattamento dell’Inno nazionale, nello stesso stile con cui Vincenti rivisita alcuni testi delle canzoni più popolari del repertorio italiano e internazionale, andando a recuperare, tra gli scaffali della “Bottega del rigattiere”, glorie del tempo che fu come Totò Cutugno, Bob Dylan, Julio Iglesias e Frank Sinatra.
La sua è una scrittura impressionista. Adduce la responsabilità del suo modo di scrivere ai poeti francesi (basti pensare al suo rapporto con il tempo, che ricorda il capolavoro di Proust “Alla ricerca del tempo perduto”), ma non mancano tuttavia nessi con la pittura impressionista francese.
Concludo questa breve disanima con una citazione dell’amica Raffaella Verdesca, che scrive che Paolo, “con il suo stile a volte macchinoso, eccentrico, a volte lieve, poetico e nostalgico, raccoglie nella sua bottega di rigattiere letterato e di amante disilluso, la vita in ogni suo più sacro aspetto, perché chi condanna crede, chi si ribella soffre, chi odia ama, chi non si arrende, spera”.