di Giovanna Falco
All’indomani della disfatta della Repubblica partenopea per opera di don Giovanni d’Austria – avvenuta il 6 aprile 1648 -, il 29 dello stesso mese il Capitolo Cattedrale confermò il protettorato di San Francesco da Paola su Lecce, già in precedenza deliberato dal parlamento cittadino[1].
Gli storici hanno letto in questa decisione, sia una volontà di pacificazione sociale dopo i violenti moti scoppiati in quegli anni, sia un tributo a Filippo IV[2]. La scelta ricadde sul Santo di Paola, anche perché il 2 aprile ricorreva la sua festa.
Eppure San Francesco in molte sue prediche aveva difeso i più deboli contro la tracotanza dei potenti, tant’è vero che in un primo momento fu ritenuto pericoloso da Ferrante d’Aragona. Costui in seguito si ravvisò e nel 1482, quando Francesco transitò da Napoli per recarsi in Francia presso la corte di Luigi XII, lo volle conoscere.
Si narra che Ferrante cercò di conquistare la simpatia del frate offrendogli un piatto di monete d’oro, da adoperare per costruire un convento in città. Francesco ne spezzò una: ne scaturì del sangue e ammonì il re perché lo ritenne quello dei sudditi tiranneggiati. Questo episodio potrebbe indicare la volontà del vescovo di Lecce, Mons. Luigi Pappacoda, di rassicurare la popolazione ricaduta sotto il giogo del potere spagnolo, proponendo come patrono di Lecce proprio il difensore degli oppressi.
A Lecce, com’è già stato scritto in Piccoli tesori nascosti nel centro storico di Lecce: un’edicola di San Francesco da Paola [3], la venerazione per il Santo è stata molto intensa. Nel 1524 la città «ricevè … con molta divotione, e particolare affetto» i «Religiosi dell’Ordine de’ Minimi di S. Francesco di Paola»[4]. Erano passati solo cinque anni dalla solenne Canonizzazione proclamata da papa Leone X, quando Giovanna Maremonte, su disposizione testamentaria del marito Bernardo Peruzzi, fece realizzare chiesa e convento dedicati a Santa Maria degli Angeli.
Sulla facciata e lungo il fianco sinistro della chiesa è scolpita una teoria di testine: si ritiene che raffigurino personaggi legati alla vita di San Francesco e dei committenti del complesso religioso. All’interno della chiesa ben due altari sono dedicati al Santo: in uno è riposto un busto ligneo, nell’altro una statua lapidea.
Le colonne che fiancheggiano l’altare della Natività di Maria Vergine presentano bassorilievi che ritraggono simbologie legate al Santo, così come la volta del presbiterio raccoglie quattordici affreschi raffiguranti episodi della sua vita.
Lo stesso tema si riscontra nella basilica di Santa Croce: «A man destra dell’Altare maggiore vi è la Cappella» dedicata a San Francesco di Paola, eretta dal barone di Sternatia Gio. Carlo Cicala nel 1615, «co(n) una sua divota, e bella statua in Pietra, e dentro la medesima Cappella à torno à torno è scolpita di mezo rilievo tutta la vita di detto Santo e miracoli, opera di Francesc’Antonio Zimbalo buonissimo scultore di nostri tempi»[5]. Il busto del Santo è ritratto a tutto tondo anche su un capitello di una colonna nel portico di palazzo Adorno (su quello di fronte è scolpito il busto di San Francesco d’Assisi), anch’esso proprietà del barone di Sternatia[6].
Si riscontrano simulacri di San Francesco da Paola nelle chiese francescane di Santa Chiara (una statua lapidea nell’altare dell’Immacolata Concezione) e di Sant’Antonio della piazza (o San Giuseppe), dove nell’omonimo altare è riposta una statua in legno datata 1581.
Il Santo è venerato anche nella chiesa del Carmine, dove gli è stato dedicato lo splendido altare del transetto a destra: qui tra un tripudio di decorazioni, intercalate da statue di sante dell’Ordine carmelitano, emerge dalla nicchia la statua in cartapesta del Santo, ritratto anche nell’edicola tonda del fastigio.
Il secondo altare a sinistra della chiesa di Sant’Anna, infine, è stato dedicato a San Francesco da Paola, racchiude un busto molto simile a quello conservato presso la chiesa di Santa Maria degli Angeli.
Purtroppo può essere soltanto citata la chiesa dell’Annunziata, annessa al convento di Santa Maria degli Angelilli del Secondo Ordine dei Minimi fondato nel 1542 dai fratelli De Marco. La comunità delle Paolotte, composta nel corso del Seicento da una sessantina di suore (tra cui le figlie di Gerolamo Cicala), fu soppressa nel 1814. Dopo varie vicissitudini, nel 1895 l’edificio diventò di proprietà comunale e nel 1913 la chiesa fu abbattuta per realizzare una nuova ala di palazzo Carafa, dov’è stata realizzata l’aula consiliare.
Come si è già accennato nell’articolo di Spigolature Salentine, pubblicato il 30 dicembre 2010, la devozione per San Francesco da Paola continua a essere fortemente perpetuata: lo denotano le cinque edicole dedicate al Santo sparse nel centro storico di Lecce, riconducibili alla prima metà del Novecento[7]. L’articolo era dedicato al simulacro del Santo in piazzetta Scipione De Summa. Nel frattempo una staccionata ha ostruito l’accesso al giardino dov’è riposta l’edicola, quindi non è più possibile osservarla.
[1] Cfr. M.R. TAMBLÈ, Strategie cultuali e controllo sociale in Terra d’Otranto nel Seicento, in B. PELLEGRINO – M. SPEDICATO (a cura di), Società, congiunture demografiche e religiosità in Terra d’Otranto nel XVII secolo, Galatina 1990, pp. 399-440.
[2] La rivolta antispagnola scoppiata a Napoli nel 1647, a causa dell’aumento delle gabelle per far fronte alle spese di guerra e, poi combattuta contro chi defraudava il popolo (nobili esattori e clero) si diffuse in modo preoccupante anche nel Salento (Brindisi, Lecce, Nardò e Muro). Sta di fatto che, dopo la pacificazione fu proprio il clero a trarre vantaggio dal consolidamento del potere spagnolo. Contemporaneamente al Santo di Paola, fu proclamato protettore di Lecce anche San Francesco d’Assisi. Il culto ufficiale fu approvato dalla Sacra Congregazione dei Riti nel 1689, unitamente a quello di altri santi. In quegli anni reggeva la diocesi di Lecce Mons. Luigi Pappacoda che, grazie a queste strategie cultuali, conquistò una forte egemonia in città, culminata nel 1658 con la proclamazione di Sant’Oronzo a principale protettore.
[3]Cfr. http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2010/12/30/piccoli-tesori-nascosti-nel-centro-storico-di-lecce-un%e2%80%99edicola-di-san-francesco-da-paola/.
[4] G. C. INFANTINO, Lecce sacra, Lecce 1634 (ed. anast. a cura e con introduzione di P. De Leo, Bologna 1979), p. 93.
[5] Ivi, p. 219. Nelle dodici formelle sono rappresentati: la liberazione di un’ossessa dai demoni, l’attraversamento dello stretto di Messina, la resurrezione di un fanciullo, la guarigione del barone di Belmonte, l’intercessione per la liberazione di Otranto, la distribuzione del cero alle truppe, la sua nascita, l’abbraccio alla vita claustrale, il suo eremitaggio, il miracolo della fornace ardente, il momento in cui dà la regola dell’ordine dei Minimi, la resurrezione di un assiderato.
[6] I capitelli, simili a quelli della navata centrale di Santa Croce, risalgono al 1568 e sono riconducibili a Ferrante Loffredo, governatore di Terra d’Otranto, legato da una profonda stima a Giovanni Matteo Adorno, primo proprietario del palazzo (Cfr. M CAZZATO, La storia e le famiglie tra XVI e XVII secolo, in R. POSO (a cura di), Palazzo Adorno. Storia e restauri, Matera 2000, pp. 31-51).
[7] Le nicchie sono in: p.tta Lucio Epulione 1, via dei Figuli 24, corte dei Buccarelli, via Sferracavalli 1 e in p.tta Giorgio Baglivi 18 (Cfr. G. DE SIMONE, Lecce. Le edicole sacre del borgo antico, Lecce 1991, pp. 54-55, 78-79, 96-97, 126-127, 160-161).