di Alessio Palumbo
Nell’interessante articolo di Giovanna Falco, Lecce. Il sabato delle Palme e la chiesa di San Lazzaro (https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/04/01/lecce-il-sabato-delle-palme-e-la-chiesa-di-san-lazzaro/), si fa riferimento al tradizionale canto del Santu Lazzaru o Lazzarenu, diffuso nell’arco ionico salentino. Mi piace collegarmi al discorso di Giovanna, per riportare alcune notizie in merito, non tanto legate a studi o letture sull’argomento, quanto all’esperienza personale.
Circa quindici anni fa, ad Aradeo, la tradizione del Santu Lazzaru era ormai data per morente. Una sola famiglia continuava a perpetuarla, portando le note e le voci della canto quaresimale nelle case di amici e parenti.
Avevo poco più di dieci anni e da non molto avevo preso a suonare la fisarmonica. Questo scatenò l’iniziativa di mio zio: perché non formare un gruppo per il Santu Lazzaru? Ci volle più tempo a dirlo che a farlo. La canzone è assai semplice, pienamente alla portata di un fisarmonicista alle prime armi. Come giustamente la definisce Giovanna Falco è una “lunga cantilena” con due strofe che si alternano. Dopo un paio di prove si era pronti. Ed ecco come si svolgeva (e credo si svolga ancora) la notte dei lazzareni.
Intorno alle dieci ci si riuniva per l’ultima prova. Terminata questa e concordato il giro delle case, si usciva intorno alla mezzanotte. Mio padre e mio zio, le prime voci del gruppo, usavano preparare la gola mangiando pane, sarde e ricotta schianta. Non so se questa dieta avesse reali effetti benefici sull’ugola, ma, a memoria mia, i due non hanno mai preso una stecca nel corso delle varie serate.
Con le strade deserte e silenziose, parcheggiata la macchina un po’ lontano per non rovinare la sorpresa al destinatario della serenata, ci si appostava vicino all’ingresso o meglio ancora sotto la finestra della camera da letto. La prima strofa era solo musicale, per permettere agli uomini e alle donne di disporsi ed accordarsi. Quindi partivano le parole. La cantilena si divideva in due macrogruppi: il primo con il saluto e la narrazione dell’ultima cena, fino al tradimento di giuda, il secondo con l’invocazione della protezione dei santi, le richieste di beni al proprietario di casa ed il commiato. Riporto il testo, forse non nella sua interezza, ma basandomi sui ricordi. La seconda strofa è quella ripetuta dal coro delle donne.
Bona sera a quista casa
a tutti quanti, mo l’abitanti (strofa ripetuta dal coro);
Gesù Cristu scia cu li santi,
ne dese aiutu e salvazione;
Sciamu a casa mo de Simone,
ca addhrai c’è Cristu pe fare la cena;
Addhrai cumpare la Madalena,
con le sue lacrime li piedi bagnava;
Con le sue lacrime li piedi bagnava,
coi sui capelli ne li ssucava;
Coi capelli ne li ssucava,
ca addhrai purtava lu grande amore;
Giuda foe lu traditore,
tradiu Cristu nostru signore;
Trenta denari vindiu Cristu
cu sacerdoti e farisei;
Sacerdoti e farisei
ne lu minara mmienzu alli ulei;
Oci oci se fa missione,
mo ci Lazzaru è suscitatu;
Santu Lazzaru essi qua fore,
ca si chiamatu de nostro signore;
Nui pregamu mo l’Annunziata,
mo cu te manda na bona annata;
Nui pregamu santu Trifone,
ci cu te carica, mo lu cippone;
Na bona sera, na bona Pasca,
ne dati l’ove de la puddhrascia
Compare Ucciu[1] nu fare mosse,
ca l’ove n’ha dare de le chiu grosse;
Nu dicu trenta, né na vintina,
ne bastane pur una quindicina;
Ci nu tieni cu ne le mandi,
te mandu doi de sti chiu grandi;
Ci nu poti cu ne le nduci,
te mandu doi de sti carusi;
Santu Lazzaru mo l’imu dittu,
e sia lodatu lu Gesù Cristu.
Il suono della fisarmonica, l’alternarsi cantilenante delle voci degli uomini e delle donne, creava un effetto molto suggestivo. Ricordo ancora la serenata fatta nei pressi di un istituto per orfani gestito da suore, con le sorelle affacciate alle rispettive finestre e con i fazzoletti agli occhi. La versione aradeina poi, a differenza ad esempio di quella cutrofianese, essendo in LA minore, ancor più si intona al clima quaresimale e alla narrazione della passione di Cristo.
Terminata l’esecuzione, il padrone di casa, che già nel corso della serenata segnalava il proprio gradimento accendendo le luci dell’abitazione, spalancava la porta, accogliendo i musicanti. Il fisarmonicista lo onorava con un’altra canzone, mentre i cantanti ricevevano i doni, consistenti in uova, farina, formaggio, pasta, liquori, vino, soldi ed altro, da spartire alla fine del ciclo di serenate. Salutato il parente o l’amico, si poteva partire alla volta di una nuova casa, fino a che gli occhi reggevano e la voce lo permetteva.
[1] Il nome cambia a seconda del destinatario
In realtà, la presenza di donne all’interno delle squadre organizzate per la questua, poichè di questo che si trattava, è una acquisizione”moderna” dato che era sconveniente per esse ..la tonalità di esecuzione poi è un capitolo a parte, quella di aradeo non è l’unica in LA minore anzi quasi tutte quelle presenti nell’arco ionico,tranne Cutrofiano che è in Maggiore, sono in questa tonalità. Anzi Quella che potrebbe sembrare la versione più antica è la quella di Galatone, quasi o se non del tutto scomparsa in una tonalità più bassa, lugubre, che la rende simile nell’esecuzione a Canti della divina liturgia e settimana santa di Rito Greco bizantino sua diretta antenata..
Che bei ricordi, Alessio! Credo che anche questi riti popolari servissero a far sentire ancor più alla gente il senso profondo della Settimana Santa e a un bambino, quale tu eri, il valore di una memoria che strappa il sorriso, quello sognante di un mondo in cui tutto è sacro e ancora possibile.
tra sacro e profano,che bella cosa
Sono molto contenta che Alessio abbia preso spunto dal mio articolo per raccontare questa testimonianza, vissuta nello scrigno magico dell’infanzia, così come dei puntini aggiunti da Riccardo ( In “Il Corriere Meridionale”, un giornale pubblicato a Lecce tra Otto e Novecento, c’era una rubrica di approfondimento intitolata “Punti, appunti e puntini…”), per non parlare delle vibranti emozioni che ci regala Raffaella e il gusto per la lettura provato da Salvatore. Non finirò mai di dire che è questa l’essenza di Spigolature: il confronto, l’incontro, la condivisone dell’amore per questa terra.